Quando il dubbio diventa patologico

g.nardone
Prof. Giorgio Nardone Psicologo, Psicoterapeuta

Se c’è soluzione perché ti preoccupi,
se non c’è soluzione perché ti preoccupi”

 

Introduzione

Nella  vita quotidiana di quasi tutti noi pensare e ripensare alle cose e, in particolare, alle scelte da adottare, è forse il problema più frequente, fonte di ansia, sofferenze e spesso incapacità personali e relazionali. In questo senso, possiamo dire che la patologia mentale vera e propria che affiora da un dubbio è solo il picco estremo di una difficoltà ben più estesa, tipica dell’uomo moderno posto di fronte alle decisioni più critiche o alla mancanza di certezze” .

Le radici di questo fenomeno si perdono nella notte dei tempi. In principio erano gli elementi naturali e i fenomeni fisici e atmosferici a indicare come operare, poi l’uomo iniziò a scoprire le proprie abilità , elaborando e riflettendo più a fondo sulle scelte.L’uomo moderno, lungo il progresso cognitivo e pratico, ha sviluppato l’illusione di poter controllare e gestire ogni cosa ma, come ci è evidente nella vita di tutti i giorni, per quanto le nostre capacità intellettive, scientifiche e tecnologiche siano così elevate e continuino a elevarsi, questa illusione crolla rovinosamente di fronte all’impossibilità di controllare il caso e, ad esempio, certe malattie o numerosi fenomeni individuali e sociali.

Il bisogno arcaico di sicurezza spinge a cercare il conforto in verità rassicuranti e tale ricerca passa attraverso il ragionamento che, estremizzato, si trasforma da risorsa in limite; questo accade quando si tenta di applicarlo a fenomeni a cui non può adattarsi, come, ad esempio, alle paure irrazionali, ai dubbi, alle relazioni amorose controverse, a situazioni in cui la logica si trasforma in una trappola.

Così il dubbio patologico, problema di natura ossessiva, consiste nel cercare di sciogliere dei dubbi inscindibili, di dare o trovare una risposta razionale ad un qualcosa che non ha nulla di razionale, è una perversione del ragionamento, basata sul presupposto secondo cui, prima di agire,  è necessario individuare la decisione più ‘giusta’.

Non dovremmo mai dimenticare il monito di Kant (1788/1974): « Prima di valutare se una risposta è esatta si deve valutare se la domanda è  corretta ».

Cercare di trovare delle risposte a domande che non possono avere alcuna risposta logica, rimuginare su di una decisione che è già stata presa ed ha sortito degli effetti, su di un evento già accaduto, su una scelta, anche se questa è solo il colore di una maglia,  è come infilarsi dentro un complicato labirinto pieno di corridoi senza uscita dal quale sarà totalmente impossibile evadere.

 

La ricerca di certezze che alimenta il dubbio

"Due eccessi: escludere la ragione, non ammettere che la ragione."
Blaise Pascal

Paradossalmente più l’uomo evolve più si complica la vita, anche se proprio grazie all’incremento delle proprie competenze e capacità ha risolto problemi che affliggevano le generazioni precedenti.

La tendenza dell’essere umano a trovare una spiegazione logica a tutto, anche a quesiti che dovrebbero essere lasciati cadere per la loro stupidità, può diventare una trappola pericolosa.

I dubbi gestiti individualmente sono in grado di scatenare sofferenze talvolta estreme.

Di fronte al dubbio la persona può reagire  tre diversi modi differenti:

  • tentando di trovare risposte certe e rassicuranti a dilemmi irrisolvibili, ovvero la trappola delle ‘risposte corrette a domande scorrette’.
  • Tentando di controllare le sensazioni, le  emozioni e le correlate reazioni fisiologiche, ovvero il paradosso “del controllo che fa perdere il controllo”;
  • tentando  di annullare i pensieri scomodi e temuti, ovvero il paradosso di ‘pensare di non pensare’;

Scendendo nei particolari, cercare di dare una risposta razionale ad un dubbio è come aprire una porta, superarne l’ingresso, per poi trovarsi di fronte ad altre due porte con la necessità di sceglierne una, quindi aprirla, superarne la soglia, per trovarne di fronte altre quattro, poi otto, poi sedici e via dicendo.

Questo perché ogni risposta razionale e logica a un dubbio, che non può essere sciolto razionalmente, genera a catena altre domande la cui risposta dà vita ad altrettanti punti interrogativi, alimentando un circolo vizioso senza fine. Conseguenza: il blocco totale della persona nella sua vita quotidiana.

Un dubbio molto frequente nei giovani uomini, ad esempio, è quello relativo alle tendenze sessuali: «Sono eterosessuale, omosessuale o bisessuale?».
E’ evidente che la risposta a questo dubbio sta nelle sensazioni percepite di fronte a un uomo o di fronte ad una donna e non tanto nei ragionamenti.

