Alopecia areata: quando trattare e con quali prospettive terapeutiche?
L'alopecia areata è una di quelle patologie che più frequentemente mettono a dura prova il dermatologo. Innegabilmente si tratta di una malattia in cui la rapida caduta di capelli,e di peli, crea effetti importanti sull'aspetto estetico e sul vissuto emotivo del paziente. E in questi casi vi può essere una angosciosa ricerca del risultato, con pellegrinaggi dei pazienti tra vari studi medici.
Sulla base della esperienza si può dire che , pur non esistendo un protocollo generalmente seguito da tutti gli specialisti, è sensato parametrare la invasività della terapia con la gravità della estensione della alopecia
Quadri obiettivi con alopecia maggiore del 30-40%, esordio in età infantile, durata oltre l'anno, segni di alterazioni ungueali, familiarità positiva, atopia , diffusione ad altre aree pelose oltre il capillizio, sono segni prognostici piuttosto negativi, e meritano terapie incisive (terapie sensibilizzanti, corticosteroidi ,anche intralesionali, antralina topica ad alta concentrazione, minoxidil topico,sedute di crioterapia, rubefacenti, ciclosporina, etc).
Quadri di alopecia areata minima (10-20%), che non hanno i precedenti fattori di rischio, presentano una buona probabilità di ricrescita spontanea nel giro di 1 anno (circa il 50%), che va quindi solo "aiutata" e non "forzata" con eccessiva aggressività.
Bisogna comunque tenere presente una piccola percentuale di "non responder" , per i quali l'accanimento terapeutico non è utile.
Anche in questi casi molto si può fare , sia in termini di supporto psicologico che in termini estetici. Per questo ultimo aspetto bisogna rimarcare come il medico (e lo stesso paziente a volte) sia spesso restio a consigliare l'applicazione di parrucche (protesi tricologiche).
Teniamo presente invece come in molte regioni queste siano concesse dal SSN, quale riconoscimento di efficacia sul benessere psicofisico della persona.