Si possono smascherare i bugiardi?

a.pileci
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo

A tutti noi piacerebbe sapere se qualcuno ci sta raccontando una bugia, anche se piccola e "innocente"... Ma esiste davvero un metodo per saper riconoscere se qualcuno mente?

Da qualche anno la psicologia studia le strategie "attive" per poter riconsocere chi dice il falso.  Recentemente è stato pubblicato uno studio (Psicologia Contemporanea n. 236 del 2013) che mi ha molto incuriosita, anche perchè sempre più spesso intervengono esperti a commentare i fatti di cronaca per cercare di smascherare il colpevole. Cerchiamo di capire meglio in che modo la psicologia può essere utile a comprendere questi comportamenti.

Riuscire a smascherare chi dice il falso potrebbe davvero essere possibile? Tre psicologi americani, Aldert Vrij, Par Anders Granhag e Steven Porter (2010) rispondono di sì dopo aver condotto un'approfondita ricerca sull'argomento. Tuttavia riuscire a smascherare un impostore potrebbe non essere un'impresa non così semplice.

La prima difficoltà, secondo i ricercatori, è la voglia di smascherare un bugiardo: ci sono ad esempio donne che hanno davvero voglia di credere che il proprio marito sia via per un viaggio di lavoro, da ignorare completamente tutti gli indizi dell'inganno.

Oppure, e questo accade ai poliziotti o a chi indaga, è possibile -come fanno i delinquenti- che chi mente si stia mantenendo il più possibile vicino alla realtà e stia mentendo solo su un piccolo lasso temporale di venti minuti: questo farebbe cadere in errore anche la macchina della verità!

Ma soprattutto esistono abili mentitori. Gli Autori della ricerca hanno messo a fuoco un ritratto del mentitore abile:

  1. hanno un modo di comportarsi che ispira fiducia

  2. non hanno difficoltà a dire bugie per chè hanno immaginazione, ecc...

  3. non hanno paura, nè sensi di colpa, nè eccitazione quando mentono

  4. sono dei bravi attori

  5. hanno fascino

  6. sono dei bravi "psicologi", nel senso che avvertono cosa il loro interlocutore vorrebbe sentirsi dire e che cosa sarebbe per lui convincente



LA TRAPPOLA DEL LINGUAGGIO DEL CORPO

Una meta-analisi (De Paulo et al., 2003) ha dimostrato quanto sia reale il rischio di andare a caccia della verità, seguendo indizi che possono non essere quelli giusti e che rischiano di portare a conclusioni sbagliate. Su 158 potenziali "indizi di menzogna" studiati all'interno di un corpus di ricerca, 118 (ovvero il 75%) hanno rivelato di non avere alcun rapporto di dichiarazioni di falso. Tra questi indizi il primo è il linguaggio del corpo, sebbene siamo un po' tutti propensi a pensare che il linguaggio del corpo possa aiutarci a smascherare il bugiardo.

Nel 2006 lo psicologo americano Charles Bond ha iniziato un'ampia indagine che ha coinvolto 58 paesi (Bond e De Paulo 2006). In ognuno di questi, Bond ha reclutato lo stesso numero di adulti di entrambi i sessi (20 uomini e 20 donne), ai quali è stata rivolta la stessa domanda: "Da quale indizio potete accorgervi che qualcuno vi sta dicendo una bugia?" Il 64% degli interrogati ha risposto: "Dal fatto che questa persona non mi sta guardando in faccia". Poi sono stati citati altri comportamenti tipici: "Si passa la mano tra i capelli" ecc...

Sebbene siano le valutazioni della gente comune, anche in un manuale di preparazione di poliziotti americani all'identificazione dei mentitori contiene gli stessi indizi (Inbau, 1962).

A torto sostengono i ricercatori di questo studio, che citano una ricerca (Mann et al., 2004) in cui dei poliziotti dovevano riconoscere, attraverso alcune videointerviste effettuate a persone sospette, chi fossero coloro che mentivano: più i poliziotti tenevano conto degli indizi del manuale, più sbagliavano!

Le domande dei tre ricercatori sono allora: perchè anche il linguaggio del corpo può ingannare? E da dove proviene la fiducia che di solito riserviamo?

Si è portati a credere che distogliere lo sguardo, agitarsi, siano segni di nervosismo, ma si può dire la verità ed essere nervosi per temperamento, o a causa delle circostanze.

