Postumi frattura quinto dito mano dx

Gentile dottore,

circa due mesi fa, in seguito ad una sfortunata caduta per strada, mi è stata diagnosticata una frattura "lievemente scomposta" alla base del quinto dito. La frattura è stata immediatamente ridotta da un chirurgo della mano ed il dito è stato immobilizzato, assieme al quarto, per trenta giorni con stecca zimmer in posizione leggermente flessa.

Allo scadere del mese, dalle radiografie, risultava una perfetta soluzione della frattura. Tuttavia, la mano nel suo complesso rimaneva gonfia e le due dita precedentemente immobilizzate risultavano rigide, estremamente doloranti, specialmente se forzate nei movimenti, e naturalmente flesse nella posizione precedentemente imposta dalla stecca. Inoltre, mentre potevo muovere volontariamente, seppur parzialmente e con dolore, le tre falangi del quarto dito, mi era praticamente impossibile flettere la terza falange del quinto dito se non passivamente. Al riguardo, comunque, un'ecografia ha escluso eventuali lesione del tendine profondo dello stesso dito.

Dopo circa dieci giorni la situazione rimaneva pressochè immutata. In conseguenza, dietro prescrizione medica, ho iniziato la kinesiterapia.

Al termine del secondo ciclo della suddetta fisioterapia (20 sedute), la situazione è sicuramente migliorata: mano meno edematosa; quarto e quinto dito ancora abbastanza gonfi e flessi in posizione di riposo, ma meno doloranti; possibilità di chiudere le dita a pugno, anche se solo passivamente; buona flessione del quarto dito anche volontaria.

Il problema che, tuttavia, ancora persiste è a carico del mignolo: per quanti sforzi faccia, difatti, e nonostante le articolazioni dello stesso siano sostanzialmente libere, quando tento di chiudere volontariamente il quinto dito a pugno, questo viene inesorabilmente bloccato a metà percorso. Anzi, la terza falange sembra addirittura essere richiamata indietro dai tendine/muscoli estensori.

Mi chiedevo, in definitiva, se il problema sia da imputarsi ad una atrofia muscolare o se, viceversa, sia necessario indagare altrove, se potrò recuperare del tutto la fuzionalità del dito ed eventualmente quale sia una ragionevole previsione sui tempi di recupero.

Grazie anticipatamente.
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Dr. Giorgio Leccese Chirurgo generale, Chirurgo della mano 9.7k 317
Gentile Signore,

certamente non si tratta di atrofia muscolare, ma versosimilmente di una incompleta risoluzione della rigidita' articolare, per cui la capsula e i legamenti, non ancora sufficientemente allungati, determinano una specie di ritorno elastico.

Insista con la kinesiterapia attiva e passiva. Due mesi non sono poi tanti.

Buona serata.

Dr. Giorgio LECCESE

NB: il consulto online non può nè deve sostituire la visita reale

[#2]
dopo
Utente
Utente
Caro Dottore.

grazie della tempestiva e autorevole risposta. Non Le nego che mi è di un certo conforto, visto che i fisioterapisti che mi seguono sono, viceversa, un po' sorpresi dalla disfunzione alla quale accennavo nel mio primo messaggio. In particolare, quello che li sorprende è che, oltre un certo livello di flessione del mignolo, il tendine sembrerebbe "perdere tensione" sulla terza falange.

Seguirò senz'altro il Suo consiglio continuando la fisioterapia determinato a recuperare pienamente le funzionalità dell'intera mano. La terrò aggiornato sugli sviluppi.

Ancora grazie
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Dr. Giorgio Leccese Chirurgo generale, Chirurgo della mano 9.7k 317
OK.
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dopo
Utente
Utente
Gentile dottore,

ho subito occasione di riprendere l'argomento pochè proprio ieri ho avuto un consulto col fisiatra a capo della divisione di fisioterapia presso cui sono in cura.

