Internet tramite Wi-Fi diminuisce la motilità degli spermatozoi

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Un recente lavoro, pubblicato sull’ultimo numero di Fertility and Sterility, indicherebbe e confermerebbe un’azione negativa delle onde elettromagnetiche, emesse in radiofrequenza dai computer portatili e collegati a reti locali senza fili (Wi-FI), sugli spermatozoi umani.

Un gruppo di ricercatori argentini, per verificare questa problematica ha preso 29 campioni di liquido seminale, provenienti da donatori sani e ben testati (in Argentina è possibile la donazione di gameti maschili mentre in Italia no!)

Ogni campione di liquido seminale è stato pre-capacitato e suddiviso in due frazioni uguali; una frazione, con i relativi spermatozoi è stata quindi esposta ad un computer, collegato a internet tramite Wi-Fi, per 4 ore, mentre l’altra parte dello stesso campione di liquido seminale, usato come controllo, era tenuto in ambiente protetto da qualsiasi radiofrequenza .

Entrambe le frazioni dei 29 liquidi seminali erano comunque state incubate in condizioni “ambientali” ottimali ed identiche, tranne naturalmente l’esposizione al computer portatile per la loro prima metà.

Questo sembra essere il primo studio fatto per valutare l'impatto diretto sugli spermatozoi umani di una rete wireless.

In sintesi la ricerca ha evidenziato che gli spermatozoi delle frazioni esposte a computer, collegati tramite WI-Fi, presentano una diminuita motilità e un aumento della frammentazione del DNA a livello dell’acrosoma (parte molto importante della testa dello spermatozoo) e tutto questo sembra determinato non da un effetto termico.

Da questo primo studio "in vitro" si può ipotizzare che non è consigliabile tenere un computer portatile, collegato senza fili ad internet, sulle ginocchia e vicino ai testicoli.

In questo caso la possibilità di un danno diretto sugli spermatozoi, presenti nelle vie seminali maschili, non può essere esclusa.

 

Fonte:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22112647


Per approfondire:

https://www.medicitalia.it/blog/andrologia/1256-cellulari-ed-infertilita-maschile.html

 

Data pubblicazione: 17 febbraio 2012

Autore

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1977 presso Università di Milano.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Firenze tesserino n° 12069.

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6 commenti

#1
Specialista deceduto
Dr. Giorgio Cavallini

Parelano anche di calore oltre che dfi radiofrequenze, su un articolo di Human reprod del 2002. Mai mettersi computer in grembo.

#2
Dr. Giovanni Beretta
Dr. Giovanni Beretta

Certo, qui si conferma e si focalizza meglio quali potrebbero essere i danni che non sembrano essere solo legati a fattori termici.

#3
Dr. Enrico Conti
Dr. Enrico Conti

Ho notato anch'io l'articolo ma il metodo dei ricercatori mi pare assai discutibile. Incubare lo sperma vicino al Personal Computer è cosa differente rispetto a ciò che accade nell'organismo. L'articolo in questione è stato assai criticato proprio per il metodo ed io stesso lo avevo riportato nel blog (chiedo scusa a Giovanni perchè non mi ero accorto che già ne aveva parlato lui) citandolo come esempio di come NON bisogna presentare i dati di uno studio sperimentale.

#4
Dr. Giovanni Beretta
Dr. Giovanni Beretta

Sono dati chiaramente preliminari e pure i ricercatori, che per altro conosco, non sono stati definitivi nel dire che internet ed il relativo collegamento tramite Wi-Fi, sicuramente sono fattori capaci e determinanti nel causare un problema di fertilità nei nostri uomini; pure loro invocano, come da protocollo, ulteriori studi clinici diretti di verifica su tutta la questione sollevata.

Con te sono poi d'accordo che il "fattore mediatico" è un potente elemento che spinge in parte a sviluppare e segnalare questo tipo di ricerche e questo anche se i lavori pubblicati non sono definitivi e presentano una certa quota di "criticità".

#5
Dr. Enrico Conti
Dr. Enrico Conti

Sissì, saranno dati preliminari ma il metodo - ribadisco - è un pò naif. Leggo e rileggo l'articolo (il quale ha destato la mia attenzione per l'argomento, ovvio), ma non riesco a trovare un cenno ad uno screening preliminare riguardo a eventuali esposizioni professionali di qualsiasi tipo, inoltre la consistenza numerica dei soggetti interessati dallo studio (29) mi sembra veramente esigua. E' vero che tutte le metanalisi sul varicocele lo opero si o no, si basano su studi per un numero complessivo di 300/400 pazienti, ma non esageriamo...

#6
Dr. Giovanni Beretta
Dr. Giovanni Beretta

Caro Enrico,
la casistica si basa su donatori, soggetti generalmente "ultraselezionati" di cui noi dal 2004, quando ci è piombata addosso la legge "talebana", abbiamo perso traccia.
29 donatori con caratteristiche omogenee, come sembrano essere quelli indicati, ti assicuro che non è facile raccoglierli.

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