La trappola  si innesca quando, col tentativo di studiare e controllare le reazioni, nello sforzo di capire le sensazioni, si altera ciò che è di per sé spontaneo, alimentando l’incertezza sull’identità sessuale. L’intento di far luce sulle proprie naturali tendenze sessuali getta ombre sinistre e alimenta i dubbi.” Si tratta di un circolo vizioso tra pensieri e sensazioni che complica il problema invece di risolverlo.

Il povero individuo, caduto nella sua stessa trappola, è di solito condotto a cercare ulteriori prove sul proprio genere sessuale, sino a mettere in pratica veri e propri esperimenti per verificare l’effetto su di sé, producendo ulteriori incertezze e confusioni, nella maggioranza dei casi accompagnate da sensi di colpa o di disagio.” (G.Nardone, G. De Santis, Cogito Ergo soffro, Ponte alle Grazie, 2011).

Un altro percorso sofferto, intrapreso dall’individuo vittima del dubbio, ha a che fare con la volontà e lo sforzo di respingere razionalmente pensieri intrusivi che turbano la quiete mentale. In questo caso la lotta è tra il pensiero e il pensare: attraverso il pensare ragionevolmente si tenta di annullare un pensiero irragionevole o semplicemente scomodo. La saggezza antica però ci insegna, «pensare di non pensarti è già pensarti». Siamo di nuovo di fronte a un paradosso.

Chi di noi non ha sperimentato la frustrazione e il tormento tentandodi cancellare dalla mente un ricordo sofferto ottenendo tuttavia il risultato opposto? E' il caso di un errore che non ci perdoniamo, o quando gli eventi sono andati diversamente da come avremmo voluto, o quando ci sentiamo in colpa; si tratta di situazioni nelle quali vorremmo cancellare dalla mente i pensieri tormentati che ci affliggono, ma più li combattiamo o cerchiamo di distrarci e piu` questi pervadono e ci rimbombano nella testa. Questa tipologia di tormento del pensiero può essere rivolta sia a ciò che è avvenuto, sia a ciò che sta avvenendo, sia a ciò che deve ancora avvenire.

La trappola «del pensare di non pensare» può riguardare il passato, il presente e/ o il futuro. Possiamo tormentarci per qualcosa che non possiamo più cambiare poiché è già avvenuto, o per qualcosa che stiamo facendo ma della cui realizzazione dubitiamo, oppure per qualcosa che dovremmo fare interrogandoci sui rischi e sui benefici o sulla pianificazione più corretta. Le complicazioni possibili sono pressoché infinite.

Pensare troppo applicando la razionalità ordinaria a fenomeni ben poco razionali e la ricerca di risposte esatte e definitive a dilemmi indecidibili non solo è fallimentare sul piano logico ed empirico, ma provoca anche sofferenza psichica e comportamentale.

Questo disagio della coscienza, che si riflette sulle emozioni e sulle percezioni della realtà , può essere lieve e accettabile, medio e gestibile, anche se con estrema fatica e marcata sofferenza, sino a divenire una delle più atroci forme di psicopatologia.

 

Terapia Breve Strategica del dubbio patologico

"L'ultimo passo della ragione è riconoscere che c'è un'infinità di cose che la sorpassano."
Blaise Pascal

Le forme di patologia psicologica non sono classi di problemi cristallizzate, bensì modelli di relazione con se stessi, gli altri, il mondo, che in base al loro irrigidimento diventano disfunzionali (Nardone & Balbi, 2008). Tali modalità di percepire e reagire in modo insano sono marcatamente influenzate dalle evoluzioni culturali, sociali, biologiche, ma soprattutto dalle costanti acquisizioni scientifiche e tecnologiche,

nonché dal costante incremento della capacità umana di gestire la realtà . Occorre allora sostituire al sistema rigido di relazione disfunzionale un altro più efficace alla risoluzione del problema.

Di fronte a dubbi senza via d’uscita e a tentativi di soluzione che producono ulteriori complicazioni, l’intervento terapeutico non potrà che consistere nell’interruzione del circolo vizioso tra domande improponibili e risposte indecidibili. Ancora una volta l’idea di ippocratica memoria similia similibus curantur rappresenta il metodo per la messa a punto di soluzioni terapeutiche realmente efficaci; è necessario entrare nella logica del sistema patologico e sovvertirne il funzionamento attraverso i suoi stessi criteri.

A tale scopo, si deve fare attenzione a non cadere nella trappola di voler offrire risposte ai dubbi e ai dilemmi che i pazienti tendono a proporre, poiche´ viceversa diventeremmo parti integranti del sistema ricorsivo patologico. Pertanto, la prima posizione terapeutica fondamentale

sarà quella di evitare di dare al soggetto spiegazioni rassicuranti, diagnosi certe o qualunque indicazione che il paziente potrebbe impropriamente usare come risposta ai propri dubbi, ritenendola più  affidabile perché proposta da un esperto.

