Pro-2PSA - indice PHI

Creato presso la Casa di cura Giovanni XXIII di Monastier un Team per affrontare  un tumore sempre più temuto dalla popolazione maschile: il Cancro della Prostata

 

Solo la diagnosi precoce dei casi a rischio permette di arrivare a guarigioni complete.

Presso i nostri ambulatori abbiamo l’esigenza di diagnosticare per  tempo la malattia, afferma il Primario dell’Urologia dott. Andrea Fandella evitando nel tempo stesso le diagnosi non vantaggiose per il paziente  (diagnosi di malattie latenti, fenomeno conosciuto con il nome in inglese “overdiagnosis”).

 “Oggi abbiamo la certezza che il PSA da solo non basta”, ha continuato il dott. Fandella, dobbiamo offrire qualcosa di più ai nostri pazienti.

Il carcinoma prostatico è il tumore maligno non cutaneo più diffuso tra la popolazione maschile: 1 soggetto su 11 nella fascia di età compresa fra 40 e 70 anni (circa 14 milioni di soggetti nel nostro Paese) potrebbe ricevere questa diagnosi, che purtroppo ancora oggi è responsabile in Italia di circa 7.500 decessi all’ anno.
I dati dai registri tumori riportano 43.000 nuovi casi diagnosticati in Italia ogni anno, di cui il 20% già allo stadio di metastasi.

La sopravvivenza a cinque anni supera mediamente il 70%. Un dato considerevole per il quale parte del merito va anche al test del Psa (antigene prostatico specifico, un marcatore prodotto dalla prostata, i cui livelli nel sangue possono essere indice di aumentato rischio tumorale. Il PSA non è inequivocabile.

Il paziente va poi visitato, la visita consiste, dopo la valutazione globale dell'individuo come persona e come paziente, nella esplorazione rettale.  Si saggia l'eventuale  presenza di aumenti della consistenza della ghiandola prostatica, di nodosità; si esegue ancora il PSA che però è da inquadrare nella globalità degli esiti.

Nei casi sospetti si procede a biopsia. La manovra, ambulatoriale, permette di prelevare e far analizzare  diversi campioni  bioptici dalle zone dove statisticamente è più facile si sviluppi la neoplasia.

Il PSA è stato proposto come strumento di screening di massa nei pazienti maschi dai 50 anni di età in poi.

Un recente studio multicentrico europeo ha dimostrato come il PSA riduca la mortalità da tumore della prostata fino al 30% nei pazienti seguiti per 15 anni.

Il limite del dosaggio annuale del PSA è che spesso è aumentato per motivi innocui (è un marker prostato specifico, non carcinoma specifico, si innalza ogni volta c’è attività nella ghiandola prostatica) così molti pazienti eseguono ulteriori accertamenti invasivi come le biopsie prostatiche. Queste risultano "inutili", cioè   identificano flogosi o iperplasia benigna e non il tumore. Questa procedura invasiva, potenzialmente dannosa, in ogni caso costosa per le giornate di lavoro, o di svago, perse , idealmente dovrebbe  essere risparmiata al paziente.

Poi oltre questo dato c’è il fatto incontrovertibile che il 20-30% delle neoplasie non viene individuato dal Psa. Le forme indifferenziate del tumore della prostata producono meno PSA, in questo scenario i soggetti  con tumore prostatico   non presentano livelli elevati di PSA ed è per questo che la visita urologica con esplorazione rettale rimane cardine essenziale nella diagnosi del tumore prostatico.

Il dottor Luciano Pasini  direttore del Laboratorio di Analisi e della Anatomia Patologica del nostro Istituto ha provveduto ad acquisire, primo nel Triveneto, un nuovo marker di carcinoma prostatico che permette di migliorare la capacità diagnostica del PSA.

L’INDICE PHI – Il problema diagnostico che emerge dai dati citati è legato alla limitata capacità del PSA di suggerire in maniera accurata la presenza di un tumore prostatico significativo da un punto di vista clinico afferma il dott. Pasini: Si ribadisce che il PSA, infatti, può risultare elevato e quindi sospetto non solo in presenza di un tumore prostatico vero e proprio, ma anche in casi di ingrandimento benigno della prostata (ipertrofia prostatica) e di infezioni (prostatite).

Un nuovo è importante marcatore è denominato PHI (acronimo della denominazione inglese Prostate Health Index, cioè Indice di salute prostatica) e deriva da un’elaborazione matematica dei dati relativi a tre analisi: PSA totale, PSA libero e [-2]proPSA.

