Indagine conoscitiva COVID-19 e salute

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Dr.ssa Chiara Di Vanni Psicologo, Psicoterapeuta

La ricerca

La ricerca è stata condotta da tre psicologhe che, dal 26 al 31 marzo 2020, hanno diffuso il questionario "Covid-19 vs Salute" con l’intenzione di fotografare la qualità della vita degli italiani.

Il periodo di riferimento vede l’Italia colpita da un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, definita come epidemia da COVID-19.

Il 21 febbraio 2020 veniamo a conoscenza della presenza di un focolaio nel nord Italia.; il 04 marzo 2020 vengono attivate (tramite DPCM) misure restrittive, sopratutto in riferimento agli spostamenti; l'11 marzo 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, dichiara lo stato di pandemia.

Hanno risposto al questionario 716 italiani, con un’età media di 39 anni.

Il gruppo più colpito dal disagio conseguente alla pandamia, risulta essere quello dei giovani.

La gestione del tempo libero risulta influenzata dall’età e dalla percezione dello spazio (al diminuire dell'età peggiora la gestione del tempo libero).

Per l'adolescente, il tempo libero, è il momento dell'dentificazione con il gruppo, lontani dal controllo dei genitori e dalle regole della scuola. Questo fondamentale momento della vita rappresenta la possibilità di scoprirsi, riconoscersi, differenziarsi e cominciare ad essere se stessi.

Ostacolare questo fondamentale passaggio nella vita (impossibilità di frequentare i propri “luoghi” e il proprio gruppo amicale) può portare l’adolescente a sentirsi inutile, impotente, talvolta tormentato da sensi di colpa, suscitando sentimenti di vergogna o disperazione.

Inoltre, coloro che percepiscono lo spazio inadeguato, non sono riusciti a strutturare positivamente il proprio tempo libero.

Percepire lo spazio in cui viviamo come poco adeguato porta a sentimenti di oppressione, soffocamento, insofferenza. Il fattore maggiormente nocivo, risulta essere la mancanza di spazio personale.

La prossemica ci ricorda che una delle maggiori fonti d’ansia è percepire che siamo sempre più “ammucchiati”.

Non risulta difficile immaginare quanto questa nostra necessità sia a rischio in questo momento in cui le famiglie sono costrette a vivere insieme 24 ore su 24, gli studenti non possono andare all'università, i giovani non possono andare a scuola e i bimbi all’asilo.

Dall’analisi delle risposte al questionario, si evidenzia una maggiore preoccupazione tra le persone che vivono in regioni del nord italia, i giovani, le donne e i lavoratori in ambito sanitario.

Chi lavora online con minore intensità rispetto a prima della quarantena, gli studenti, i pensieonati, i disoccupati o in attesa di riprendere il lavoro hanno subito maggiore pressione circa il fattore cambiamento.

Esprimono uno stato di malessere emotivo più inteso (depressione, irritabilità, irrequietezza, isolamento, chiusura, affaticamento) chi sta vivendo in regioni del nord, i più giovani, le donne, gli studenti, i disoccupati, i pensionati e chi attende di riprendere il lavoro.

L'ultima domanda del questionario di autovalutazione "Covid-19 vs Salute" ha consentito di indagare sui bisogni della popolazione nel contesto di emergenza.

L'unica domanda aperta è stata:

Qual è la cosa che più desideri in questo momento e/o c'è un bisogno che desideri comunicarci? Come vorresti che ti aiutassimo in quanto Psicologi?”.

L’analisi qualitativa e quantitativa delle risposte evidenzia, seppur con intensità diversa, una regressione verso i bisogni primari (fisiologici e di sicurezza).

La regressione coinvolge significativamente le persone che sono maggiormente preoccupate, impegnate nel cambiamento ed emotivamente provate.

Il numero di persone con cui si sta trascorrendo la quarantena e la composizione del nucleo abitativo (con persone con disabilità e/o anziani) non ha influenzato in maniera significativa le scale Preoccupazione, Cambiamento e Stato Emotivo.

 

Il contesto storico

E’ ragionevole pensare che lo stato di emergenza odierno, vada a sommarsi e ad amplificare il preesistente stato socio-economico preoccupante determinato dall’aumento della povertà, della disoccupazione.

Quindi, solitudine, precarietà e incertezza economica aggravano significativamente il nostro stato emotivo, oggi più che mai.

Tutti dobbiamo fare i conti con il prolungarsi in maniera indefinita di questo nuovo stato, improvviso, impetuoso, sconosciuto.