Come riporta il Dizionario Internazionale della tecnica del "Bloccare le domande per inibire le risposte" è la Tecnica chiave della psicoterapia breve strategica modello Nardone per la risoluzione dei dubbi patologici, messa a punto grazie alla ricerca-intervento eseguita presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo.

I pazienti spesso descrivono i loro dubbi ossessivi come una sorta di continuo «assedio» da parte diun incombente nemico. Più tentano di contrastare il pensiero intrusivo e più esso li sovrasta, intrappolandoli in una battaglia mentale senza fine. In questo tipo di patologia psicologica, la  tentata soluzione usuale disfunzionale è quella nella quale la persona cerca di dare risposte «ragionevoli» e rassicuranti a dubbi e domande «irragionevoli». Per esempio, di fronte al timore di essere abbandonata

dal proprio partner, la persona comincia a cercare una serie di risposte razionali e «ragionevoli» sul fatto che questo non accadrà. Ma siccome nessuna risposta a un dubbio come questo può essere assolutamente «certa», il tentativo di rassicurarsi finisce solo per alimentare ulteriori dubbi, altrettanto «irragionevoli », a cui la persona cercherà di dare risposte sempre più «ragionevoli».

Così facendo, questa si invischia sempre più nella catena ossessiva dei dubbi. Seguendo e sfruttando la logica di questo disturbo, è stata messa a punto la tecnica del «bloccare le risposte per inibire le domande». Si tratta di una ristrutturazione terapeutica (→ ristrutturazione strategica, tecnica della) che viene proposta al paziente come scoperta congiunta di un → dialogo strategico ben strutturato.

La formulazione è la seguente:«Come lei ha già rilevato, non esistono risposte corrette a domande scorrette. Anzi, più cerca di dare risposte corrette a domande scorrette più crea un circolo vizioso di domande e risposte senza fine. Quindi, ogniqualvolta lei cerca di rispondere a una domanda scorretta con una risposta corretta, rende apparentemente corretta la domanda stessa e alimenta la catena di dubbi.

Pertanto, quando lei dà una risposta a un dubbio apre la porta a nuove domande, creando quel gioco senza fine che lei conosce bene. A lei queste domande sorgono spontanee, non le può frenare; anzi, se cerca di frenarle ne verranno di più e se cerca di non pensarci ci penserà di più, perché pensare di non pensare è già pensare!

Quindi lei non può bloccare le domande e i dubbi, perché questi arrivano inesorabilmente; però può bloccare le risposte che dà ai suoi dubbi. E se lei impara a bloccare la risposta gradatamente inibirà le domande, poiché sono le risposte stesse che alimentano le domande». Questa prescrizione, comunicata attraverso una struttura linguistica apparentemente iperlogica ma al tempo stesso ipnoticamente confusiva e ridondante, conduce il paziente a spostare l’attenzione dalla sua usuale tentata soluzione – trovare una risposta – al diventare capace di bloccare la risposta.

Imparando come evitare di dare risposte al pensiero intrusivo, il paziente scopre come la forza dei propri dubbi ossessivi s’indebolisce, fino a farli scomparire.

Nella → ricerca- intervento condotta dalla psicoterapia breve strategica evoluta questa tecnica è apparsa estremamente efficace con la maggioranza dei pazienti intrappolati nel dubbio patologico. Quando il pensiero è troppo forte o il paziente troppo vulnerabile (e ricade spesso nel fornire risposte), viene applicato un ulteriore → stratagemma alla prescrizione: una→ illusione di alternative.

Al paziente viene indicato di «bloccare le risposte per inibire le domande», oppure, qualora il disturbo fosse troppo forte, di prendere carta e penna e trascrivere dettagliatamente tutte le domande e le risposte fino a quando il flusso giunge al suo naturale esaurimento.

Infatti, attraverso la logica paradossale del prescrivere proprio ciò che vogliamo eliminare (→ logica del paradosso), lo scrivere conduce il meccanismo del dubbio al suo stesso autoannullamento. Mediante questa prescrizione, il paziente viene posto in una situazione in cui, che decida di bloccare le risposte o di scrivere esasperando il pensiero, riuscirà comunque a raggiungere il controllo del circolo vizioso tipico del dubbio ossessivo fino a risolverlo completamente. [R. Milanese, C. Portelli]

 

BIBLIOGRAFIA.

  • Nardone G., Psico - soluzioni, 1998;
  • Nardone G., Portelli C., Knowing Through Changing, 2005.
  • Nardone G., De Santis G., Cogito ergo soffro, 2011
Data pubblicazione: 23 gennaio 2015

Autore

g.nardone
Prof. Giorgio Nardone Psicologo, Psicoterapeuta

Laureato in Psicologia nel 1986 presso Università di Siena.
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Toscana tesserino n° 901.

Iscriviti alla newsletter

Guarda anche dubbio