Idee suicide: pochi chirurghi cercano aiuto

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta

Fino a 1 chirurgo su 16 ha riferito di aver avuto idee suicide nell’ultimo anno, ma pochi cercano aiuto presso un professionista della salute mentale secondo l’edizione di gennaio della rivista Archives of Surgery.

La morte da suicidio è più frequente fra i medici rispetto alla popolazione globale o altre professioni secondo le informazioni riportate dall’articolo. “Sebbene il suicidio abbia forti legami con la depressione, il rischio di depressione fra i medici americani è simile a quello della popolazione globale” scrive l’autore. “Ciò suggerisce che altri fattori contribuiscano a far aumentare il rischio suicidio fra i medici. Tuttavia, l’influenza specifica del tipo di professione o di altre forme di stress diverse dalla depressione, ad esempio il burnout, rimangono in gran parte inesplorate.

Tait D. Shanafelt, della Mayo Clinic a Rochester (Minnesota) e colleghi hanno condotto un sondaggio anonimo fra membri dell’American College of Surgeons, includendo domande sull’ideazione suicida (pensieri o piani suicidi) e l’uso di risorse di salute mentale, uno screening sulla depressione e una valutazione dello stress e della qualità di vita.

Su 7.905 chirurghi che hanno risposto al sondaggio (il 31.7% del totale cui sono stati inviati i questionari) 501 (6.3%) hanno riferito di aver avuto pensieri suicidi durante l’anno precedente. I chirurghi più anziani hanno riportato con più frequenza pensieri di questo tipo: dai 45 anni di età in su il tasso d’ideazione suicidaria fra i chirurghi è fino a 3 volte superiore a quello della popolazione globale. L’essere sposati con figli è associato con una minor probabilità di pensieri suicidi, mentre più alto è il rischio fra i chirurghi divorziati.

“La percezione di aver commesso un errore medico grave negli ultimi 3 mesi triplica il rischio d’idee suicide, ossia il 16.2% contro il 5.4% che non riferisce di aver commesso errori”.

I pensieri suicidi sono stati trovati fortemente associati a stress, depressione e a tutti e tre i domini del burnout: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e bassa realizzazione personale.

Dei chirurghi che hanno riportato pensieri suicidi nel sondaggio, 130 (26%) hanno cercato aiuto presso psichiatri o psicologi, mentre 301 (60.1%) hanno dichiarato di essere riluttanti a farlo per paura di veder compromessa l’autorizzazione a esercitare. Fra i 461 chirurghi (5.8%) che hanno detto di aver usato antidepressivi nell’ultimo anno, 49 (8.9%) se li sono autoprescritti, mentre 34 (7.4%) se li sono fatti prescrivere da amici che non li avevano formalmente in carico come pazienti.

La riluttanza a cercare aiuto è rinforzata dal fatto che l’80% delle commissioni statali americane indaga sullo stato di salute mentale per la concessione iniziale dell’abilitazione alla professione e il 47% lo fa al momento della richiesta di rinnovo. Tuttavia, gli autori notano che molte di queste indagini si focalizzano non tanto sull’accertare se esista un problema di salute mentale, ma quanto esso comprometta il normale svolgimento della professione.

“Sono necessari ulteriori studi per valutare i fattori che contribuiscono all’alto tasso d’ideazione suicida fra i chirurghi, insieme a uno sforzo per ridurre lo stress connesso all’esercizio di questa professione ed eliminare le barriere che portano alla sottoutilizzazione delle risorse di salute mentale”.

Fonte:
T. D. Shanafelt et al. 2011. Archives of Surgery.

Data pubblicazione: 29 gennaio 2011

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