Malattia di parkinson.

La malattia di Parkinson

Revisione Scientifica:

a.ferraloro

La Malattia di Parkinson è una malattia che colpisce il sistema nervoso centrale, caratterizzata da una progressiva degenerazione di neuroni situati in una struttura del cervello detta substantia nigra. Vediamo quali sono i sintomi, le cause e le possibilità di trattamento.

Cos'è la malattia di Parkinson?

La malattia di Parkinson (o morbo di Parkinson) è una malattia degenerativa che colpisce il Sistema Nervoso Centrale, con un andamento cronico e lentamente progressivo.

Il Parkinson fu descritto per la prima volta nel 1817, dal medico inglese James Parkinson che, osservando alcuni pazienti, definì questa patologia come paralisi agitante. Il medico descrisse nel suo trattato i sintomi di alcuni soggetti come "tremori involontari in parti non in movimento con tendenza a piegare il tronco in avanti e a passare dal camminare al correre, mentre la sensibilità e l’intelligenza sembrano intatte".

Il nome che identificò la malattia per circa un secolo fu, appunto, Paralisi agitante fino a quando si è scoperto che non rappresentava appropriatamente i soggetti malati perché non c'era paralisi, quindi prese inizialmente il nome di Parkinson Idiopatico per arrivare ad essere oggi definito Malattia di Parkinson.

Nel 1997 è stata istituita la Giornata Mondiale del Parkinson che si celebra l'11 aprile, una data non casuale in quanto corrisponde al giorno di nascita del medico che per primo descrisse la malattia nel modo più preciso.

Epidemiologia

Il Parkinson è la malattia degenerativa più diffusa dopo la malattia di Alzheimer, colpisce circa 5 milioni di persone in tutto il mondo con un tasso di incidenza che dipende dall'area geografica che si prende in considerazione.

In Italia sono circa 300.000 i malati di Parkinson con una prevalenza negli uomini (6 su 10), nel 70% dei casi totali la malattia colpisce la fascia di età oltre i 65 anni, ma può manifestarsi anche in età più giovane (circa il 5% dei casi riguarda persone sotto i 50 anni). I dati sono, purtroppo, destinati ad aumentare nei prossimi anni a causa dell'invecchiamento della popolazione.

Perché si sviluppa il morbo di Parkinson?

Il Parkinson è caratterizzato da una progressiva degenerazione di una popolazione selettiva di neuroni situati in una struttura del cervello detta substantia nigra.

Questa sostanza nera è la zona in cui avviene la perdita dei neuroni produttori di dopamina e collega tale zona al nucleo striato: questo collegamento viene definito "Via nigro-striatale". La dopamina prodotta nella sostanza nera viene rilasciata a livello del nucleo striato e, attraverso alcuni circuiti dei nuclei della base, permette la regolazione e l'apprendimento della funzione motoria e alcune funzioni cognitive.

Nel processo degenerativo sono, comunque, coinvolti anche altri neuroni di altri sistemi e di altri nuclei cerebrali. L'alterazione della via nigro-striatale determina una mancata regolazione del controllo che i nuclei della base esercitano sulla funzione motoria e, conseguentemente, la comparsa dei sintomi tipici della Malattia di Parkinson, cioè il rallentamento motorio (bradicinesia), la rigidità muscolare (ipertono) e il tremore a riposo.

Cause e fattori di rischio

Le cause sono ancora sconosciute e sono state avanzate diverse ipotesi. In generale si può dire che la malattia sia la risultante di complesse interazioni tra fattori genetici e ambientali.

Fattori genetici

Certamente esiste una componente ereditaria nella predisposizione a sviluppare la malattia, ma solo il 10% circa dei malati ha un familiare affetto. La componente genetica sembra essere più preponderante nei casi ad esordio precoce.

Fattori ambientali

Altre teorie ipotizzano un'origine traumatica, altre una responsabilità di natura tossica con l'esposizione a sostanze nocive (come pesticidi, erbicidi, metalli come ferro, manganese, piombo, zinco, alluminio, rame).

Per approfondire:Il Covid può causare il Parkinson?

Diagnosi

Come viene diagnosticato il morbo di Parkinson?

La diagnosi del morbo di Parkinson si basa sulla storia clinica del paziente, sull’esame obiettivo neurologico e sull’esecuzione sia di test farmacologici specifici che di esami strumentali cerebrali come RMN, PET e TC, questi ultimi soprattutto per escludere altre patologie.

La diagnosi differenziale con le sindromi Parkinsoniane secondarie è fondamentale in quanto si presentano con sintomi simili ma hanno evoluzione e prognosi differenti dal Parkinson. Tra queste vanno ricordate sia le forme secondarie, che sono causate da una sofferenza vascolare cronica cerebrale (Parkinsonismo vascolare), sia quelle iatrogene che quelle degenerative atipiche che hanno una bassa risposta alle terapie antiparkinsoniane.

La diagnosi differenziale si pone anche con il tremore essenziale.

Per approfondire:Uno skin test per la diagnosi precoce di Parkinson

Sintomi

Come si manifesta la malattia di Parkinson?

Possiamo distinguere il decorso della malattia grossolanamente in due fasi:

  1. malattia in buon compenso clinico,
  2. fase complicata della malattia.

Si distinguono, inoltre, i sintomi motori e sintomi non motori.

Sintomi motori

I sintomi motori sono i più conosciuti e sono rappresentati da:

  • rallentamento dei movimenti volontari (bradicinesia),
  • difficoltà e ritardo ad iniziare un movimento (acinesia),
  • riduzione dei movimenti volontari,
  • esauribilità dei movimenti ripetitivi (per es. fare ciao tante volte con la mano),
  • sensazione che i piedi sono incollati al pavimento soprattutto all'inizio della deambulazione (freezing).

