La diagnosi di HIV in Europa è tardiva

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

 

La diagnosi di HIV in Europa è tardiva.

Questa è un’altra importante segnalazione che ci arriva dal rapporto annuale, ora pubblicato e riferito all’anno 2016, dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) su questa importante problematica clinica.

Circa la metà delle diagnosi in Europa vengono fatte quando il sistema immunitario del paziente è compromesso; unico dato positivo emerso sembra essere una apparente modesta diminuzione dei nuovi casi che si sono attestati appena sotto i trentamila.

 

     

 

La ricerca ha interessato trentun paesi dell’Unione Europea più alcuni molto limitrofi.

Il rapporto ha rilevato che ci sono in media circa 6 casi nuovi di contagio da HIV all’anno ogni centomila abitanti; da segnalare come Malta, Estonia e Lituania hanno un numero triplo di nuove diagnosi mentre l’Italia si attesta ad una cifra intorno ai 5,7 nuovi casi.

 

    

 

Gli uomini sono la maggioranza, cioè sono il 70% dei nuovi casi registrati; il più alto numero di diagnosi si è osservato tra i 25 e i 29 anni, con i maschi più precoci, il picco è stato indicato a 21,4 anni, mentre per le signore questo si sposta tra i 30 e i 39 anni.

Il ritardo nella diagnosi interessa il 48% delle persone con HIV e questo è stato valutato sulla conta dei linfociti CD4 (noti anche come linfociti T helper), cellule importanti del sistema immunitario, che in questi casi era inferiore a 350 per mm3, mentre nel 28% dei nuovi casi la conta era addirittura sotto i 200 per mm3.

 

    

 

In Italia la diagnosi è tardiva in ben il 56% dei casi e con noi comunque si allineano paesi come la Germania, la Finlandia, l’Estonia, la Croazia, la Grecia, la Lituania e la Romania.

Ultima segnalazione interessante del rapporto è che il 40% degli HIV positivi riscontrati era costituito da uomini che avevano avuto contatti sessuali con altri uomini, il 32% aveva dichiarato solo rapporti eterosessuali, il 4% riferiva uno scambio di siringhe e nel 24% dei casi non è stato possibile invece conoscere l’origine del contagio.

 

Fonte:

https://ecdc.europa.eu/en/gonorrhoea 

Altre informazioni:

https://www.medicitalia.it/news/andrologia/6905-hiv-virus-da-non-sottovalutare.html

https://www.medicitalia.it/news/urologia/7753-hiv-aids-pandemia-in-aumento.html

 

Data pubblicazione: 07 settembre 2018

Autore

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1977 presso Università di Milano.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Firenze tesserino n° 12069.

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2 commenti

#1
Medico
Medico

Carissimo Giovanni,
grazie per i dati interessanti che hai messo a disposizione del Sito.
Una riflessione: dopo la campagna mediatica in periodo di emergenza (quella del soggetto circondato dalla linea viola, si era agli esordi della endemia) la percezione che l'infezione da HIV possa essere domata per lungo tempo con gli antiretrovirali e dunque sia una malattia non immediatamente letale, non è stata sufficientemente contrastata da campagne mediatiche intelligenti, specie in TV e specie in quelle di Stato.
Colloquiando con un Collega dell'ISS lo stesso conveniva su questa necessità ma si diceva impotente perchè nessun Ministro della Salute si occupava del problema.
Speriamo che in tempi di declamato cambiamento ci si renda conto che in Italia c'è una vasta endemia di HIV e che bisogna provvedere a riscaldare di nuovo il ferro e a batterlo finchè resti caldo. Soprattutto per chi si affaccia alla sessualità, cioè i nostri figli e nipoti.
Un saluto caro!
Vincenzo.

#2
Dr. Giovanni Beretta
Dr. Giovanni Beretta

Caro Vincenzo,
condivido in pieno le tue puntuali considerazioni ed osservazioni su una tematica clinica così importante e da non sottovalutare.
Sempre un caro saluto.

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