Medicina dei trapianti e personalizzazione della terapia:la prospettiva della farmacogenetica
Nella Medicina moderna, si sente sempre di più la necessità di una personalizzazione della terapia,al fine di migliorare gli esiti terapeutici: in tale contesto,lo studio delle diverse influenze che il patrimonio genetico apporta, dopo l'esposizione ad una molecola,può essere di fondamentale importanza laddove si utilizzano farmaci il cui giusto dosaggio è fondamentale per garantire un effetto benefico e non nocivo.
Un esempio di ciò si ha nella medicina dei trapianti: l'utilizzo degli inibitori della calcineurina (CNI) come agenti immunosoppressivi non solo ha rivoluzionato la medicina dei trapianti ma ha anche notevolmente migliorato l’esito degli stessi e incrementato il tasso di sopravvivenza dei pazienti.
Ciononostante,la presenza di un polimorfismo di alcuni geni e dei loro trasportatori come la P-glicoproteina (P-gp) possono influenzare il metabolismo degli inibitori della calcineurina suscitando alcune possibili esposizioni sistemiche e intra-renali ai farmaci, con conseguente rischio di nefrotossicità e pericolo per il trapianto.
Per scongiurare tale evenienza, o quantomeno per meglio dominarla, è oggi possibile avvalersi della farmacogenetica, una branca emergente della farmacologia che si occupa proprio di quei fattori genetici ereditari che creano differenze tra le persone nell’azione dei farmaci.
Sappiamo infatti che il DNA è identico in tutti gli individui per il 99,9%, ma il restante 0,1% fa sì che ognuno di noi sia diverso dagli altri.
Questa diversità naturale delle sequenze di DNA determina, appunto, effetti differenti .
Nella farmacogenetica si studia come queste differenze determinino risposte diverse ai farmaci e come queste informazioni possano essere sfruttate per poter realizzare una terapia che tenga conto dell’unicità del genoma.
Il sottile e labile equilibrio tra rischi e benefici dell’immunodepressione rende la gestione della terapia farmacologica immunosoppressiva un argomento molto impegnativo, nel quale la disfunzione cronica del trapianto renale (CAD) rimane una questione aperta che può imporre ostacoli devastanti alle persone sottoposte alle terapie e pesanti fardelli ai sistemi sanitari.
Il suo ruolo diventa quindi decisivo per poter identificare la base genetica ereditata e prevenire le inter-differenze individuali in termini di risposta ai farmaci e quindi determinare il rischio di nefrotossicità calcineurina-mediata, consentendo di ottimizzare la somministrazione di questi agenti con effetti avversi minimi e personalizzati .
La recente Letteratura sul tema, valuta gli effetti dei polimorfismi dei geni coinvolti nello sviluppo della nefrotossicità cronica da calcineurina e la progressione della disfunzione cronica del trapianto, fornendo una panoramica completa sul loro impatto clinico.
Grazie alla farmacogenetica sarà forse possibile passare da un trattamento basato sulla patologia a una terapia personalizzata basata sul corredo genetico del singolo individuo.
Personalizzare la cura significherà, ad esempio, prevedere e quindi evitare gli effetti collaterali, garantendo una migliore e più mirata efficacia del farmaco .
Il tutto con tecniche sempre più semplici: un piccolo prelievo di sangue, o addirittura di saliva, saranno sufficienti a fornire al medico tutte le informazioni necessarie.
Risulta chiaro che discipline emergenti come la farmacogenetica, la tossicogenomica e l’epigenetica saranno sempre più prese in considerazione per una gestione più appropriata della disfunzione cronica del trapianto renale e dei pazienti con alto rischio di fallimento.
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