Il cancro della colecisti è raro ma ha una pessima prognosi
Un tumore poco frequente e asintomatico nello stadio iniziale, con cattiva prognosi.
La colecisti è un organo che spesso attira l’attenzione del paziente e del chirurgo in relazione alla sua malattia più comune ovvero la formazione di calcoli.
Molto meno frequente è la comparsa di un tumore maligno alla colecisti che costituisce lo 0.8% dei tumori nell'uomo e l'1.6% nella donna, piuttosto raro quindi con 8 casi ogni 100.000 individui per anno in Italia.
Questo tumore nella stragrande maggioranza dei casi è un adenocarcinoma ed origina dallo strato mucoso dell'organo, ovvero dalla parete più interna.
Il tumore
Appartiene alla famiglia dei tumori delle vie biliari costituendone circa il 50%, seguito dai tumori della via biliare extraepatica e della papilla di Vater. Presenta alcune caratteristiche epidemiologiche particolari, essendo più comune oltre i 60 anni, nel sesso femminile ed in alcune aree geografiche sia a livello internazionale con picchi di incidenza in Cile (dove addirittura costituisce il più frequente tumore maligno nella donna!), Perù, Colombia, India, Corea, Giappone, sia in Italia a livello nazionale con tassi tre volte più alti nelle zone a maggiore incidenza.
La causa è sconosciuta anche se tra i fattori predisponenti appare esserci una infiammazione cronica della colecisti nella stragrande maggioranza dei caso associata alla presenza di calcoli, seguita da altre patologie quali la colangite sclerosante,le infezioni croniche da Salmonellosi e la presenza di Helicobacter pylori nella bile.
Sono stati identificati fattori di rischi acquisiti quali assunzione di alcuni farmaci, esposizione a carcinogeni ambientali, obesità ed infine rare sindromi ereditarie quali la sindrome di Gardner, la neurofibromatosi e alcune forme di cancro del colon.
Diagnosi
La diagnosi è in genere tardiva o occasionale perchè il tumore nelle fasi iniziali ed intermedie di diffusione è asintomatico o presenta una sintomatologia molto vaga costituita da dolore addominale vago, nausea, vomito, perdita di appetito e peso, febbre e solo successivamente ittero, prurito e tumefazione addominale palpabile.
Il tumore origina in genere nel fondo della colecisti e, dopo aver interessato tutti gli strati della parete si estende direttamente al fegato o agli organi circostanti (stomaco, duodeno, colon,pancreas) o indirettamente al peritoneo ed agli organi distanti.
La diagnosi viene quindi posta identificando una neoformazione vegetante all'interno della colecisti o una masse che sostituisce progressivamente la colecisti ed i tessuti adiacenti mediante esecuzione di ecografia, tac,e a volte metodiche più complesse quali risonanza magnetica, colangografia retrograda endoscopica o ecoendscopia.E' possibile anche dosare un cosiddetto marker tumorale mediante un prelievo ematico, il cosiddetto CA19-9 che presenta una certa specificità per le neoplasie biliari. Il suo valore tuttavia si eleva anche in presenza di patologie benigne quali ad esempio la calcolosi del coledoco con ittero e quindi non è ritenuto attendibile a fini diagnostici. Risulta invece molto attendibile nel follow-up per una eventuale diagnosi precoce di recidiva di malattia.
Terapia
La terapia è sostanzialmente chirurgica essendo un tumore poco sensibile a chemio e radioterapia. In base allo stadio si esegue abitualmente una colecistectomia: le forme iniziali sono adeguatamente trattate in modo curativo mediante colecistectomia semplice mentre forme più avanzate ma non metastatiche possono costituire indicazione a una resezione epatica limitata ed asportazione dei linfonodi regionali ed a volte a una asportazione di parte della via biliare extraepatica. Nei casi avanzati spesso la malattia non è resecabile e può essere indicato eseguire interventi palliativi.
La prognosi dipende dallo stadio al momento della diagnosi: globalmente non più dei 15%-20% dei pazienti sopravvivono a 5 anni dalla diagnosi con sopravvivenze ovviamente più favorevoli, fino all'80% a 5 anni nelle forme iniziale trattate in modo radicale e più sfavorevoli nelle forme avanzate dove la sopravvivenza è di qualche mese.
Essendo il tumore frequentemente associato a colelitasi, una circostanza piuttosto frequente è la diagnosi postoperatoria posta su una colecisti asportata per colelitiasi.
In questo caso in genere il tumore è allo stadio iniziale e in linea di massima è consigliabile sottoporre il paziente ad un reintervento per eseguire una asportazione radicale non necessaria e quindi non eseguita in caso di colecistectomia per calcoli.
Per questo motivo è sempre necessario eseguire un esame istologico della colecisti asportata per colelitiasi.
Considerata l'associazione con la calcolosi della colecisti, è motivo di discussione l’eventuale indicazione ad asportare una colecisti litiasica in assenza di sintomi ai fini di prevenire l'eventuale insorgenza del tumore, tuttavia considerata la grande diffusione della colelitiasi, la rara possibilità di comparsa del tumore e la non trascurabile mortalità e morbilità legata alla colecistectomia, tale strategia non appare indicata e consigliabile al di fuori di contesti particolari quali ad esempio la popolazione femminile cilena.