 Il [-2]proPSA è una frazione della molecola del PSA che viene misurata nel sangue dopo un normale prelievo. Il 2proPsa (Beckman Coulter p2Psa). Con i suoi valori derivati, p2Psa e phi ( Prostate health index: indice di salute prostatica), è in grado di garantire una diagnosi ancora più precoce del tumore, di valutare la sua aggressività e di limitare le molte biopsie negative, costose per il servizio sanitario e per la psiche del paziente sotto tensione in attesa del risultato.

Nei pazienti con PSA totale compreso fra 2.5 e 10 ng/mL, i valori dell’indice PHI se elevati sono risultati associati alla presenza di   malattia neoplastica clinicamente significativa.

 Il dosaggio dell’indice PHI è particolarmente indicato nei pazienti con valore di PSA totale sospetto (cioè superiore a 2,5 ng/ml nei giovani e a 4 negli uomini oltre i 60 anni) che vengono o valutati per la prima volta dall’Urologo o che comunque non hanno ancora eseguito biopsie prostatiche. In altre parole il paziente che oggi sta bene e che desidera essere informato sul proprio rischio di avere un tumore della prostata trova nel dosaggio dell’indice PHI il test diagnostico più accurato.

Riepilogando   i valori di p2PSA, %p2PSA e phi sono significativamente più elevati nel sangue di pazienti affetti da carcinoma prostatico; : è stato stimato di poter ridurre di circa il 30% il numero di pazienti sottoposti inutilmente a biopsia grazie all’ impiego estensivo del p2PSA, %p2PSA e phi.
La misurazione della molecola 2proPsa (frazione del Psa libero) e dei valori percentuali p2Psa e phi è molto più efficace e precisa di quanto oggi in uso. «Inoltre, rileva l’aggressività della neoplasia. E questo consente di avviare con maggiore sicurezza i pazienti verso un trattamento curativo piuttosto che verso un programma di sorveglianza attiva».

Il test si esegue con un prelievo di sangue ed è disponibile presso il Laboratorio della Casa di Cura Giovanni XXIII di Monastier di Treviso con la sigla «phi proPsa».   «La possibilità di identificare con maggiore precisione le forme neoplastiche che diventeranno clinicamente significative, consentirà la “personalizzazione” delle cure e, al tempo stesso, di evitare “sovradiagnosi” di tumori clinicamente non significativi, spesso candidati a “sovratrattamenti”».

Spesso questo non basta per diagnosticare la malattia, o sapere se abbiamo di fronte una malattia grave o una di quelle malattie latenti (da “overdiagnosis”), io le chiamo (prosegue il dott. Fandella) la tigre ed il gattino, da lontano non si riesce a distinguerle. Così grazie alla collaborazione del Laboratorio di Analisi, del Primario della Radiologia Dott. Francesco Di Toma e del Radiologo Dott. Bernardino Spaliviero abbiamo istituito un team di approfondimento diagnostico.  Grazie alle apparecchiature di risonanza magnetica di ultima generazione, e ai mezzi di contrasto paramagnetici si riescono ad evidenziare lesioni di piccole dimensioni (sui 5 mm) e di distinguere se una neoplasia è singola e piccola (il gattino) o più grande o multicentrica (la tigre).  La spettroscopia inoltre permette di vedere se queste lesioni siano compatibili con stati di flogosi o presentino le caratteristiche che sottendono alla malignità. Questa determinazione è importante,  le caratterizzazione della lesione ci permette di dare anche una gradazione alle zone sospette per  approntare le biopsie solo nei casi a rischio maggiore. E specialmente di mirare con certezza la lesione, riducendo il numero dei prelievi bioptici da effettuare e aumentando l’accuratezza diagnostica.

 

Naturalmente non trascuriamo i pazienti con malattia più grave, i nostri interventi chirurgici di prostatectomia radicale contribuiscono a mantenere basse le liste di attesa  per il trattamento di questa patologia della nostra Regione. Il lavoro di equipe prosegue con l’ ottima collaborazione che abbiamo con la radioterapia di Treviso per i casi in cui è indicato questo trattamento come trattamento principale o adiuvante post operatorio.

Oggi i pazienti ci chiedono diagnosi certe e trattamenti sempre meno invasivi, conclude il Dott. Fandella e siamo perfettamente attrezzati per rispondere a pieno a queste esigenze.

 

 

 

Data pubblicazione: 25 ottobre 2011

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