Quando è veramente indicata una endoscopia digestiva?
Le indicazioni e controindicazioni generale ad eseguire un esame endoscopico secondo le linee guida della SIED
La disciplina che ha rivoluzionato la gastroenterologia negli ultimi 40 anni è stata sicuramente l’endoscopia digestiva permettendo di porre diagnosi prima solo ipotizzabili e di eseguire trattamenti terapeutici che prima erano riservati alla chirurgia.
La storia è iniziata con un’endoscopia diagnostica, osservando i visceri dall’interno per giungere ad un’endoscopia operativa ad esempio asportando lesioni e posizionando protesi.
Il futuro è già alla porte con nuove tecniche quali l’ecoendoscopia, la gastroscopia transnasale, l’alta definizione ed altro per anticipare sempre più la diagnosi e fare una prevenzione efficace soprattutto dei cancri esofagogastrici e colorettali.
Al contempo sono state precisate le indicazioni, le controindicazioni e le situazioni nelle quali l’ endoscopia non è indicata.
La Società Italiana di Endoscopia Digestiva (SIED) ha così riassunto le indicazioni dell’ASGE (American Society of Gastrointestinal Endoscopy) in collaborazione con l’AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi Ospedalieri) e la SIGE (Società Italiana di Gastroenterologia) al fine di consentire un utilizzo ottimale delle risorse per necessità limitate.
Vediamo in sintesi e con qualche esempio le indicazioni suggerite:
Quando è indicata in generale un’ endoscopia digestiva?
1) Quando l’ esito dell’ esame modifica la gestione terapeutica del paziente. Ad esempio, una colonscopia in un paziente con rilievo di sangue occulto nelle feci ad origine sconosciuta può porre diagnosi di malattia infiammatoria intestinale o, tra tante ipotesi, di polipo del colon permettendo una terapia adeguata che cambia completamente in base alla patologia identificata
2) Dopo un tentativo terapeutico risultato inefficace per una patologia sospettata come benigna. Esempio classico sono i sintomi della malattia da reflusso in un paziente giovane senza sintomi d’ allarme. La gastroscopia dopo un ciclo di terapia senza beneficio può permettere di porre una diagnosi diversa (ad esempio un reflusso biliare) e quindi modificare adeguatamente la terapia.
3) Come primo esame diagnostico in alternativa ad un esame radiologico.
Ad esempio per lo studio del colon in un esame per screening rispetto all’ rx clisma opaco o alla colonscopia virtuale: allo stato attuale sembra che il rapporto costi (rischi)enefici sia ancora a favore della colonscopia.
4) Quando è prevista una procedura terapeutica , ad esempio l ‘ asportazione endoscopica di un polipo o la sclerosi delle varici esofagee
Quando invece non è indicata un’endoscopia diagnostica?
1) Quando il risultato non modifica le scelte gestionali. Ad esempio una gastroscopia in un paziente affetto da malattie concomitanti note gravi che controindicherebbero un approccio terapeutico aggressivo o invasivo
2) Per il follow up periodico di malattie benigne guarite, al di fuori delle patologie note come precancerosi per le quali è necessaria una sorveglianza endoscopica. Una esofagite da reflusso diagnosticata con endoscopia e risolta con terapia opportuna ad esempio non richiede un controllo endoscopico a distanza.
Infine quando un’ endoscopia diagnostica è in genere controindicata?
1) quando i rischi per la salute e vita del paziente sono superiori ai benefici attesi. Ad esempio pazienti molto anziani o affetti da patologie severe note
2) In casi di paziente non collaborante senza un’adeguata sedazione o anestesia e senza aver ottenuto il consenso informato dal paziente o dal tutore
3) In caso di perforazione del viscere sospetta o nota
Ogni procedura endoscopica poi ha precise indicazione controindicazioni specifiche oltre a quelle sopraelencate che tuttavia costituiscono una base valida per tutte e che dovrebbero sempre essere ricordate e rispettate per una corretta gestione delle risorse ed appropriatezza delle procedure