Inoltre numerosi studi hanno messo in evidenza l'aspetto culturale del linguaggio del corpo: negli USA le persone di colore tendono ad evitare lo sguardo molto più di quanto non facciano i bainchi; in Giappone guardare in faccia qualcuno è considerato da maleducati. Evitare lo sguardo è quindi un indizio poco affidabile per giudicare la sincerità o meno di una persona.

Allora, se questi indizi sono così probatori, perchè crederci? La ragione principale potrebbe essere di natura etica: mentire è un male, una cosa sbagliata e quando ci vergognamo, abbassiamo lo sguardo. Se crediamo ad uno stereotipo, tenderemo a considerare solo gli indizi che lo confermano.



LE STRATEGIE ATTIVE

Aldert Vrij, Par Anders Granhag e Steven Porter suggeriscono a coloro che vogliono smascherare i bugiardi le cosiddette strategie attive e di abbandonare invece la lettura del linguaggio del corpo. Le strategie attive consistono nell'interrogare un soggetto in modo tale da farlo cadere in contraddizione. L'ipotesi che sta dietro questa idea è che mentire richiede un carico di cognitivo decisamente pesante, molto di più che dire la verità. Chi mente infatti deve ricordare e avere ben presente cosa ha detto prima, come hanno reagito gli altri, ecc..

Se quindi, interloquendo, si riesce ad aumentare il carico cognitivo ed emotivo del sospettato, la persona che mente rischia di trovarsi in difficoltà e di crollare.

Negli ultimi anni il ricorso a queste strategie attive si è molto diffuso. Gli autori ci forniscono molti esempi. Ad esempio negli interrogatori, anzichè mettere subito il sospettato in una poszione difensiva con affermazioni quali "Lei sta mentendo", è possibile invitare semplicemente l'interlocutore, dopo ogni risposta, a fornire ulteriori precisazioni. Egli sarà così condotto a fornire maggiori dettagli, cosa che aumenta la probabilità di cadere in contraddizione se sta mentendo.

Un'altra strategia attiva per rilevare le menzogne consiste nel porre al sospettato domande inattese. Chi ha intenzione di mentire è preparato e risponderà a queste domande con disinvoltura, esattamente come chi sta dicendo la verità. Se proviamo a pensare alla struttura dei racconti "preparati" sono sempre molto strutturati: "...ho fatto questo, dopo quello e dopo ancora quell'altro...."

I racconti veri invece hanno una trama diversa: "Ho fatto questo... ah, mi sono dimenticato di dire anche che...". Quindi se rivolgiamo all'interlocutore delle domande inattese, sia che ripetano le stesse domande sotto altre forme o che si chieda una risposta in forme diverse (es descrivere una stanza e poi disegnarla), chi mente avrà più difficoltà a sviluppare un discorso coerente perchè deve inventare ciò che via via dice e poi ricordarselo.

Un'altra tecnica per usare la strategia attiva consiste nell'uso strategico della prova. Se ad esempio qualcuno dimentica una borsa in una sala e quando torna a riprenderla non vi trova più all'interno il denaro che vi era contenuto, e sporgerà denuncia, per i poliziotti non sarà sufficiente solo prendere le impronte di tutti coloro che si trovavano nella sala, dal momento che tutti sono sospettati.

Infatti qualcuno avrebbe potuto toccare la borsa solo per spostarla. La strategia attiva consiste nel domandare ai sospettati se hanno mai toccato quella borsa. Colui che è innocente non penserà di mentire su tale aspetto, mentre chi è il colpevole avrà interesse a mentire, non sapendo che è possibile rilevare le impronte sulla borsa. E se il poliziotto mostrerà l'impronta, sarà dura difendersi, dopo aver mentito...

l'ultimo tipo di tecnica attiva consiste nell'aumentare il carico cognitivo delle persone interrogate, chiedendo ad esempio di raccontare il fatto all'inverso, ad es. dalla fine all'inizio o di guardare negli occhi chi pone le domande. Sono due condizioni che richiedono ancora difficoltà e chi mente è in difficoltà perchè il fatto stesso di mentire è una fatica.

