Vaginite microbiota vaginale.

Le vaginiti: un problema comune a molte donne

Revisione Scientifica:

elisabettachelo
Dr.ssa Elisabetta Chelo Ginecologo, Patologo della riproduzione

I disturbi vulvo-vaginali sono un problema molto comune nella popolazione femminile. Con il termine generico di “vaginite” s’intende l’insieme di disordini vaginali causati da ​infezioni, infiammazioni ​o cambiamenti ​nella norma​le flora vaginale.

I disturbi vulvo-vaginali sono un problema molto comune nella popolazione femminile. Con il termine generico di vaginite s’intende l’insieme di disordini vaginali causati da ​infezioni, infiammazioni ​o cambiamenti ​nella norma​le flora vaginale. Più propriamente si dovrebbe parlare di vaginosi ​quando c'è una variazione nella proporzione dei microrganismi che normalmente sono presenti in vagina. ​Si tratta di vaginosi batterica nel 22-50% dei casi, seguite dalle candidiasi vulvo-vaginali (17- 39%) e dalle trichomoniasi (4-35%), anche se circa nel 30% dei casi di donne sintomatiche, pure dopo valutazione clinica, non è possibile fare una precisa diagnosi​.

Cos'è il microbiota vaginale?

L'importanza di mantenere il giusto equilibrio tra i microrganismi che compongono il microbioma vaginale

Il corpo umano è colonizzato da miliardi di microrganismi di diverse specie, definiti nell'insieme “microbiota” (o “microbioma”). Sono germi benefici e protettivi, caratterizzati dall’equilibrio tra le varie colonie che lo compongono. Se però questo equilibrio si vanifica possono manifestarsi disturbi nell'apparato interessato.

Il microbiota più famoso è quello intestinale (il “secondo cervello”), ​ma per le donne è importante anche avere un microbiota vaginale in condizioni eccellenti. Negli ultimi anni l’interesse per qu​est'ultimo è molto aumentato. Recenti ricerche scientifiche hanno dimostrato grande diversità del microbiota vaginale nelle differenti aree geografiche, anche se la capacità di produrre acido lattico sembra una caratteristica irrinunciabile dei microrganismi che lo compongono.

Particolare attenzione viene dedicata anche al ruolo del microbiota al momento del concepimento, durante la gravidanza e il parto. Così come l'allattamento al seno gioca un ruolo fondamentale per “consegnare” al bambino una buona flora intestinale, anche il microbiota vaginale materno ha un'importante influenza sul neonato:

  • i bambini nati passando dal canale vaginale acquisiscono comunità batteriche dominate da lattobacilli simili a quelli della madre;
  • i piccoli nati con parto cesareo sono invece colonizzati da batteri di tipo cutaneo (Staphylococcus, Corynebacterium e Propionibacterium) e l'impatto di questa differenza sulla salute da adulti è oggetto di studi.

Per approfondire:Vaginite e disturbi della vagina esterna

Caratteristiche del microbiota vaginale

Il ruolo degli estrogeni

Il microbiota vaginale varia nel corso della vita e, in particolare, in alcuni momenti. Sino alla pubertà i bassi livelli di estrogeni determinano una mucosa sottile e bassi livelli di lattobacilli. Alla pubertà Ia produzione di estrogeni induce la formazione di uno strato superficiale di cellule a livello dell’epitelio squamoso della vagina contenenti un’abbondante quantità di glicogeno. Il lattobacillo acidophilus (​b. di Döderlein) utilizza il glicogeno, prodotto dalle cellule cervicali dopo stimolo estrogenico, con fermentazione anaerobica e produzione finaledi acido lattico (con conseguente riduzione del pH fino a 3,5-4,5 che antagonizza la crescita di patogeni) e H2O2 con effetto battericida.

Dopo lo sviluppo quindi i lattobacilli divengono dominanti (sino al 90%) e trasformano il glicogeno in acido lattico determinando così un tipico ambiente acido ostile per altri microrganismi patogeni: gli estrogeni fanno crescere la mucosa della vagina che produce glicogeno.

Una vagina sana, in età fertile ha un pH di 4 - 4,5. Se il pH sale, si invertono i rapporti tra i diversi microrganismi presenti: i lattobacilli diminuiscono mentre possono prevalere altri microorganismi.

Oltre alla variazione degli ormoni circolanti, ci sono numerose condizioni che possono far diminuire i lattobacilli: la presenza prolungata di sangue mestruale può far innalzare il pH, così come frequenti rapporti sessuali dato che sia il sangue che il liquido seminale hanno un pH superiore a 7.

Sintomi

Come capire se il microbiota vaginale è cambiato?

I sintomi sono il primo segnale che il pH e quindi il microbiota vaginale è cambiato:

  • irritazione,
  • prurito,
  • dolore e perdite con caratteristiche differenti dalle comuni perdite vaginali fisiologiche. ​

Per una donna è completamente normale avere perdite vaginali, la cui quantità e consistenza variano durante il corso del ciclo mestruale, a causa dell’azione degli estrogeni (per es. le fisiologiche perdite chiare e trasparenti durante la fase preovulatoria), ma talvolta queste perdite cambiano le loro caratteristiche e sono uno dei sintomi che spingono la donna dal ginecologo.

Tipiche le perdite bianche e dense, "a ricotta" caratteristiche della Candida, frequentemente causate da terapie antibiotiche. Anche germi comuni dell’intestino come l'Escherichia coli e l'Enterococcus faecalis, possono passare le pareti intestinali e colonizzare la vagina dove divengono patogeni.