Il fatto di essere “sulla stessa barca” ha i suoi pro e i suoi contro: non siamo soli ma non abbiamo neanche un punto di riferimento saldo, qualcuno che può ergersi a mentore.

Lo stato di incertezza si prolunga ormai quasi da settimana a settimana fornendo terreno fertile all'ansia.

Anche noi psicologi ci stiamo preparando, aggiornando, formando, tutelando, in questo periodo perché la situazione è diversa, è particolare, è nuova per tutti e ci coinvolge tutti.

Dobbiamo essere pronti ad accogliere l'ansia dell'altro per una situazione di disagio che stiamo vivendo anche noi (e questo vale anche per i genitori, amici, amanti, figli, caregivers).

Il lavoro in emergenza

Il personale sanitario è sottoposto a costante esposizione al lutto, alla sensazione d'impotenza con turni di lavoro incalzanti, fatica fisica, oppressione psicologica e lontananza dai familiari. Questi elementi possono causare sovraccarico emotivo, esponendo questa fascia della popolazione ad una maggiore preoccupazione per il futuro (ISS, Istituto Superiore della Sanità).

Dall'altra parte, i lavoratori che hanno dovuto approcciarsi a diverse forme di lavoro, lo smart working, risultano più colpiti dal cambiamento. Possiamo interpretare questo dato alla luce delle limitazioni, difficoltà e necessità di riorganizzare il lavoro per renderlo fruibile con una mole di lavoro aggiuntiva off-line per familiarizzare con il sistema. Alle volte in una stanza, e/o con un PC, condivisi. Tutto questo avviene nello stesso posto dove viviamo gran parte della giornata, dove lavoriamo, mangiamo, dormiamo e gestiamo il tempo libero.

La gestione del tempo

Oggi, la sensazione più diffusa, è quella di vivere costantemente nel Kairos (tempo presente). Le giornate ci sembrano più lunghe, non riusciamo a tenere a mente che giorno è della settimana se non addirittura il mese, ci chiediamo da quanto tempo siamo chiusi in casa, una settimana, due, un mese.

E’ chiaro, il nostro tempo si è dilatato e viene a mancare il Kronos (temporalizzazione tramite gli eventi).

Questo non avviene per tutti, ma ognuno di noi è esposto alla difficoltà di organizzare e gestire il proprio tempo in questo presente continuo. Le persone più vulnerabili rispetto alla progettazione del proprio futuro, possono mostrare maggiori difficoltà nella organizzazione e gestione di un presente continuo.

Inoltre, tutte quelle persone che hanno difficoltà nel fermarsi, rilassarsi, prendere fiato, rallentare, oggi, possono presentare maggiori difficoltà nel riorganizzare i propri spazi e la propria routine.

In questo momento non si può scappare e spesso, laddove si hanno difficoltà ad ascoltarsi, è il corpo a parlare attraverso i simtomi dell'ansia.

Il consiglio, per riuscire a gestire il tempo a nostra disposizione, è quello di definire le priorità. E’ utile scrivere una lista, magari divisa in diverse aree (personale, intimità/auto analisi, lavoro/studio, hobby). Questo può aiutare a capire se stiamo utilizzando il tempo in attività prioritarie oppure se non riusciamo a farlo.

Nella vita personale, le attività prioritarie sono quelle che ci rendono felici, ci fanno stare bene (yoga, leggere, guardare un film, seguire una serie). Qualunque esse siano, ogni giorno dovremmo ritagliarci uno spazio per loro.

Fare una lista può anche aiutarci a visualizzare le attività a cui siamo costretti a rinunciare lasciando emergere quelle invece che sono possibili.

Colleghi psicologi, operatori, educatori e anche alcuni conduttori televisivi propongono diverse attività, tramite video, programmi trasmessi ad hoc, consapevoli che il tempo libero, soprattutto in questo momento, non può diventare tempo vuoto.

Il rischio è di cadere in problematiche psicologiche alimentare dallo stato di ansia, angoscia e preoccupazione. Dunque un circolo vizioso che si auto alimenta e che può essere spezzato solo dall’imposizione di attività leggere o interessanti e dal limitare in maniera ragionata e consapevole l’esposizione agli aggiornamenti sulla situazione.

E’ possibile immaginare che questo momento possa essere sfruttato per una riflessione su noi stessi, per ascoltare i nostri pensieri ma questi non devono essere confusi con lo stato di lutto, emergenza, tristezza, allarme in cui viviamo questi giorni.

