Uso di sostanze e aggressività: alcune riflessioni dal caso di Brescia

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Alcune riflessioni sul fenomeno della droga e della violenza alla luce del recente fatto di cronaca di Brescia. L'uomo ha compiuto una strage intorno alla motivazione di rivalsa e vendetta nei confronti della ex moglie, ed è in seguito risultato positivo ad alcol e cocaina, ed era in possesso di cannabis.

Nei dibattiti televisivi si confrontano diversi punti di vista. Il primo si può riassumere nella tesi della gelosia patologica o possesso patologico, come espressione di un disturbo mentale. L'altro è quello dell'incrociarsi di due fattori di rischio indipendenti e magari meno letali se presi isolatamente, cioè il possesso di un'arma da fuoco e l'uso di cocaina. Possono essere validi entrambi, e comunque non si escludono, perché considererei tre fattori: arma da fuoco, cocaina e stato mentale (cioè cerebrale) di partenza.

Sarei tentato di pensare che proprio la cocaina sia il fattore a ponte, prima di tutto perché (vedi anche altri articoli precedenti su questo blog) la sindrome da intossicazione comportamentale da cocaina prevede proprio elementi del genere: agitazione psicomotoria, aggressività, pensiero di essere dagli altri provocato e stuzzicato così da dover compiere vendette o reagire, crescendo aggressivo con incapacità di tornare indietro e "smetterla" nel momento in cui la tensione aumenta. La cocaina è il propellente ormai innescato, che si esaurirà troppo tardi, il comubustibile di un materiale infiammabile che è il cervello della persona omicida. Non tutti i cervelli sembrano infiammabili allo stesso modo, per cui gli effetti della cocaina non sono per tutti uguali. Vale la regola del precedente aggressivo: chi lo è stato, rischia di esserlo ancora. Uno dei fattori di questa continuità è appunto l'uso di droghe. Chi usa droghe ed è stato aggressivo, lo sarà probabilmente ancora.

Non importa che la reazione mentale/cerebrale sia grave, cioè che vi sia vero e proprio delirio, cioè convinzione non realistica. E' sufficiente che il cervello sia eccitato, iperattivo, perché una questione magari già conclusa si riaccenda o non si spenga e anzi divenga centrale, urgente, prioritaria. Nell'eccitazione violenta della cocaina non esiste la vita, la vita si identifica con la questione da risolvere, in qualsiasi modo ma meglio che senza soluzione. Anche elementi di vergogna o umiliazione, come la separazione, sapere che l'ex-moglie ha un nuovo compagno, e che quindi il proprio ruolo è stato rimpiazzato ufficialmente, sono certo fattori di stress, ma da soli per fortuna non producono l'esplosione comportamentale, e non a livello omicida.

Può accadere che per errore una persona in preda a gelosia o odio, trovandosi sotto l'effetto di sostanze, si trovi ad agire. Può anche essere che una persona, in preda alla propria "ossessione" di vendetta e gelosia si carichi di sostanze con cui intende disinibirsi e compiere atti che altrimenti fantasticherebbe e basta. Certamente in questo secondo caso lo stato mentale, che tende comunque verso la produzione di un comportamento aggressivo e si serve dell'effetto delle sostanze, è già sufficientemente mosso per essere considerato abnorme.

In questo caso l'attenzione è puntata sulla cocaina, ma è possibile che questo tipo di reazioni accadano anche solo con l'alcol, o con la cannabis ad alto tenore. La combinazione di sostanze diverse, una sedativa e una eccitante ad esempio, non riduce sempre l'aggressività, che invece può essere raddoppiata in più togliendo l'ansia e l'inibizione.

Inoltre, la violenza prodotta in questi stati di eccitazione "chimica" è diretta per lo più verso familiari, e con l'abbattimento di quella barriera che solitamente protegge le donne, a cui l'uomo non rivolge violenza (a meno che non si tratti di un movente sessuale). La violenza alcolica ad esempio è tipicamente verso il convivente di sesso femminile, così come l'uso abituale di droghe può aumentare il rischio per le potenziali vittime di sesso femminile.

Una sequenza quindi di conflitti personali, sentimenti di umiliazione e possesso, forse di disturbo mentale, certamente di effetto di alcol e cocaina, e possesso di arma da fuoco. C'è un altro fattore, ed è un fattore vittimologico, cioè proprio delle vittime. La vittima in questo caso aveva un comportamento accondiscendente nei confronti dell'omicida, cioè gli aveva lasciato la possibilità di entrare in casa con le chiavi, nonostante lui utilizzasse questa libertà per imporsi e presentarsi a sorpresa in una casa che voleva ancora marcare come propria. Nonostante precedenti di minacce, imposizioni e ciò che si potrebbe definire stalking, la vittima aveva probabilmente pensato che fosse più rischioso provocarlo subito con un atto di denuncia o di chiusura, che non correre un rischio che considerava improbabile.

Data pubblicazione: 10 marzo 2012

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

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