A proposito del video sulla “bulla di Bollate”

Scorrendo le notizie sulla versione online del corriere della sera, mi sono imbattuto nel video della ragazza che picchia una coetanea (o di una ragazza che viene picchiata da una coetanea) davanti ad una platea di guardoni divertiti e mi sono sentito in imbarazzo.

La violenza era davvero molta ma ho pensato che, con la mia abitudine a confrontarmi quotidianamente con situazioni e vissuti di violenza, di per sé non fosse sufficiente a giustificare tanto malessere. Mi sono quindi reso conto che una parte della reazione era legata non tanto al video in sé quanto al fatto che ero di fronte ad un prodotto, una specie di show, con tanto di messaggio pubblicitario incluso.

Il passaggio dalla perfezione del prodotto pubblicizzato (forse una banca rassicurante ed amichevole) alla cruda realtà di un filmato amatoriale (ma che con l'amore non ha niente a che fare), in cui una ragazza urla e chiede aiuto mentre un'altra la colpisce con un terribile calcio in testa, il tutto con la colonna sonora delle risate e delle incitazioni degli spettatori, era per certi versi stato traumatico. Il trauma è quindi avvenuto con un meccanismo che in qualche modo prevede una prima fase in cui creiamo un ambiente tranquillo e rilassato a cui segue un evento violento inatteso.

É questo il meccanismo che molti produttori di film horror utilizzano per creare quell'effetto che fa saltare sulla sedia lo spettatore. Solo che lo spettatore del film horror sceglie volontariamente di vedere il film, per certi versi gli piace e può difendersi perché è preparato “al peggio”, mentre l'ignaro spettatore di un video proposto da un giornale a tiratura nazionale vissuto nell'immaginario collettivo come serio, si trova spiazzato e per certi versi violato. I meccanismi che si mettono in moto sono simili a quelli che subisce un bambino di fronte alla violenza di un genitore, che nello stupore di fronte a qualcosa di inatteso, si ritrova in quella paralisi momentanea che non gli permette di reagire e di sottrarsi alla violenza.

Qualcuno potrebbe dire che il titolo dell'articolo “la bulla di Bollate” poteva far presagire qualcosa di violento. In realtà con il senno di poi, cioè a freddo, ho pensato che fosse un modo altrettanto violento di stigmatizzare una ragazza con gravi problemi di controllo della rabbia e per certi versi in grave difficoltà dal punto di vista psicologico. Sta di fatto che l'esito di questo video, a parte l'orrore inevitabile che ci coglie quando ci troviamo di fronte alla realtà di ciò che gli esseri umani sono in grado di fare e che ci induce a meccanismi dissociativi, è stato quello di provare una certa rabbia. Mi sono chiesto il perchè di questa rabbia. In chi mi sono identificato guardando questo video, nella vittima o nell'aggressore?

La risposta è arrivata immediata e violenta come un pugno nello stomaco: mi sono identificato semplicemente con chi stava a guardare e non ha fatto nulla per impedire tutto questo: mi sono sentito esattamente come quei ragazzotti guardoni contemporaneamente eccitati e terrorizzati dall'impotenza della vittima e dalla violenza dell'aggressore. La rabbia è il modo con cui prendiamo le distanze da sensazioni eccessivamente invasive e che ci permette quel ritiro necessario a ritrovare il nostro equilibrio interno.

Su un piano di realtà a chi giova tutto questo? Il giornalista direbbe che corre l'obbligo di dare la notizia, ma che notizia è quella di una lite tra due ragazze in cui non ci sono stati morti e feriti? Con un po' di retorica potrei dire che forse in tutto questa faccenda c'è qualcosa che è morto: la pietà.

