Il bambino taciturno

alessandra.varotto
Dr.ssa Alessandra Varotto Psicologo, Psicoterapeuta

Alcuni bambini rimangono in silenzio all’asilo, a scuola, ai compleanni..mentre a casa parlano talvolta anche vivacemente. Perche fanno così? E come possono venire aiutati? L’articolo offre una chiave di lettura sul tema del mutismo selettivo descrivendone possibili strategie di intervento.


1) VERSO UNA DEFINIZIONE
Il caso di Sarah
Di tanto in tanto, la mattina, Sarah cade all’asilo. Il ginocchio sanguina ma i suoi pantaloni nascondono la cicatrice. L'educatrice non ha visto cosa è successo, tuttavia avverte che qualcosa non è a posto e le chiede se va tutto bene... Sarah distoglie lo sguardo, abbassa le spalle e fissa sul pavimento. Non dice alcuna parola. Però, quando la sua mamma viene a prenderla, la bambina si getta piangente tra le sue braccia e le chiede un cerotto.
Sarah aveva allora quattro anni e questa era una delle tante situazioni, nelle quali avrebbe avuto bisogno di un aiuto che non riusciva a comunicare. Sarah soffre di mutismo selettivo (MS), un disturbo d’ansia pervasivo che rende difficile, se non impossibile, parlare in pubblico. In realtà, i bambini MS parlano normalmente con persone fidate, come genitori e fratelli, tuttavia ammutoliscono in quelle situazioni nelle quali sarebbe auspicabile l' interazione sociale (ad esempio ai compleanni, dal dottore, al supermercato, al parco giochi e molto spesso all’asilo e a scuola). Il loro silenzio non è inquadrabile all’interno di un disturbo di linguaggio, sebbene un bambino su tre ha anche problemi in quest’area dello sviluppo.
Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM – V) definisce il mutismo selettivo un disturbo d’ansia e, più precisamente, una fobia specifica. La paura per oggetti determinati porta con il tempo ad un comportamento di evitamento: chi teme l’altezza non sale sopra i campanili, chi ha paura dei ragni non va in cantina e chi ha ansia di parlare, rimane in silenzio.
Il 75% dei bambini taciturni (indichiamo, per semplicità, in questo modo il bambino affetto da MS) soffre inoltre di un’ ulteriore problematica di ansia, come la paura di separazione oppure di coercizione.
Le statistiche americane riferiscono che sette bambini di età scolastica su mille soffrono di MS. Confrontato questo valore con quello dello spettro autistico, scopriamo che quest´ultimo precede di poco (la percentuale e´ tra l´1,1% e il 2.6%).
Ai fini di una corretta misurazione della sua incidenza, è interessante sapere che il MS risulta sottostimato. Nella maggior parte dei casi, infatti, questi bambini vengono scambiati come timidi, oppure giungono all'attenzione del clinico tardi (solo tra i cinque e gli otto anni), sebbene i sintomi comincino a manifestarsi già verso i tre anni.
Inoltre, solo sei bambini su dieci riceve una terapia specifica. Diversamente, si aspetta che il bambino si "sblocchi" nella comunicazione verbale, cosa che tuttavia succede raramente e spesso sotto pressioni emozionali.