Studio apparso su "Psicologia Contemporanea" n. 236 del 2013

Data pubblicazione: 04 settembre 2013

7 commenti

#3
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Oltre alle tecniche attive, però, mi pare doveroso citare anche Paul Ekman e il libro "I volti della menzogna", che analizza in maniera puntuale anche la comunicazione non verbale.

"Eppure occorre riconoscere, per fare qualche esempio,
che, quando ci facciamo un’idea (un’impressione) su una
persona, utilizziamo essenzialmente informazioni che ci pro-
vengono dal suo comportamento non verbale e che per ri-
conoscere le emozioni del nostro interlocutore o i sentimen-
ti che egli prova nei nostri confronti (simpatia, ostilità, di-
sponibilità...) prestiamo soprattutto attenzione al suo tono
di voce, alla mimica, ai movimenti, ai gesti oltre che alle sue
parole.
Proprio attraverso l’interesse per la comunicazione non
verbale Paul Ekman è giunto ad occuparsi dei comporta-
menti che si manifestano quando un individuo cerca di dis-
simulare, mascherare, falsificare, mentire...
L’interesse di Ekman per la “menzogna” non origina
quindi da preoccupazioni di tipo morale, ma dalla sua “pas-
sione” per il comportamento non verbale..."

"Ma forse, per cogliere la reale portata del lavoro di Ekman,
occorre andare oltre l’analisi della menzogna, o della bugia
in senso stretto; è necessario considerare tutte quelle condi-
zioni della vita quotidiana in cui un “emittente” adotta stra-
tegie particolari per tradurre proprie intenzioni in messaggi
che influenzano il “destinatario”. Essere credibile, convin-
cere, mascherare... sono gradazioni più sfumate di uno
stesso processo: l’intenzione di esprimere uno stato emotivo,
di manifestare un atteggiamento affettivo verso l’interlocu-
tore, di descrivere un evento deve comunque tradursi in un
comportamento comunicativo che, pur utilizzando segnali
diversi (parole, espressioni mimiche, intonazioni, gesti...), produca un’informazione coerente e interpretabile in modo
univoco dal destinatario..." (Pio Enrico Ricci Bitti)

#5

Se è' vero che, secondo diverse ricerche, il linguaggio non verbale occupa circa il 93% della comunicazione e solo la restante percentuale quello verbale, non posso che sentirmi d'accordo con Ekmann di cui ho letto il bellissimo libro che tu, Angela, citi. Il problema, però, non è' così semplice in quanto è' la corretta codifica del linguaggio non verbale ad essere sotto osservazione, non esistendo linearità tra un comportamento- postura, movimento, espressione facciale, tono di voce ecc.- e il corrispettivo significato relativo alla menzogna o alla verità. Le variabili in gioco sono moltissime ed è' proprio per questo che la sicurezza delle indagini appare spesso problematica. Essere addestrati a smascherare un bugiardo o un colpevole richiede non solo un training lungo e rigoroso ma soprattutto una conoscenza di se stessi molto profonda. Voglio dire che il contatto con le proprie sensazioni, emozioni e sentimenti nonche' con i nostri bias cognitivi non è' proprio qualcosa che possa essere insegnato, neanche da ottime scuole di indagini ed investigazioni. Chi è' psicologo e ha fatto su di se' una ricerca personale interiore di lunga data può, probabilmente, conoscere la natura umana con tutte le sue deviazioni dalla norma meglio di poliziotti che, pur bene addestrati, si occupano del campo investigativo. Ma anche uno psicologo, per quanto attento al proprio mondo interiore e alle proprie reazioni controtransferali, può sbagliare perché nessuno può avere la presunzione di comprendere fino in fondo la natura umana. Questo non significa deporre le armi e non occuparsi di un campo così affascinante come quello che questo articolo di Angela Pileci ha introdotto in modo così accurato e professionale. Significa solamente essere sempre cauti, porsi mille dubbi, essere disposti a riconsiderare le proprie conclusioni e sottoporle a costante verifica e confronto. Ancora grazie, Angela, per aver dato spazio a tutte le riflessioni , da parte di utenti e professionisti!

#6
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Cara Elisabetta, grazie per il tuo utile commento.
Ti auguro buon Ferragosto.
Buon Ferragosto a tutti!

#7
Ex utente
Ex utente

Leggerò le ricerche citate ed elaborerò tutte le controstrategie relative per poter mentire in santa pace. Ahahah

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