 

Fonte: http://www.leggo.it/NEWS/MILANO/bulla_pesta_compagna_scuola_bollate_milano_video_facebook/notizie/503915.shtml

Data pubblicazione: 07 febbraio 2014

8 commenti

#1
Dr. Emanuel Mian
Dr. Emanuel Mian

Gentile dr. Bova, se lei si e' indentificato con chi sta a guardare, ci sarebbe molto da discutere. Purtroppo, e non penso di essere l'unico, mi sono identificato con la vittima e mi sono chiesto cosa farei/penserei se mi trovassi di fronte una violenza cosi' tanto immotivata quanto soverchiante.
Vedere nella giovane unicamente un problema di gestione della rabbia e un disagio psicologico quando non una pura malvagita' e incapacita' di empatizzare con l'altro individuo nel rispetto dei bisogni (propri/altrui), lo trovo anch'esso francamente eccessivo. Mi auguro unicamente di aver inteso male il suo pensiero. Puo' accadere e posso sopportare talvolta di errare :-)
Buone cose.
Emanuel Mian

#2
Dr. Francesco Bova
Dr. Francesco Bova

Caro Professore, il discorso sarebbe lungo e complesso. La mia attenzione era più centrata sul modo in cui certe notizie vengono utilizzate che sul fatto un sè. La ringrazio in ogni caso dell'attenzione.
Cordiali saluti

#3
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Penso che l'aggressore sia anch'essa una vittima. In quella violenza cieca e sproporzionata io ho letto in controluce il vissuto di un'adolescente proveniente da una famiglia dove la violenza è la forma più abituale di rapporto, dove non c'è dialogo e non ci sono forme più mature di gestione dello stress.
Anch'io ho provato una forte rabbia vedendo questo video, ma non tanto per una identificazione con l'aggressore, quanto perché non posso sopportare i soprusi verso i più deboli. E mi dispiace che i compagni di quella ragazza - evidentemente in difficoltà - non abbiano provato quello che ho provato io.

#5
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Il video è stato ripreso dal giornale perchè virale, cioè ormai aveva fatto il giro dei social, e, credo, sia normale che un giornale trovi un titolo sensazionalistico per vendere la propria immagine.
Ognuna usa la vicenda come può, ivi inclusi noi partecipanti a questa discussione.
Il video comunque era già virale ed oggetto di discussione su facebook con gruppi pro e contro.

Da un certo punto di vista è una scena già vista: il duello con le persone in cerchio. E' sicuramente una violenza primitiva, o agita. Non intelletualizzata e razionalizzata, ma vissuta.

E' una scena cruda, rude, anche perchè non siamo abituati a vederle. Ma in rete ci sono tantissimi filmati di donne che si picchiano. Basta cercare su Youtube. Il capo che mostra la sua forza contro chi osa ribellarsi.
La bulla vince.

Quale doveva essere l'altro epilogo? Intervenivano tutti e linciavano la bulla?

Qualcuno ha commentato che episodi del genere esistono e sono frequenti, solo che oggi tutti hanno un telefonino che permette le riprese.

E cosa ha di diverso questo filmato, che ha 20 milioni di visualizzazioni in due anni: http://youtu.be/isfn4OxCPQs
Un bullo, una vittima, un pubblico che riprende... solo che qui la vittima reagisce... :)

#6
Dr. Francesco Bova
Dr. Francesco Bova

Caro Fernando,
copio una parte del discorso .... "La violenza era davvero molta ma ho pensato che, con la mia abitudine a confrontarmi quotidianamente con situazioni e vissuti di violenza, di per sé non fosse sufficiente a giustificare tanto malessere. Mi sono quindi reso conto che una parte della reazione era legata non tanto al video in sé quanto al fatto che ero di fronte ad un prodotto, una specie di show, con tanto di messaggio pubblicitario incluso". La mia voleva essere una riflessione sull'utilizzo di materiale di questo genere da parte di un giornalismo che dovrebbe rispondere ad un codice etico. Quindi era l'associazione tra video e messaggio promozionale (che è quello che accade sempre durante il TG) che crea l'effetto. L'argomento è vasto e comprende tutti gli elementi alla base dell'interpretazione della psicopatologia degli stati dissociativi post-traumatici.
Grazie dell'attenzione e buon lavoro.

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