2) COMPRENDERE IL MUTISMO SELETTIVO
I bambini timidi si sbloccano dalla loro riservatezza dopo un tempo variabile di riscaldamento nel corso del quale diventano parlatori, mentre i bambini con MS possono stare in silenzio per molti anni.
"Il segnale d’allarme è quando il bambino non parla ancora dopo quattro settimane dal suo inizio dell’asilo o della scuola". Così riferisce Steven Kurtz, fondatore di un programma di intervento specifico implementato al Child Mind Institute di New York (organizzazione di pubblica utilità specializzata nell’aiutare bambini con problemi psicologici). L’esperto ha visto più di cinquecento bambini affetti da MS negli ultimi quindici anni ed è riuscito ad avere successo nel 90% dei casi trattati. Trascurare i segnali d'allarme comporta il rischio che il MS si cronicizzi, ovvero si aggiungano altri disturbi d’ansia, e anche le depressioni.
Il MS ha molte sfaccettature: alcuni bambini sono così ansiosi che non comunicano per niente oppure solo tramite i gesti (annuiscono, scuotono la testa, alzano le spalle). Altri sussurrano parole, emettono singoli suoni, versi di animali oppure parlano con il linguaggio del bambino molto piccolo. In casi particolari dicono qualche parola oppure intere frasi, però solo a persone selezionate. Possono parlare con altri bambini e non con gli adulti, oppure il contrario.
Nessuno dei bambini appartenenti a questi profili comportamentali ammutolisce intenzionalmente.
Il più delle volte gli adulti credono che i loro bambini siano remissivi oppure che vogliano in qualche modo "provocarli" attraverso il loro silenzio. Di fatto, l'ansia può essere "fredda", in altre parole non si manifesta attraverso l' espressione facciale. E' come se fosse mascherata e "lavata" via dei sentimenti.
Tuttavia non tutti i bambini interessati dal MS sono così per fortuna; in alcuni il corpo reagisce attraverso evidenti manifestazioni che esprimono la sofferenza nella sua componente fisica: il cuore si ferma, le mani impallidiscono, la sudorazione della pelle aumenta e tutti i muscoli sono in tensione e pronti alla fuga.
Come gia`rilevato, il bambino soffre di una paura specifica in precise circostanze (come l’ingresso all’asilo, l’inizio della scuola, un trasloco) che può essere alimentata in modo inconsapevole dalla famiglia, attraverso il modo di rispondere (si veda a proposito il paragrafo "Sette regole che facilitano la parola"). Un dato rilevante è che in circa il 75% dei casi uno dei genitori ha avuto problematiche ansiogene di vario tipo.
Un´attenzione particolare merita infine il fattore ambientale e, in specialmodo, il PLURILINGUISMO. I bambini poliglotti sono tre volte di più colpiti dal MS di un bambino indigeno (riferendoci al caso di Sarah, lei è di origine tedesca e attualmente vive negli Stati Uniti d’ America). Ed e proprio nell'impatto con la nuova cultura che il bambino può incaparre in difficoltà di comportamento sociale e venire palesemente frainteso (mentre impara la lingua straniera può attraversare una fase di silenzio che dura anche un`anno).

