Interventi mininvasivi di chirurgia spinale

Interventi mininvasivi di chirurgia spinale per la risoluzione, per via intraforaminale, delle sofferenze nel tratto meningo-radicolare

Interventi mininvasivi di chirurgia spinale per la risoluzione, per via intraforaminale, delle sofferenze nel tratto meningo-radicolare

Introduzione

L’intervento prende origine dal trattamento chirurgico, per via percutanea, dell’ernia discale lombare eseguito per la prima volta, nel 1975, da Hijikata in Giappone e Kambin negli Stati Uniti. Questi, successivamente agli studi di Hakelius del 1970 che rilevarono, stante i larghi criteri di indicazione in atto, un’ elevata incidenza di fallimenti, misero a punto una diversa metodologia di approccio chirurgico al disco intervertebrale. Ma è stato, senz’altro, opera prevalentemente, di OniK (1) (2) se questa tecnica, a “cielo chiuso”, si è diffusa, a partire dagli anni ’80, nel mondo occidentale

Cause della diffusione della tecnica mininvasiva

La necessità, ancor più che l’opportunità, di essere il meno invasiva possibile è nata dall’ osservazione, anche per le radiculopatie cervicali (3), degli effetti collaterali negativi delle tecniche classiche a cielo aperto:  fibrosi, alterazione delle strutture osteo-ligamentose, scollamento dei muscoli paravertebrali, obbligatorietà di dover lavorare a ridosso delle strutture nervose divaricandole, utilizzo della anestesia generale.

Vantaggi e svantaggi della tecnica (per il Paziente e per il Chirurgo)

L’approccio mininvasivo postero-laterale, perché scarsamente traumatizzante ed eseguito in anestesia locale con sedazione, tende ad essere sempre più diffuso, in quanto l’indice di successo è sovrapponibile a quello conseguito con tecnica a cielo aperto, mentre gli effetti collaterali negativi, le vere e proprie complicazioni, sono statisticamente meno rappresentate e, comunque, di minor gravità.(4)(5)

Quale svantaggio all’utilizzazione del predetto metodo mininvasivo per il chirurgo spinale è la ripidità della curva di apprendimento e l’ indispensabile capacità di saper porre l’indicazione chirurgica, correlando quadro clinico e strumentale all’anamnesi. Giacché un paziente con indagini strumentali significative può non essere candidato al trattamento chirurgico, mentre un paziente con indagini strumentali scarsamente significative e/o “variegate”, per sfumate alterazione a più metameri, può ricevere beneficio dalla chirurgia mininvasiva risultando, addirittura , controindicata una massiva aggressione chirurgica a cielo aperto.

Descrizione del metodo e benefici ottenibili

È però importante che, nel corso dell’intervento, il chirurgo abbia la costante visione della posizione della propria strumentazione per cui è indispensabile la disponibilità dell’unità fluoroscopica per tutta la durata dell’intervento. È altresì possibile fotografare il fermo immagine in modo da poter documentare la posizione degli strumenti chirurgici in rapporto all’anatomia topografica.

Da ulteriori riflessioni sullo stato di sofferenza radicolare spinale (vera causa dello stato irritativo e/o deficitario della radice) si è giunti alla conclusione che determinati fatti fibro-aderenziali in un punto di strettoia, quale è il forame di coniugazione intervertebrale, possano essere risolti utilizzando un approccio mininvasivo postero-laterale diretto immediatamente nel forame di coniugazione nella cui parte mediale vi è la zona meningoradicolare (6)

In questo modo possono essere trattati gli stati di sofferenza radicolare anche con iniezioni cortisoniche in zona paragangliare (7) (8).