Anche se non è stato in grado di formulare una dagnosi esatta, mi ha un po' spaventato prospettandomi la possibilità di eventuali lesioni delle capsule articolari o dei legamenti che giustificherebbero la "lenta" evoluzione della situazione e che, comunque, impedirebbero in prospettiva la completa ripresa della funzione del quinto dito. Mi ha, ad ogni modo, rimandato al chiururgo della mano per una diagnosi definitiva.

Ora io mi chiedo: esiste un esame obbiettivo che consenta di formulare una diagnosi esatta? É, ad ogni modo, plausibile l'ipotesi del fisiatra? In caso, non esisterebbe una soluzione efficace, eventualmente chirurgica, al problema?

In definitiva, per una "semplice fratturina" - così la definì il chirurgo che l'ha trattata - devo rassegnarmi ad avere un dito che funzioni solo a metà?

Ancora grazie.
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Dr. Giorgio Leccese Chirurgo generale, Chirurgo della mano 9.7k 317
L'unica cosa importante è escludere lassità articolari residue, che indicano una lesione di uno o più compartimenti capsulo-legamentosi (volare, radiale, ulnare).

Se esiste una lesione, ne va valutata clinicamente l'entità, per decidere se è o meno il caso di operare.

Se non c'è lesione oppure essa è minima, solo la kinesiterapia può limitare al massimo le sequele funzionali (rigidità).

Non ci sono altre strade.

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dopo
Utente
Utente
La ringrazio ancora una volta della disponibilità e della chiarezza: spesso le strutture sanitarie mancano di attenzione nei confronti deglli aspetti psicologici del paziente.

In definitiva, quindi, come è possibile diagnosticare eventuali lassità articolari residue? E di chi è la competenza?
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Dr. Giorgio Leccese Chirurgo generale, Chirurgo della mano 9.7k 317
Sono valutate dal chirurgo della mano (spesso, ma non sempre, si tratta di un ortopedico) testando le singole articolazioni durante la visita con apposite manovre.
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dopo
Utente
Utente
Bene, allora credo di essere sulla strada giusta: ho già chiesto un consulto con lo specialista che mi ha operato la mano.

Non mancherò di farLe avere notizie sugli esiti della visita. Ancora un sincero ringraziamento per la competenza e la pazienza dimostrate.
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Dr. Giorgio Leccese Chirurgo generale, Chirurgo della mano 9.7k 317
Di nulla.

Buon W.E.
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dopo
Utente
Utente
Gentile Dottore,

Le scrivo di nuovo per aggiornarLa sugli sviluppi della vicenda che mi riguarda.

Difatti, qualche giorno fa, sono finalmente riuscito a parlare col chirurgo che ha al tempo ridotto la frattura. La sua opinione è che il dito sia "assolutamente sano" e che la ridotta capacità in flessione sia da imputarsi ad una sorta di "incollamento" del tendine all'osso in corrispondenza della frattura, a causa di aderenze formatesi in seguito al ristagno di sangue. Mi ha quindi consigliato di insistere con la kinesiterapia e mi ha dato appuntamento fra due mesi. Egli, difatti, confida in una soluzione non invasiva del problema. Se, poi, per quella data la situazione dovesse risultare ancora invariata, valuterà la possibilità di un intervento di artrolisi.

Purtroppo della stessa opinione non è il fisiatra che (sospetto animato soprattutto dal desiderio di contenere la spesa sanitaria, spero non dall'incompetenza) continua a cercare di distoglermi dal coltivare speranze, e anzi mi invita a sospendere le sedute di fisioterapia.

Sta di fatto che, negli ultimi giorni, proseguendo con l'esercizio, anche il fisioterapista che mi segue ha riscontrato un lento ma costante miglioramento sia nell'aspetto, molto meno edematoso, sia nella capacità di flettersi del dito.

Ora mi domando: più precisamente in cosa consiste l'artrolisi? Si tratta di un intervento a cielo aperto o chiuso? Quali rischi comporta?

Grazie anticipatamente.
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Dr. Giorgio Leccese Chirurgo generale, Chirurgo della mano 9.7k 317
Le consiglio di non porsi queste domande: ora si concentri sulla kinesiterapia, sperando che si riesca a sbloccare la rigidità.

Si tratta di un intervento a cielo aperto.