3) LE STRATEGIE DI INTERVENTO

Il programma Brave Buddies 

Quanto prima il bambino MS viene preso in carico, tanto più elevate sono le possibilità di recupero. In realtà, come abbiamo visto, giunge all'attenzione del clinico tardi e la terapia dura pertanto più a lungo.
Stevan Kurtz ha sviluppato un programma terapeutico intensivo per bambini dai tre agli otto anni, il Brave Buddies (“Amici coraggiosi”). Il programma è implementato al Child Mind Institute nella forma di trattamento ambulante settimanale e nella forma di giornata unica. Brave Buddies simula un tipico giorno di scuola elementare americano: l’appello della mattina, le presentazioni, situazioni di domande e risposte, il pranzo, il tempo del gioco, le attività e le gite scolastiche. Il tutto è finalizzato alla partecipazione dei bambini, fino ad un massimo di ventiquattro, a svariate situazioni interattive allo scopo di sbloccarlo dal silenzio e allenarlo all'uso della parola in pubblico. Gli obiettivi specifici del programma comprendono la generalizzazione di quanto appreso alla vita reale. 
A disposizione di ogni bambino "coraggioso" sta uno psicologo formato il quale valuta i suoi successi, ovvero la sua motivazione e disponibilità all’aiuto, in un lasso di tempo di cinque ore giornalierie. 
Per poter cominciare il Brave Buddies, viene proposta innanzitutto una situazione interattiva al fine di favorire l'ambientamento del bambino al setting scolastico.
Di seguito, si procede alla descrizione della procedura iniziale rifacendosi al caso di Sarah.
Sarah dapprima gioca con la mamma, poi arriva nella stanza la collaboratrice formata. Non appena la bambina comincia a sentirsi a proprio con lei (al punto di poter dire un paio di parole), la mamma si allontana. Sarah e la collaboratrice giocano insieme, dopo di ché arriva un nuovo bambino. Lentamente i tre procedono nel gioco di gruppo, e le loro parole cominciano a fluire. All’inizio i tre giocano con la porta chiusa, poi con la porta aperta, successivamente nel corridoio, ancora ai bordi della stanza nella quale stanno gli altri bambini. Infine si arriva all’ultima fase del percorso iniziale che è quella di stare in mezzo a tutti gli altri bambini a giocare.
I collaboratori di Kurtz utilizzano il programma terapeutico comportamentale PCIT, Parent Child Interaction Therapy. Un principio di base della terapia è di non esercitare pressione attraverso domande dirette, ma di lasciare liberi i bambini di condurre il gioco e favorire con tranquillità il contatto non verbale. Per i bambini MS ciò è particolarmente importante, dato che sono abituati a ripartire in modo netto il mondo in persone con le quali loro possono parlare e quelle con cui ciò non è possibile. 
Steven Kurtz è del parere che per non aprire un "cassetto" sbagliato è importante per prima cosa non porre alcuna domanda”. Tuttavia, così detta l'interazione bambino-terapeuta potrebbe risultare infruttosa. Allora, come comunicare senza fare domande?
Ci lasciamo condurre completamente dalle idee del bambino, descriviamo cosa fa, lo lodiamo, lo imitiamo e mostriamo il nostro entusiasmo per quello che fa”.
Potrebbero bastare anche solo venti minuti di un’interazione di gioco così condotta affinché il bambino si rilassi e accolga il contatto su di se, attraverso un linguaggio aperto del corpo (es. con il sorriso) oppure attraverso la voce ( es. il verso degli animali, i propri rumori, un sussurrio o, addirittura, una voce regolare).
Quando il bambino comincia a verbalizzare, alcune speciali regole di comunicazione lo faciliteranno nel parlare.

Sette regole che facilitano la parola

1. Innanzitutto è indispensabile non porre domande allo scopo di esercitare la pressione di parlare.
2. Descrivere e lodare cosa fa il bambino per il tempo in cui rimane senza parlare.
Al posto di dire:“ Vuoi assolutamente giocare con le auto” dire: “Prendi le auto… mi piace come posizioni le auto ordinatamente una vicino all’altra”.
3. Porre domande di scelta: “Desideri giocare con l’auto rossa oppure con l’auto blu?”. La risposta è compresa nella domanda e ciò rende il parlare più facilitato.
4. Quando le domande di scelta riescono, porre domande aperte: “A che cosa vorresti giocare come prossimo?”.
5. Aspettare almeno cinque secondi: i bambini con MS rispondono spesso con ritardo.
6. Ripetere quanto il bambino dice e lodarlo sempre con coraggio:
All'affermazione “Desidero giocare con le auto” rispondere “Bene che tu mi abbia riferito che vuoi giocare con le auto. L’hai detto molto coraggiosamente”.
7. Non porre mai domande che richiedono una risposta del tipo Si/No.
(Ciò comporta che il bambino possa rispondere scuotendo la testa e facendo cenni con il capo. In tal modo eviterà di parlare)

Steven Kurtz esemplifica queste regole procedurali, riportando ancora una volta l’esperienza di Sarah nell'ambito del Brave Buddies. Durante il tragitto che la porta ad una gelateria, si esercita al rituale dell’ordinazione* con l’aiuto di un assistente formata (T).
T: “Desideri una pallina di cioccolata oppure di vaniglia?
S: ”Vaniglia”.
T: ”Vaniglia, questo l’hai detto giusto. La vorresti avere in cono oppure nel bicchiere?”
S: "In cono
T: ”In cono, penso che tu mi dica. Vuoi avere sopra i granelli di cioccolato oppure qualcosa d’altro?
S: "Granelli di cioccolato”
T: “Bene che tu abbia detto che vuoi i granelli di cioccolato, questo lo hai riferito con molto coraggio”.