La gestione dello spazio

Il consiglio dei colleghi psicologi è quello di cercare salvaguardare il più possibile momenti di solitudine, seppur nella stessa casa, anche magari rinunciando alla condivisione di pranzo e cena. Parliamo di momenti molto importanti, spesso, per la tradizione della famiglia. Ma questo momento così particolare, diverso, inaspettato, chiede di mettere in discussione anche le sane abitudini che abbiamo coltivato nel tempo per riuscire ad adeguarci e a sopravvivere a questa emergenza.

La gestione del cambiamento

Ogni tipo di cambiamento comporta una dose di ansia, intrinseca alla rottura momentanea dell’equilibrio esistente. Spesso si tende a procrastinare proprio per paura di abbandonare le rassicuranti situazioni che conosciamo, i contesti prevedibili e le azioni abitudinarie.

Cosa succede quando il cambiamento è obbligato, quando non c'è via di fuga, non c'è alternativa se non adeguarsi alle nuove condizioni dettate da una situazione di emergenza? Quando la mole di informazioni è straordinariamente abbondante? Quando l'ansia diventa uno stato che perdura, si stabilizza o che aumenta giorno dopo giorno perché la situazione che impone il cambiamento si protrae fino a tempo indefinito?

I sintomi fisici dell’ansia spesso spaventano e generano circoli viziosi. Tuttavia essi dipendono dal fatto che, ipotizzando di trovarsi in una situazione di pericolo, l’organismo in ansia ha bisogno della massima energia muscolare a disposizione per poter scappare o attaccare, scongiurando il pericolo e dando priorità assoluta alla possibilità di sopravvivenza.

In questo specifico momento di pandemia, per la gestione dell’ansia, è importante: selezionare le fonti da cui prendiamo le informazioni che andrebbero consultate non più di due volte al giorno; proteggere il nostro spazio personale, il privato, i momenti di solitudine anche se viviamo con altre persone o con la nostra famiglia; riempire il tempo libero con attività in grado di assorbire la nostra attenzione, e quindi, di distrarci per buona parte del tempo; mantenere un dialogo interiore onesto e sincero con noi stessi al fine di distinguere e riconoscere le nostre emozioni e reazioni; capire se preferiamo momenti di condivisione e compagnia, anche on-line, o se piuttosto stiamo meglio da soli. Accettare e comprendere che il cambiamento, in questo momento, è necessario anche se deprivante, destabilizzante e ansiogeno.

Non possiamo sapere oggi se finita l’emergenza torneremo esattamente come prima, sia a livello personale che rispetto alle abitudini e ai comportamenti. Per questo motivo non possiamo fare altro se non aspettare e valutare, senza timore. Rimarremo sempre noi stessi ma è inverosimile pensare che non ci saranno ripercussioni.

La componente ormonale

La Dottoressa Stefania Piloni (ginecologa esperta in medicina naturale) spiega come sia probabile che, con l’obbligo tassativo di restare in casa, la sindrome premestruale possa presentarsi in maniera più intensa. Questa situazione può portare a due tipi di conseguenze diverse sul ciclo, a seconda di come si reagisce all’allarme e all’ansia generati dall’emergenza.

L’ansia causa l'aumentare di produzione di cortisolo, un ormone secreto dalle ghiandole surrenali che è strettamente legato alle ovaie. Una delle conseguenze, in questo caso, può essere il cosiddetto ciclo a spotting, che si manifesta con delle piccole perdite ematiche prolungate anche per più giorni delle mestruazioni normali. Un fenomeno dovuto al parallelo aumento di produzione della prolattina. Se poi a un certo punto si innesca una distensione può darsi che il flusso si normalizzi oppure che parta in maniera più importante del solito, quasi emorragica. O ancora, che invece si arresti fino alla prossima mestruazione. Il primo consiglio dell’esperta è quello di dormire bene. Non andare a letto dopo mezzanotte e puntare la sveglia. Avere dei cicli di sonno/veglia regolari mantiene in equilibrio la melatonina che permette di avere un sonno profondo e ristoratore. Dormire è un ottimo antistress in quanto rigenera le cellule e mantiene più stabile il sistema nervoso.

Il lutto non celebrato

Una delle tragedie principali che sta caratterizzando questo periodo è la quantità di persone che hanno perso la vita a causa del contagio da coronavirus.

