Intelligenza: l’importanza delle abilità generali

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta

Cosa rende grande un violinista, un fisico o un solutore di parole crociate? Esperti si nasce o si diventa? La domanda ha intrigato gli psicologi sin dagli albori della psicologia, ma anche tutti noi, che sogniamo segretamente di diventare bravi alla chitarra come Eddie Van Halen, virtuosi del pallone come Maradona o di vincere il Nobel per la Scienza.

Perciò non è difficile comprendere come la regola delle 10.000 ore di Anders Ericsson sia diventata un bestseller, a cura di Malcolm Gladwell. Usando il lavoro pionieristico di Ericsson, ma omettendo di pubblicare ricerche altrettanto prominenti che lo contraddicono, il libro di Gladwell Outliers (traducibile grosso modo con Fuoriclasse) sostiene che dato un minimo d'intelligenza, un pizzico di fortuna e tanta pratica, chiunque possa diventare un genio.

In un nuovo studio pubblicato su Current Directions in Psychological Science, gli psicologi D. Z. Hambrick e E. J. Meinz discordano con forza. "Non vogliamo negare il peso delle conoscenze e delle abilità che si ottengono con la pratica, ma crediamo che in certi compiti abilità e capacità di base - ossia quelle generali, stabili nel tempo e in sostanza ereditarie - svolgano un ruolo importante nel livello di performance". Tali capacità di base fanno parte del talento, sostengono Hambrick e Meinz.

Lo studio riguarda una misura elementare dell'efficienza intellettiva: la capacità della memoria di lavoro, ovvero la capacità di memorizzare ed elaborare al tempo stesso una quantità d'informazioni, correlata con il successo in molti compiti cognitivi, dal ragionamento astratto all'apprendimento del linguaggio.

Nell'esperimento Hambrick e Meinz hanno testato 57 pianisti con un'ampia gamma di ore d'esercizio alle spalle, da un minimo di 260 fino a un massimo di 31.000, per vedere come se la cavassero nel compito di suonare un pezzo che non avevano mai visto, leggendolo dallo spartito. Quelli che avevano più pratica hanno svolto meglio il compito. Infatti, le ore di pratica hanno predetto quasi  il 50% delle differenze di performance fra i soggetti. Ma la capacità della memoria di lavoro ha avuto in ogni caso un impatto significativo sulla performance. In altri termini, indipendentemente dalla quantità di pratica, la memoria di lavoro è stata comunque importante per il corretto svolgimento del compito. I ricercatori ipotizzano che tale capacità influenzi il numero delle prossime note che il suonatore riesce a leggere mentre suona, un fattore decisivo in un compito come questo.

Sfidando un altro assunto del tipo "esperti si diventa", ossia che oltre un certo limite l'intelligenza conti sempre di meno, gli autori citano uno studio alla Vanderbilt University che ha preso in considerazione i punteggi ai test matematici del SAT (una nota batteria di test psicoattitudinali generali) di laureati in scienze, tecnologia, ingegneria e matematica. Coloro nel 99.9esimo percentile a 13 anni hanno avuto una probabilità 18 volte maggiore (ossia del 1800%) di laurearsi di quelli nel 99.1esimo percentile. Quindi, anche all'estremo superiore dell'eccellenza, più è alta l'efficienza intellettiva e quindi la capacità della memoria di lavoro, meglio è, dice Hambrick.

"Alcuni le considereranno cattive notizie. Tutti amiamo pensare che le capacità di base siano irrilevanti, tutti preferiamo una visione ugualitaria e democratica della competenza. Non sosteniamo che queste differenze di partenza non possano essere superate. Però, per quanto ci s'impegni potrebbe essere il talento con cui sei nato o che hai acquisito molto presto a distinguerti dagli altri."

Fonte:
Machines Like Us, The importance of general abilities. 2011.


Studio originale:
D. Z. Hambrick, E. J. Meinz. 2011. Limits on the Predictive Power of Domain-Specific Experience and Knowledge in Skilled Performance. Current Directions in Psychological Science.

Data pubblicazione: 23 ottobre 2011

4 commenti

#1
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Bell'articolo Dott. Santonocito! Io insegno da diversi anni ed empiricamente ho potuto constatare l'importanza delle abilità di base nell'apprendimento. Ci sono alcuni alunni che hanno un innato senso logico e colgono al volo gli insegnamenti grammaticali, altri,all'estremo opposto, che riescono con grande difficoltà ad apprendere gli stessi insegnamenti.
La stessa cosa vale per l'italiano scritto. E' come se ci fosse in chi sa scrivere una capacità innata legata al senso della strutturazione della frase e alla correttezza lessicale. Secondo me il detto "volere è potere" è un mito, questo però non vuol dire che le capacità si autoalimentino. L'esercizio e l'applicazione hanno un valore fondamentale per esprimere appieno il proprio talento.

#2
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

Grazie per l'apprezzamento. Si tratta di un tema spinoso, che continua a suscitare discussioni e polemiche. Probabilmente il punto di vista più equilibrato è quello che ammette l'importanza di entrambe le componenti, innata e acquisita, riconoscendo però che mentre sulla seconda è possibile far molto, sulla prima è più difficile intervenire.

#3
Utente 331XXX
Utente 331XXX

Io credo che abbiamo dalla nascita capacità ereditarie diverse, ma sono gli stimoli ambientali nella crescita a sviluppare le facoltà.
Se Amadeus Mozart fosse stato figlio di un contadino, quindi senza stimoli di un "ambiente musicale" dove crescere, sarebbe diventato un grande musicista?
Perciò credo che nell'educazione dei figli vengano limitate dai genitori strumenti di distrazione che alienano il bambino, quali TV, gran parte dei videogames e giochi stupidi ed incentivate attività o strumenti/giochi che attivino il cervello del figlio.

#4
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

Sì, entrambi i fattori innati e acquisiti contano nel determinare ciò che un individuo diventerà. E come ha detto qualcuno, il mondo è purtroppo pieno di talenti non riconosciuti.

Troppa TV e disattenzioni genitoriali possono certo fare la differenza, ma aprirei una deroga sui videogame, del cui uso consapevole e ben diretto sono un sostenitore:

https://www.medicitalia.it/news/psicologia/3498-i-giocatori-di-videogame-vedono-un-mondo-diverso.html

http://www.giuseppesantonocito.it/search.htm?q=videogame&offset=0&SearchSubmit=Cerca+nel+sito

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