Più rara ma seria causa di vaginite è l'invasione di germi esterni, in particolare contratti attraverso i rapporti sessuali: possono essere microrganismi batterici o virali, particolarmente aggressivi e con tempi di incubazione più o meno lunghi, che danno luogo a quelle che si definiscono malattie sessualmente trasmesse.

👉🏻La ginecologa risponde: Perdite bianche prima del ciclo

Prevenzione ​e ​terapia

Come fare un'igiene intima corretta?

Mantenere l’igiene vaginale è importante, ma eccessivi lavaggi e l’uso di detergenti aggressivi possono alterare l’equilibrio dell’ecosistema vaginale modificando il pH, ma anche disidratare la cute dei genitali esterni eliminando quello stato di sebo che è protettivo rispetto alle irritazioni dovute all’uso di assorbenti esterni e biancheria composta da fibre sintetiche. L’uso frequente di lavande vaginali, magari profumate, e dal pH non adeguato possono contribuire all’insorgenza di una vaginite.

Se i sintomi sono molto fastidiosi e persistono va consultato un ginecologo che, dopo gli accertamenti adeguati, consiglierà, se necessario, una terapia. specifica topica od orale a seconda dei germi in causa oppure una terapia con disinfettanti come lo iodopovidone.

Negli ultimi anni si è preferito trattare le vaginiti con ​la terapia antibiotica ​determinando un'alta percentuale di guarigioni, ma recentemente sempre di più vengono segnalate recidive, pazienti che non rispondono alle terapie, antibiotico-resistenza e vaginiti da Candida post trattamento (sino al 20 %).

Negli ultimi anni si è preferito utilizzare gli antibiotici piuttosto che gli antisettici che erano stati largamente usati da almeno 50 anni nel trattamento delle infezioni vaginali.

Gli antisettici hanno un largo spettro d’azione e favoriscono la ricolonizzazione da parte dei lattobacilli. Inoltre non ci sono valide segnalazioni che possano indurre resistenze. Alcune accurate revisioni della letteratura scientifica hanno dimostrato che antisettici e disinfettanti sono più indicati degli antibiotici nei trattamenti ripetuti delle recidive proprio perché non danno luogo a resistenze batteriche come invece avviene per gli antibiotici (ad es la clindamicina).

Varie osservazioni indicano che gli antisettici possono avere inoltre una efficacia di risoluzione paragonabile agli antibiotici senza generare fenomeni di antibiotico resistenza.

Gli antisettici più utilizzati ​sono a base di clorexidina, iodopovidone e perossido d’idrogeno In particolare lo iodopovidone ha dimostrato di avere un ampio spettro d’azione nei confronti dei principali patogeni responsabili delle infezioni vaginali quali Gram positivi, aerobi, Gram negativi aerobi, molti batteri anaerobi, miceti (Candida spp.) ed alcuni protozoi (Trichomonas). Tale preparato possiede inoltre una documentata efficacia clinica ed un buon profilo di tollerabilità e sicurezza. L’ampio spettro d’azione, maggiore di molti antibiotici, deriva dalla peculiarità di inibire la sintesi batterica mediante ossidazione dei gruppi sulfidrici. Lo iodio viene rilasciato gradualmente riducendo al minimo le possibili reazioni avverse come l’irritazione causata da alte concentrazioni di iodio.

L’efficacia antibatterica e la buona tollerabilità dello ​iodopovidone è stata confermata dall‘​Organizzazione mondiale Sanità (OMS) che ne ha evidenziato l’efficacia superiore ad altri disinfettanti nella prevenzione delle infezioni postoperatorie in seguito a parti cesarei.

Nella prevenzione delle vaginiti anche l’alimentazione ha un suo ruolo, infatti vi sono evidenze che le donne che assumono ​regolarmente yogurt contenente lattobacilli vivi sono meno soggette ad infezioni vaginali rispetto alle donne che assumono yogurt pastorizzati.

Infine una recente segnalazione ipotizza un ruolo di un sano ecosistema vaginale anche nella prevenzione del cancro alla cervice dell’utero (il terzo tumore più comune nelle donne in tutto il mondo). Un recente studio ha infatti evidenziato la relazione tra disbiosi, papillomavirus umano e cancro cervicale.

I papillomavirus umani (HPV) sono considerati la causa più importante di neoplasia intraepiteliale cervicale (CIN) e adenocarcinoma cervicale e sembra che il microbioma vaginale sia associato all’acquisizione, alla riattivazione, alla persistenza o regressione del virus e persino alla gravità della CIN.

Da tutte queste considerazioni emerge l’importanza di monitorare e difendere l’equilibrio del proprio microbiota vaginale le cui alterazioni vanno prevenute con corretta igiene, stile di vita e alimentazione e adeguato trattamento nelle situazioni che lo richiedono.

Referenze bibliografiche

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  • WHO recommendation on vaginal cleansing with povidone-iodine immediately before caesarean section (September 2015). The WHO Reproductive Health Library; Geneva: World Health Organization.
Data pubblicazione: 30 aprile 2020

Questo articolo fa parte dello Speciale Salute Disinfezione 

Autore

elisabettachelo
Dr.ssa Elisabetta Chelo Ginecologo, Patologo della riproduzione

Laureata in Medicina e Chirurgia nel 1978 presso Università di Firenze.
Iscritta all'Ordine dei Medici di Firenze tesserino n° 15487.

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