Ripetizione e Lode mandano tre importanti messaggi:
1. Ti ascolto mentre parli;
2. Tu ce l’hai fatta a superare l`ansia;
3. Tu sei coraggioso e trovo cio`positivo.
Le regole comunicative, applicate con costanza, aiutano nel lungo periodo a sviluppare una maggiore tolleranza allo stress e soprattutto ad autoaffermarsi.
Se da un lato il ruolo del terapeuta e`fondamentale nell’aiutare il bambino MS  a cavarsela nelle situazioni quotidiane (come quella del gelato), altrettanto decisivo è il coinvolgimento dei genitori nel programma Brave Buddies. Gli ostacoli si situano in molte piccole situazioni quotidiane: nella scuola quando si è chiamati a rispondere e a domandare, nel gioco con i coetanei, nelle visite ai parenti, nell’ordinare al ristorante e anche quando si ha bisogno di un indicazione stradale... Per poter fronteggiare in modo affermativo queste circostanze, c’e’ bisogno di un adulto che si alleni con il bambino e che sappia riconoscere di quali piccoli passi lui è capace di volta in volta.

*Secondo l’esperienza di Kurtz ci vogliono dai tre mesi ai due anni di lavoro intensivo e paziente per arrivare agli obiettivi comportamentali auspicati.
Forse il suo gelato non può ancora essere ordinato autonomamente, però il bambino è migliorato al punto da sussurrare al padre cosa lui vorrebbe davanti al venditore di gelato. Forse, la prossima volta quel bambino potrà parlare con voce normale al suo papà e a soli tre metri di distanza dal venditore di gelati”.

CONCLUSIONE
Quando Sarah entrò per la prima volta a far parte del Brave Buddies, era cosi ansiosa che non riusciva a tirare fuori niente dalle labbra, se non pochissime parole.
Oggi la bambina non è del tutto "fuori" dal MS. In effetti ci sono ancora situazioni nelle quali ha ancora difficoltà, per esempio quando deve riferire qualcosa davanti alla classe. Però è sulla buona strada considerando che a quattro anni, parlava senza timore solo con tre persone al mondo (la mamma, il papà e il fratello).
Dopo dieci mesi di intenso lavoro e le innumerevoli situazioni sociali affrontate, nelle quali si esercitava quotidianamente tanto con i terapeuti che coi genitori nei repertori dei “discorsi" coraggiosi, la lista di persone con cui Sarah interagiva era salita a settantotto, esclusi camerieri, venditori e tassisti.
Da qualche giorno Sarah corre liberamente sulla via che la conduce a scuola e guarda la mamma dicendo: “Mamma, io sono ora una bambina che parla!

Attraverso l’analisi del caso singolo, l’articolo tenta di offrire una chiave interpretativa del mutismo selettivo e di introdurre il lettore a possibili percorsi di cura. Il programma Brave Buddies rappresenta in questo senso un contributo significativo della letteratura scientifica americana nell’ottica di un trattamento che richiede imprescindibilmente la collaborazione sinergica di terapeuti e genitori.

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
Boris Hartmann e Michael Lange, Mutismus im Kindes-, Jugend- und Erwachsenenalter. Für Angehoerige, Betroffene sowie therapeutische und pädagogische Berufe. Schulz-Kirchner, Idstein 2013 (6. Auflage). 
Laerum Sabine, Das schweigende Kind in Psychologie Heute, Ausgabe 8/2014, S. 40-45. 

SITI D'INTERESSE IN ITALIANO
www.mutismoselettivo.info
A.I.MU.SE (Associazione Italiana Mutismo Selettivo): www.aimuse.it
Blog del Mutismo Selettivo: www.mutismoselettivoblog.net

Data pubblicazione: 26 febbraio 2016

Autore

alessandra.varotto
Dr.ssa Alessandra Varotto Psicologo, Psicoterapeuta

Laureata in Psicologia nel 2009 presso UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVA.
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Veneto tesserino n° 7550.

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