Ad aggravare la situazione si somma il fatto, probabilmente per la prima volta nella nostra storia, di non poter celebrare (non per forza in forma religiosa), vedere, salutare la persona in fin di vita e neanche dopo il suo decesso.

Questo fa parte delle esperienze di lutto con “scomparsa” ed è un’aggravante traumatizzante che ostacola pericolosamente la possibilità di gestire le fasi del lutto.

Le fasi del lutto sono 5: negazione, rabbia, elaborazione, depressione e accettazione.

Non seguono per forza un la sequenza così come elencata ma prevede necessariamente l'attraversamento di tutti e cinque le fasi per poter arrivare alla consapevolezza e all’accettazione che non vedremo mai più la persona a noi cara.

Privatizzare il dolore va contrastato con l’invito alla condivisione.

Con le famiglie in lutto la razionalizzazione è controproducente, il carico di chi interagisce con loro deve essere necessariamente emotivo.

Sono errori: non usare la parola morte, non piangere, negare, non rispettare il diniego della famiglia ovvero la nebbia che attutisce e temporaneamente impedisce l’urto frontale con il dolore.

Non basta l'espressione del dolore per superare la perdita ma è fondamentale non sottovalutare l'importanza dei riti funebri. A causa di questo possono strutturarsi casi franchi di psicopatologia.

In questo momento delle nostre vite possiamo parlare di lutto complicato perché i familiari in lutto non hanno potuto salutare il congiunto amato né partecipare al rito funebre.

Il lutto complicato sabota le strategie e le capacità di coping.

E’ necessario dare spazio alla sofferenza, accettare le forti reazioni emotive che sentiamo e osserviamo dei nostri congiunti oltre a dare spazio al rituale di saluto. Quindi un rituale postumo che si può eseguire in diversi modi.

Ognuno di noi dovrà trovare il rituale in grado di sopperire la mancanza della celebrazione del funerale. Per esempio, andare in un vivaio e scegliere una pianta sempre verde da curare nel ricordo della persona scomparsa oppure seppellire oggetti del defunto accompagnato da una lettera dedicata alla persona scomparsa, da leggere a voce alta e seppellire insieme agli oggetti oppure bruciare (quello che ci da maggiormente la sensazione di essere ascoltati).

Per i bambini, possono aiutare racconti metaforici costruiti con la famiglia.

E’ importante che gli adulti di riferimento stimolino il bambino a raccontare e descrivere quello che prova e che lo ascoltino per tutto il tempo che sarà necessario per inserire tutti i vissuti in una sfera di normalità e comprensione. Solo vivendo fino in fondo le emozioni, anche le più negative, può avvenire l’elaborazione del lutto.

La Resilienza

La pandemia e il coseguente lockdown, hanno un impatto totalitario sulla nostra salute.

I sintomi riferiti dai contagiati sono tangibili e preoccupanti ma ci sono anche altri aspetti più subdoli, per cui da non sottovalutare, che riguardano la sfera psicologica.

I pericoli riguardano la possibilità di un vero e proprio esaurimento nervoso passando per una collettiva sindrome generale da adattamento (risposta che l'organismo mette in atto quando è soggetto agli effetti prolungati di molteplici fattori di stress).

In nostro soccorso arriva la resilienza.

La resilienza è la capacità di far fronte, in maniera positiva, a eventi traumatici organizzando positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. Ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità. E' la capacità di usare l’esperienza del contatto con l’avvenimento traumatico per costruire il futuro.

Tutti abbiamo capacità di resilienza e questa, se scarseggia, si può rafforzare e migliorare con l’allenamento per imparare a cadere in piedi, più forti di prima, pronti per andare avanti.

Le personali capacità di resilienza, derivano dalla storia personale, sociale e ambientale nella quale siamo vissuti.

Le esperienze vissute in passato ci aitano a mettere a punto una terapia generica per ridare vita alla nostra quotidianità. Questo è uno dei motivi per i quali i giovani, che vivono l'avvento del coronavirus come prima esperienza traumatica, possono trovarsi maggiormente in difficoltà.

Oggi più che mai è importante riuscire a mantenere contatti stabili con interlocutori per noi comprensivi.

Le emozioni inespresse possono scendere direttamente nel corpo senza passare per la coscienza dando origine a sintomi psicosomatici. Oppure possono trasformarsi in pensieri ossessivi, ruminazione, procrastinazioni.

