Tumore al testicolo: come preservare la fertilità

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Il cancro del testicolo rappresenta l’1- 1,5 per cento di tutti i tumori maschili ed il 5 per cento di quelli urologici mentre si calcola che nel mondo occidentale l’avere un tumore testicolare è un’evenienza che può presentarsi con la frequenza di 3 - 6 nuovi casi ogni 100.000 uomini all’anno e fortunatamente solo nel 1-2 per cento dei casi il tumore interessa entrambi i testicoli alla diagnosi (1, 2).

Le cause del cancro al testicolo restano sconosciute, anche se diversi fattori di rischio possono favorirlo.

Tra questi il principale è il criptorchidismo, cioè la mancata discesa nello scroto di uno dei testicoli che resta nell'addome o nell'inguine. Questa condizione aumenta le probabilità di trasformazione maligna delle cellule fino a 40 volte rispetto alla popolazione generale, con un rischio variabile a seconda della sede del criptorchidismo: elevata se il testicolo è nell'addome e più bassa se è nell'inguine. Le probabilità si riducono ulteriormente se l'anomalia viene corretta chirurgicamente prima dei sei anni di età.  Un altro importante fattore di rischio è la sindrome di Klinefelter, un difetto nel numero dei cromosomi sessuali. Infine, gli uomini che hanno avuto un tumore al testicolo hanno dal 2 al 5 per cento di probabilità di sviluppare lo stesso tumore nell'altro testicolo nei 25 anni successivi alla diagnosi e quindi importante è una loro monitorizzazione urologica in questo periodo di tempo.

Alcuni tumori maligni di per sé possono essere associati, già alla prima diagnosi, ad una non normale attività dell’epitelio seminale; ad esempio il morbo di Hodgkin, i germinomi extragonadici ed appunto i tumori testicolari sono sempre caratterizzati da un quadro del liquido seminale non normale ed in questo senso evidenze istologiche importanti e documentate a livello dell’epitelio dei tubuli seminiferi sono state dimostrate in uomini con morbo di Hodgkin (3,4).

Guarda il video: Salute dell'uomo: quali sono le malattie più diffuse?

Radioterapia

L’epitelio seminale testicolare è uno dei più radiosensibili ed i danni determinati da una radioterapia sono dose-dipendenti (5). Anche piccole dosi di radiazioni possono danneggiare le cellule dell’epitelio germinale con alterazioni a livello degli spermatogoni (cellule da cui derivano poi gli spermatozoi); il rischio di un’infertilità permanente può incominciare a dosi frazionate di 2 Gy. Alle dosi di 4 fino a 6 Gy il numero di spermatozoi è significativamente diminuito, perché si verifica un danno importante a livello degli spermatidi che sono le cellule germinali che “precedono” gli stessi spermatozoi, cioè i gameti maturi e capaci di fertilizzare un ovocita (il gamete femminile).

Le cellule di Leydig, quelle che producono il testosterone (ormone “maschile” per eccellenza), sono più capaci di resistere ai danni causati da un’eventuale radioterapia e a dosi frazionate di circa 2 Gy non si notano riduzioni significative del livello di questo ormone nel sangue. Il rischio di danneggiare le cellule di Leydig aumenta in modo significativo a dosi di radiazioni a livello testicolare alte (30 Gy); il ragazzo prepubere è più sensibile a questo trattamento rispetto ad un uomo adulto (6).

Dopo un radioterapia a piccole dose e frazionate un completo recupero del numero degli spermatozoi per milllitro e delle cellule germinali richiede dai 9 ai 18 mesi e circa 30 mesi dopo l’applicazione di dosi moderate ed almeno 5 anni quando la dose è più significativa ed alta (7).

La soglia per un danno permanente, a livello dell’epitelio seminale, può essere considerata a 1,2 Gy. Basse dosi di radiazioni possono essere la chiave per migliorare il recupero della produzione degli spermatozoi. Radiazioni sul testicolo con dosi inferiori a 0,2Gy non sembrano avere effetti collaterali significativi a livello dell’assetto ormonale (FSH compreso) e sul numero di spermatozoi prodotti (7).

Chemioterapia

Gli effetti “tossici” di una eventuale chemioterapia sono rilevanti sulle cellule dell’epitelio germinale dei tubuli seminiferi perché queste cellule hanno alti indici di mitosi e meiosi, cioè si riproducono in modo veloce, rapido e riducendo addirittura, nella meiosi, a metà il loro patrimonio genetico.

I chemioterapici che danneggiano le cellule staminali sono quelli che più frequentemente causano una prolungata azoospermia od un’infertilità permanente. Tra questi gli agenti alchilanti sono quelli più tossici e che portano un più alto rischio di indurre una infertilità permanente. Ad esempio la Ciclofosfamide, alle dosi di circa 7,5 g/m2, può portare ad una infertilità permanente ed anche la Mecloretamina, che è una mostarda azotata, ed il Melphalan si sono dimostrati farmaci con un significativo effetto tossico sui testicoli (8).

Va comunque sottolineato che la ricerca farmacologica ha portato negli ultimi anni all’introduzione di nuovi chemioterapici efficaci e selettivi il cui effetto dannoso sulla spermatogenesi è molto ridotto.

In base a dati epidemiologici statunitensi, negli ultimi 30 anni c'è stato un aumento della frequenza di tumore testicolare di circa il 45 per cento, ma la mortalità è diminuita del 70 per cento, a testimonianza dei significativi progressi raggiunti nella terapia di questo specifico tumore: nel 1970 il 90 per cento dei pazienti con cancro testicolare moriva, mentre dagli anni novanta, grazie all'introduzione di nuovi farmaci, la situazione si è invertita, e oggi il 90 per cento degli uomini con cancro testicolare diffuso possono essere curati.