L'andatura avviene a piccoli passi e spesso senza il penzolamento degli arti superiori durante la deambulazione. Spesso è presente ipomimia, scrittura a caratteri piccoli e a volte indecifrabile (micrografia), linguaggio monotono.

Altro sintomo importante è il tremore a riposo che spesso è il primo sintomo della malattia. In genere inizia in un solo arto superiore e poi si diffonde nell'arto controlaterale. Meno frequentemente inizia ad un arto inferiore. In fase avanzata di malattia può interessare anche la lingua, le labbra e la mandibola.

Anche la rigidità, caratterizzata da un aumento del tono muscolare (ipertono extrapiramidale), è uno dei sintomi più importanti del Parkinson. Tale aumento del tono muscolare, con prevalenza dei muscoli flessori, può determinare un atteggiamento in flessione del paziente che spesso s'incurva (camptocormia).

L'ultimo sintomo tra quelli motori è l'instabilità posturale che può presentarsi in fase avanzata della malattia e consiste nella difficoltà di aggiustamento della posizione del corpo quando il paziente passa da seduto o coricato alla stazione eretta, difficoltà che può portare a frequenti cadute.

Sintomi non motori

I sintomi non motori sono meno conosciuti e possono interessare diversi organi, apparati e funzioni, come:

  • disturbi del sonno (insonnia, sonnolenza diurna, incubi, ecc.),
  • disturbi dell'umore e ansia,
  • disturbi della sfera sessuale (disfunzione erettile e mancanza di eiaculazione),
  • aumentata salivazione,
  • stipsi,
  • problemi di deglutizione,
  • deterioramento cognitivo,
  • allucinazioni e deliri,
  • ipotensione ortostatica con vertigini e svenimenti,
  • incontinenza o ritenzione urinaria.

Terapia

Come si può curare il Parkinson?

Ad oggi non esiste una cura risolutiva per la malattia di Parkinson, ma i nuovi farmaci e la terapia farmacologica hanno consentito di migliorare nel tempo la qualità di vita del malato.

Terapia farmacologica

La terapia medica è fondamentale e allo stato attuale si avvale di farmaci che possono controllare la sintomatologia, ma non riescono a modificare il decorso della malattia.

La somministrazione di dopamina esogena può ridurre i sintomi in 2/3 dei pazienti.

La dopamina non può attraversare la barriera emato-encefalica, quindi il trattamento più comune consiste nella somministrazione orale del farmaco L-DOPA, un precursore della dopamina, che può attraversare i capillari cerebrali ed essere convertito in dopamina. 

Purtroppo, tale trattamento con il passare del tempo va incontro ad una progressiva perdita di efficacia e determina la comparsa di fluttuazioni motorie e discinesie, come effetti indesiderati. Per cercare di ovviare a questi inconvenienti si tende ad impiegare, con frequenza maggiore e il più precocemente possibile, a seconda dei casi, i dopamino-agonisti, con somministrazione unica o in associazione alla levodopa a bassi dosaggi. Tali farmaci stimolano direttamente i recettori del Corpo Striato fornendo una stimolazione più costante e, inoltre, avrebbero un’azione neuro-protettiva sui neuroni rimanenti della substantia nigra. 

Molto utilizzati sono anche i dopaminoagonisti, in particolare ropinirolo e pramipexolo. Frequentemente si usano pure alcuni anticolinergici e MAO-B inibitori (rasagilina e selegilina).

Sugli eventuali sintomi associati vengono utilizzati farmaci sintomatici indicati a seconda del problema.

Terapia non farmacologica

Nella malattia di Parkinson, oltre alla terapia farmacologica, riveste un ruolo fondamentale anche la fisioterapia e una dieta appropriata:

  • la prima è in grado, con un programma regolare di esercizi muscolari, di mantenere una buona funzionalità del sistema muscolo-scheletrico e, quindi, determina un miglioramento della postura, dell'equilibrio e dell'abilità manuale;
  • la seconda riguarda soprattutto l'interazione farmacocinetica fra la terapia a base di levodopa e la dieta come possibile spiegazione di fluttuazioni motorie specie pomeridiane.

Anche la logopedia risulta efficace nei casi in cui il paziente ha problemi del linguaggio.

In alcuni pazienti altamente selezionati che presentano dei requisiti specifici è possibile un approccio di tipo chirurgico. L'intervento oggi più praticato è la "Stimolazione cerebrale profonda" o DBS (Deep Brain Stimulation). Questo tipo d’intervento si è dimostrato efficace nel controllo sia dei sintomi della malattia che degli effetti cronici indotti dalla terapia farmacologica.

Le prospettive terapeutiche future sono rivolte sia verso la ricerca di nuovi farmaci sempre più efficaci e in grado di arrestare l’evoluzione della malattia, sia verso la messa a punto del trapianto di cellule staminali nell'encefalo dei pazienti parkinsoniani; per quest’ultima terapia devono essere ancora risolti una serie di problemi  non solo di tipo etico, ma anche di tipo tecnico.

 

Fonti:

  1. Fondazione Umberto Veronesi
  2. Osservatorio Malattie Rare
  3. Ministero della Salute
Data pubblicazione: 05 novembre 2013 Ultimo aggiornamento: 11 aprile 2023

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Autore

a.ferraloro
Dr. Antonio Ferraloro Neurologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1984 presso università Messina.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Messina tesserino n° 9094.

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