Il deja vu

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Dr.ssa Luisa Laurelli Psicologo, Psicoterapeuta

DEJA VU

Il déjà vu, chiamato anche paramnesia, è la sensazione di aver vissuto precedentemente un avvenimento o una situazione che si sta verificando.

Il termine fu creato da un ricercatore francese, Emile Boirac nel suo libro L'Avenir des sciences psychiques (Il futuro delle scienze psichiche).

L'esperienza del déjà vu è accompagnata da un forte senso di familiarità, ma di solito anche dalla consapevolezza che non corrisponde realmente ad una esperienza vissuta (e quindi si vive un senso di "soprannaturalità", "stranezza" o "misteriosità"): l'esperienza "precedente" è perlopiù attribuita ad un sogno. In alcuni casi invece c'è una ferma sensazione che l'esperienza sia "genuinamente accaduta" nel passato.

A questo proposito dice Freud: <<Esistono sogni di paesaggi o località nei quali, mentre ancora si sta sognando, si rileva con sicurezza : qui sono già stato una volta. Questo "già veduto" (déjà vu) ha però nel sogno un significato particolare. Qui la località è sempre l'organo genitale della madre, infatti di nessun altro posto si può affermare con tale certezza di "esserci già stati una volta". Una volta sola un paziente affetto da nevrosi ossessiva mi mise in imbarazzo, comunicandomi un sogno nel quale visitava un appartamento in cui era stato due volte. Ma proprio questo paziente mi aveva raccontato tempo prima, come vicenda del suo sesto anno di vita, che una volta aveva diviso il letto con la madre e aveva approfittato dell'occasione per introdurre un dito nell'organo genitale della donna addormentata>>. (p. 367)

Non volendo contraddire Freud, cercheremo di considerare il déjà vu anche da altri punti di vista!

Molti pensano che il déjà vu sia il ricordo di sogni. L'ipotesi è che, seppure vengano solitamente dimenticati prima del risveglio, i sogni possano lasciare qualche traccia non comune nell'esperienza presente. In questo caso, il déjà vu potrebbe essere il ricordo di un sogno dimenticato con elementi in comune con l’esperienza presente. Spesso nell’esperienza popolare questa sensazione rappresenterebbe la possibilità di riconoscere altre vite e quindi altri territori sia fisici che dell’anima. Questo strano riconoscimento sarebbe quindi legato alle vite precedentemente vissute. Spesso in terapia si trovano molte resistenze a “convincere” i pazienti che ciò che si è vissuto ha una grande forza evocativa, ma che in realtà con poche catene associative si può facilmente riavvolgere la matassa e venire a capo dell’elemento che ha scatenato il deja vu.

Data pubblicazione: 22 gennaio 2014

1 commenti

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Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

cara collega, molto interessante questa news che propone una riflessione su uno dei fenomeni effettivamente tra i più bizzarri che possano accadere nell'esperienza comune.

Anche Jung studiò il déjà vu e se ricordo bene propose alcune differenti ipotesi. Tra queste una ha a che vedere con la famosa "sincronicità", principio di nessi acausali.

Ricordo anche un'altra ipotesi, più recente e assai meno evocativa, di Vezio Ruggeri il noto psicofisiologo, che riferiva della possibilità che il fenomeno fosse dovuto alla differita (misurabile in realtà su nanosecondi) tra la percezione sensoriale e l'attivazione cognitiva corticale. In poche parole, da ciò che ricordo, sarebbe possibile anche che la sensazione del "già vissuto" derivi da un qualcosa di effettivamente già vissuto, solo pochissimi istanti prima che quella percezione giungesse ad essere elaborata a livello più cosciente. Ciò si verificherebbe in determinate situazioni molto particolari in cui l'individuo, in un dato stato psicofisico, si trova a rielaborare pezzi inconsci d'informazione che sono rievocati di getto da condizioni esterne specifiche e soggettive.

Comunque è sempre molto stimolante riflettere su questi argomenti.

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