Orchiectomia (asportazione del testicolo)

In presenza di un tumore testicolare il primo passo purtroppo da fare è quasi sempre l’asportazione del testicolo interessato. Questa “manovra terapeutica” può comportare una riduzione della normale produzione degli androgeni e problemi di fertilità. In caso di orchiectomia bilaterale o in presenza di bassi tassi ematici di testosterone è necessario impostare anche uno schema terapeutico sostitutivo con l’utilizzo di androgeni di sintesi.

Qui bisogna sottolineare una notizia estremamente positiva e cioè che oggi la sopravvivenza a lungo termine, per questi uomini, che hanno avuto un tumore maligno del testicolo, si avvicina alla percentuale del 100%.

Ciò rende particolarmente importante l’ottenimento della massima qualità di vita possibile ed in quest’ottica, preservare la propria fertilità o recuperarla è uno dei bisogni prioritari, non solo per chi desidera un figlio nell’immediato, ma anche come valenza psicologica.

Sapere di poter procreare per chi ha temuto per la propria vita significa proiettare le proprie speranze nel futuro.

Crioconservazione dello sperma e terapia ormonale sostitutiva

Viste le premesse generali già fatte, in presenza di un tumore testicolare sempre dovrebbe essere indicata una crioconservazione del liquido seminale, prima e dopo un’orchiectomia, ed in ogni caso sempre prima di iniziare una chemioterapia (ricordiamo che spesso a tumore testicolare diagnosticato già sono evidenti delle alterazioni del liquido seminale).

E’ noto da molti anni che il liquido seminale può essere conservato a bassissime temperature in azoto liquido per un periodo di tempo molto lungo.

Anche in presenza di una dispermia, un basso numero di spermatozoi o una loro ridotta motilità, è comunque raccomandabile la crioconservazione del liquido seminale presso una banca del seme. Infatti oggi le tecniche di fecondazione assistita permettono di poter utilizzare con successo, anche dopo molti anni, campioni di liquido seminale adeguatamente crioconservati.

Presso le Cliniche Urologiche ed i Reparti di Urologia dei principali Ospedali esistono banche del seme oppure è possibile rivolgersi ai Centri CECOSwww.cecos.it.

Soprattutto in pazienti adolescenti e molto giovani è importante crioconservare il liquido seminale anche se il problema riproduttivo sembra per questi uomini molto lontano; bisogna trovare il tempo per spiegare chiaramente ed in modo preciso al nostro giovane paziente ed ai suoi familiari che ciò che adesso appare poco importante, lo diverrà negli anni futuri. Ricordiamoci sempre che basta anche la conservazione di un solo ejaculato per garantire la propria fertilità futura e lasciarsi aperta la speranza di poter avere un figlio.

Per finire ricordo che un settore, ancora oggi considerato area di ricerca, ma domani forse una possibile indicazione alternativa, potrebbe essere la crioconservazione di tutto il tessuto testicolare, quello che viene asportato durante l’orchiectomia.

Per approfondire:Tumore del testicolo: l'importanza dell'autopalpazione

Referenze bibliografiche

  1. Schottenfeld D, Warshauser ME et al. The epidemiology of testicularcancer in young aduilts. Am J Epidemiol 1980; 112(2): 232-246. EBMIII;
  2. Richie JP. Neoplasms of the testis. In: Walsh PC et al., eds. Campbell’s Urology. 7thedn. Philadelphia: WB Saunders 1997: 2411-2452.
  3. Di Sibio GL De Cherney AH. Male Infertility: pathologic considerations and diagnostic assays. Postgrad Obstet Gynecol. 2003;23:1-8.
  4. Viviani S, Ragni G, Santoro A et al. Testicular dysfunction in Hodgkin’s disease before and after treatment. Eur J Cancer 1991; 27: 1389 – 92.
  5. Howell S, Shalet S. Effect of cancer therapy on pituitary-testicular axis. Int J Androl 2002; 25:269-76.
  6. Ash P. The influence of radiation on fertility in man. Br J Radiol, 1980; 53:271-8.
  7. Centola G, Keller J, et al. Effect of low-dose testicular irradiation on sperm count and fertility in patients with testicular seminoma. J Androl 1994; 15:608-13.
  8. Hayes FJ, Bubley GJ. Effects of cytotoxic agents on gonadal function in adult men. UpToDate Patient Information. Available at: http://patients.update.com/topic.asp?file=r_endo_m/11255&title=leukemia. Accessed August31,2005.
  9. Spermon JR, Kiemeney LA, Meuleman EJ, et al. Fertility in men with testicular germ cell tumors. Fertil Steril 2003; 79 (Suppl 3): 1543-1549. EBM III. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/query.fcgi?cmd=Retrieve&db=PubMed&list uids=12801557&dopt=Abstract
  10. Nieschlag E, Behre HM. Pharmacology and clinical use of testosterone. In: Nieschlag E, Behre HM, eds. Testosterone.Action, deficiency, substitution. Berlin-Heidelberg-New York: Springer, 1999: 92-114. EBMIb-IV.
Data pubblicazione: 05 giugno 2011

Autore

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1977 presso Università di Milano.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Firenze tesserino n° 12069.

Iscriviti alla newsletter

Guarda anche tumore infertilità