La relazione terapeutica: integrazione tra neuroscienze e psicologia

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“La relazione e le modificazioni neurologiche”.

Un connubio tra neuroscienze e psicoterapie per un approccio integrato in un’ottica Analitico Transazionale

Vorrei qui affrontare teoricamente una questione di rilevante attualità riguardante il rapporto tra le neuroscienze (la neurobiologia in particolare) e la relazione terapeutica (attraverso la chiave di lettura del modello Analitico Transazionale ad approccio integrato) mettendo in evidenza il significato delle scoperte neuroscientifiche per il nostro lavoro terapeutico in riferimento anche alle recenti ricerche sul campo dell’epigenetica[1]. Già Berne, in "Principi di terapia di gruppo" (1966), scriveva: "Di considerevole interesse per l'analisi strutturale è l'osservazione di Penfield e Jasper (1954) secondo cui la stimolazione elettrica di talune zone della corteccia temporale porta a ri-esperire gli avvenimenti passati in una totalità il cui senso corrisponde esattamente a ciò che qui chiamiamo uno Stato dell'Io". Gli organi psichici ipotizzati da Berne rappresentano correlazioni con strutture neuroanatomiche, tutte allora ancora da scoprire, ma della cui esistenza egli sembrava sicuro. Scilligo fa una descrizione “dei principali processi neurali implicati nelle tipiche attività processuali degli Stati dell’ Io del Bambino, del Genitore e dell’Adulto a sostegno dell’idea che i processi relazionali, in ultima analisi, possono essere visti anche come strategia di creazione di equilibri chimici nelle reti neurali del cervello” (Scilligo, 2005, pag. 119). Egli correla, infatti, le definizioni degli Stati dell’Io con i processi emozionali dell’amigdala (Bambino), con la memoria a breve termine dei lobi anteriori (Adulto) e con i processi della memoria a lungo termine dell’ippocampo e della neocorteccia sensoriale (Genitore). Secondo Allen, possiamo dire che gli Stati dell’Io si trovano in diverse zone integrate tra loro nel cervello e che  vi è disturbo quando c’è  disequilibrio in termini energetici riguardo la loro attivazione. Recentemente (Allen, 2003) è stato esaminato il transfert in ambito A.T. utilizzando il punto di vista delle neuroscienze, basandosi sull’assunto che le memorie implicite[2] gestite dall’amigdala siano dinamicamente correlate alle memorie inconsce. Qui stanno gli schemi relazionali primari, le rappresentazioni inconsapevoli che ci portiamo nelle relazioni. Qui sta la radice dell’operazione di transfert che altera i nostri incontri quotidiani, terapeutici e non.
 La recente scoperta dei neuroni specchio ci fornisce una spiegazione dei meccanismi neurobiologici implicati nell’empatia e nel riconoscimento e condivisione degli stati mentali degli altri e della loro risonanza emotiva. Un altro settore di assoluta avanguardia è quello che esplora le relazioni fra epigenetica, comportamento e salute mentale: particolari contesti emotivi, la mancanza di cure parentali, determinano nel neonato alterazioni nei processi di metilazione a livello dell’ippocampo e dell’asse ipotalamo-ipofisaria modificandone l’espressione genica e lo stile di attaccamento (studi su cavie). Secondo Siegel (1999), “per il cervello in via di sviluppo del bambino, l’ambiente fornisce le esperienze più significative influenzando l’espressione genica, che determina il modo in cui i neuroni si collegano tra loro nella costruzione delle reti neuronali che danno origine all’attività mentale”. A livello neurobiologico la centralità, ad esempio, dell’ansia di separazione, il meccanismo di difesa della scissione, i temi di abbandono riscontrabili in particolare nei pazienti con tratti borderline sono stati recentemente studiati anche usando tecniche di tomografia ad emissione di positroni rivelando significative relazioni tra le esperienze relazionali precoci e la  presenza di disfunzioni a livello della corteccia prefrontale mediale e laterale posteriore e le loro connessioni con l’amigdala (Gabbard, 2005, pag. 450). Il contributo delle neuroscienze arricchisce la prospettiva sul formarsi dell’esperienza umana, sulle basi neurobiologiche dello stile di attaccamento, sul formarsi degli schemi relazionali, sulle radici delle posizioni esistenziali, sul protocollo primario di copione. Queste conoscenze hanno un elevato potere esplicativo della dinamica psicoterapeutica e danno centralità all’esperienza relazionale. All’interno del setting, gli stati di coscienza che vi si possono generare vengono condivisi sia dal paziente che dal terapeuta (penso ad es. al maternage, alla holding terapeutica che agisce comunicando contenuti profondi ad un livello preverbale, alla sintonizzazione): oggi possiamo dire, ancor meglio di ieri, che è la relazione che cura. Infatti, “si può dire che i cambiamenti degli Stati dell’Io consistono nell’alterare i processi chimici delle sinapsi nel cervello e tale cambiamento dipende in modo importante dalla natura dell’affettività implicata nei processi relazionali (…)”(Scilligo, 2005, idem). In termini Analitico Transazionali, l’incontro terapeutico può rappresentare un’esperienza ripartiva a più livelli: in terapia  abbiamo, infatti, il coinvolgimento sia della memoria esplicita ad es. a livello di contratto di controllo sociale che, ad un livello più profondo di cambiamento, di quella implicita, come nel caso della deconfusione del Bambino. Nella relazione e nell’apprendimento, secondo l’assioma di Hebb, vale il principio della plasticità e cioè che “le cellule nervose che si attivano rafforzando il collegamento tra loro, in futuro si attiveranno assieme”. In A.T., in una prospettiva neurocostruttivistica, modificare uno Stato dell’Io, dare permessi, interrompere le ingiunzioni, ridecidere equivale a cambiare anche l’espressione di determinate reti neuronali. È fondamentale considerare tali concetti in una dimensione interpersonale in quanto è proprio l’interiorizzazione della relazione terapeutica e la co-costruzione di nuovi significati che conduce al cambiamento e alla cura.  Infatti, come afferma Liotti, “se il terapeuta  interagisce col paziente in modo tale che l’aspettativa inconscia di una ripetizione dell’esperienza negativa venga disconfermata, allora si verificano importanti progressi nella relazione terapeutica” (Liotti, G., 2005, pag. 272). Il premio Nobel Eric R. Kandel nella sua recente opera afferma: “Di fatto, se i cambiamenti indotti dalla psicoterapia si mantengono nel tempo, sarebbe ragionevole concludere che essa porti a differenti modificazioni strutturali nel cervello, così come avviene in altre forme di apprendimento” (Kandel, E.R., 2006, pag. 343) e, rispetto al connubio tra neuroscienza e psicoterapia conclude asserendo: “è questo dopotutto, l’obiettivo ultimo della scienza del cervello: connettere gli studi fisici e biologici del mondo naturale e dei suoi abitanti a una comprensione delle trame più profonde della mente e dell’esperienza umana” (idem, pag. 347).  Credo che questo filone di ricerca possa ulteriormente contribuire a confermare e arricchire, a livello scientifico, le evidenze esperienziali della pratica psicoterapeutica.  