La su esposta procedura può essere eseguita o con controllo TAC o  sotto guida fluoroscopica (9) potendo, anche in questo caso, ottenere delle foto del fermo immagine quale documentazione dei punti anatomici raggiunti.
Il predetto metodo può essere preferito all’endoscopia spinale perché, rispetto ad essa, comporta un minor rischio di danni collaterali ed una significativa minor durata. Ciò in quanto, con la mininvasiva, si raggiunge un solo ben determinato livello metamerico, esclusivamente nella zona meningo-radicolare / perigangliare e, comunque, clinicamente significativo. Non vi è alcuna necessità di attraversare il canale sacrale procedendo rostralmente fino ai medio/alti livelli lombari come nell’endoscopia spinale.
Dal posizionamento dell’ago, di norma, ci si può approfondire, sempre con l’utilizzo del fluoroscopio, nell’anulus. Qui si utilizza lo spazio intersomatico, per comodità, come testa di ponte per farvi scorrere il filo di Kirschner e, successivamente, l’otturatore con la cannula di lavoro.
L’effettuazione dell’adenolisi diviene una conseguenza anatomo-topografica affidata alla sensibilità ed esperienza dell’Operatore. In questa fase è indispensabile la collaborazione del paziente per cui la lisi/separazione delle aderenze non comporta rischi particolari di danni neurologici.
Una volta completato l’intervento intraforaminale ci si può riapprofondire nell’anulus asportandone la parte malacica ove il kirschner ha fatto da testa di ponte.
Va da sé che l’intervento può essere completato con discectomia, uncoforaminotomia, stabilizzazione intersomatica blood-patch mirato, … a seconda delle necessità avvertite

In conclusione

la tecnica mininvasiva a livello spinale è conosciuta da oltre trenta anni e, pur con varie sfaccettature riferibili ad ogni singolo Specialista, viene ampiamente utilizzata anche in Italia da un crescente numero di operatori che si dedicano ad una tecnica chirurgica destinata ad assumere sempre più spazio, a scapito della chirurgia classica, soprattutto perché sempre più numerose e sempre più complesse patologie potranno essere più efficacemente trattate.

Ma anche se i risultati fossero sovrapponibili alla chirurgia classica, ugualmente la tecnica mininvasiva andrebbe preferita in quanto, essendo meno traumatica, presenta meno possibilità di complicanze sia di ordine generale che particolare sul campo operatorio.
La  curva di apprendimento è ripida ed è consigliabile che, come in tutti i settori della chirurgia, ad apprendere questa tecnica mininvasiva siano i giovani aspiranti chirurghi i quali , non condizionati da precedenti impostazioni intellettuali e manuali,  possono utilizzare meglio e più efficacemente le metodologie più recenti.

 

Riferimenti:

  1. Bonci E.-Ferrata P.-Morreale P. Passarello F. (Clinica ortopedica Università di Siena)L’ernia del disco oggi
  2. Leonardi M. (Neuroradiologia Ospedale Bellaria Bologna) Percutaneous Tecniques for  treating Disc Disease
  3. Gastambide D., Peyrou P., Lee S.H.  Discectomia cervicale percutanea (2003)
  4. Bonaldi G. (Departement of Neuroradiology, Ospedali Riuniti – Bergamo) Automated percutaneous lumbar discectomy: technique, indication and clinical follow-up in over 1000 patients (Neuroradiology 2003)
  5. Manfre L.(U.O di Neuroradiologia di A.O. “Cannizzaro” Catania) Ernia e rimozione del disco- Tecniche di discectomia percutanea.
  6. Frank H. Netter Atlante di AnatomiaFisiopatologia e clinica vol.7
  7. Peng B. et al. Pain 127  Chemical Radiculitis (2007)
  8. Manfre L. (U.O di Neuroradiologia di A.O. “Cannizzaro” Catania)Trattamento della lombo sciatalgia acuta e cronica con infiltrazione perigangliare di steroide: esperienza personale
  9. A.O. Universitaria Policlinico Tor Vergata –Roma -Il dolore vertebrale
Data pubblicazione: 13 agosto 2010

Autore

vincenzodellacorte
Dr. Vincenzo Della Corte Neurochirurgo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1972 presso Università di Padova.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Padova tesserino n° 3114.

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