Con la fase due, è arrivato il momento di rimodulare i nostri obiettivi e di concentrarci su quello di nuovo che abbiamo imparato.

Vanno ripensati, rivisti, riorganizzati gli obiettivi della nostra vita che costruiscono l'idea che abbiamo e che vogliamo avere del nostro futuro.

Inoltre dobbiamo sforzarci di riflettere su quello che abbiamo imparato di nuovo in questo periodo su di noi, sul prossimo, sulla vita, sulla morte.

Il mondo intorno sta cambiando profondamente, la nostra scala di valori subirà necessariamente dei cambiamenti, perciò è importante riuscire a essere fluidi, seguire il cambiamento per uscirne mentalmente vivi e positivamente attivi.

Questo comportamento mentale è l'unico che può dare una mano alla nostra resilienza.

Le fasi dell'elaborazione della perdita possono aiutarci a comprendere cosa stiamo vivendo e soprattutto a darci la sensazione (reale) che è normale in questo momento provare emozioni nuove e sconosciute a noi stessi.

Abbiamo perso la nostra quotidianità, la sensazione di sicurezza, di conoscenza e la nostra libertà.

Può succedere che le sensazioni di restrizione, di impotenza e di frustrazione che stiamo vivendo in questo momento della nostra vita, stimolino la memoria verso ricordi passati, in cui abbiamo vissuto sensazione simili.

Non dobbiamo dunque preoccuparci se la nostra mente, in questi giorni, riporta alla luce momenti dolorosi che pensavamo archiviati.

Inoltre, quello che possiamo fare durante le nostre giornate è limitato, diverso o richiede l'uso di strumenti nuovi per noi. E' possibile quindi esperire sentimenti di incapacità e nutrire la sensazione che non siamo in grado di fare le cose.

Possiamo percepire un abbassamento dell'autostima e un peggioramento della qualità di vita.

Non dobbiamo dimenticare le straordinarie circostanza che suscitano queste sensazioni e ripeterci che non siamo incapaci ma siamo tutti alla scoperta forzata di una nuova realtà.

Dobbiamo darci il tempo di conoscerla e capire come adattarci.

Uno stress cronico e prolungato può portare a un cambiamento di abitudini: fumare o bere di più, dormire troppo (e male), evitare di uscire, abusare di droghe. Al contempo si può perdere l'appetito o la voglia di fare movimento.

I sintomi elencati possono coesistere e possono essere attribuiti allo stress (in mancanza di una causa fisiologica scatenante, quando ad escluderla sono stati gli esami strumentali).

Metafora

A un certo punto qualcuno ha spento la musica e tutti ci siamo fermati.

Fermi dov'eravamo in quel momento, seduti sulla sedia più vicina, in un costante presente privo delle più comuni e consuete forme di distrazione esterne a noi.

Si attiva così automaticamente un'insistente auto riflessione che ci porta ad analizzare la nostra sedia. Com'è fatta, com'è stata costruita. La guardiamo da vicino, la scrutiamo nei minimi dettagli, la smontiamo e la rimontiamo.

Ci piace la nostra sedia?

Avevamo capito che fosse fatta in questo modo?

Avremmo voluto o potuto costruire una sedia diversa?

I bambini e i giovani, che non hanno ancora la propria sedia, si ritrovano costretti a sedere in braccio ai genitori.

Devono rimandare, in corso d'opera, la costruzione della propria sedia con tutte le conseguenze negative che ne possono derivare sulla propria crescita, emancipazione, la sensazione di libertà e di potenza, il riconoscimento e la differenziazione con il gruppo dei pari.

E poi ci sono gli anziani, già costretti nelle sedie che magari altri hanno deciso per la loro sicurezza, completamente privi dell'unica cosa che dà un senso alla vita ovvero la vicinanza con i figli, i nipoti, i vicini, gli amici.

Nella vita tutti dobbiamo affrontato fatti gravi, drammi e tragedie, ma la gravità di ciascuno di essi dipende dal modo in cui li affrontiamo più che dall’evento in sé.

 

Il questionario sarà nuovamente on line fino a martedì 12 maggio 2020 per valutare, con i dati raccolti, eventuali cambiamenti in rlazione al periodo di somministrazione.

Se vuoi partertecipare all'indagine, questo è il link con il questionario: https://forms.gle/B87UVfuQHes8kNJG6

Autori: Di Vanni - Crupi - Incognito

Data pubblicazione: 03 maggio 2020 Ultimo aggiornamento: 11 maggio 2020

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