Dott. Fabrizio Boscolo

Psicologo–Psicoterapeuta, Segretario regionale S.I.Psi. (Società Italiana di Psicologia e Psichiatria) regione Veneto, Giudice Onorario Tribunale per i Minori, Certificated Transactional Analyst (C.T.A.).

 

BIBLIOGRAFIA      

 

Allen, J.R., Concepts, competencies and interpretive communities. Transactional Analysis Journal, XXXIII, 2, 2003. 126-147.

Berne, E. (1966). Principi di terapia di gruppo. Roma, Astrolabio,1986.

Gabbard, G.O. (2002). Psichiatria psicodinamica. Milano: Cortina.

Kandel, E.R. (2006). Alla ricerca della memoria: la storia di una nuova scienza della mente. Torino: Codice.

Liotti, G. (2005). La dimensione interpersonale della coscienza. Roma: Carocci.

Scilligo, P. (2005). Stati dell’Io e correlati neuronali. In Scilligo, P. (2005). La nuova sinfonia dei molti sé. Roma: LAS.

Siegel, D.J. (1999). La mente relazionale. Milano: Cortina, 2001.

 


[1] L'epigenetica è una branca della biologia molecolare che studia come l'espressione dei geni può modificarsi (pur rimanendo stabile la loro sequenza) nel corso della vita e in base a influenze ambientali. Per segnali ambientali intendiamo le informazioni provenienti dall'ambiente, gli apprendimenti che, traducendosi in pensieri, credenze, emozioni interagiscono direttamente con la membrana della cellula  e con il suo complesso meccanismo recettore/effettore, che, come un interruttore, attiva il comportamento cellulare.

[2] La memoria implicita è una funzione della mente che contiene e rappresenta le tracce dei primi schemi di interazione con l’ambiente e ci accompagna tutta la vita.

Data pubblicazione: 27 settembre 2011