L’epoca dei “nativi digitali”. Infanzia, scuola e social network

francesco.mori
Dr. Francesco Mori Psicologo, Psicoterapeuta

I computer danno esattamente quello che gli è stato immesso; se futilità immettiamo, futilità otterremo

Richard Bandler, 1992

 

Il mondo degli adolescenti odierni, spesso denominati nativi digitali (termine già mutato in touch generation, grazie alla nuova tecnologia touch screen), pone delle nuove questioni rispetto ai processi di apprendimento e della socializzazione.

I primi ad essere allarmati dalla diffusione di Internet sono i genitori; tuttavia, se riflettiamo, risulta evidente un potente paradosso; la maggior parte degli strumenti tecnologici nella mani dei giovani sono regalati dai genitori stessi. Un esempio sono i telefonini, offerti sempre più precocemente anche a bambini delle scuole elementari, per permettere a padri e madri di superare una preoccupazione più grande di quella rappresentata dalla troppa tecnologia: rinunciare a rimanere “sempre” in contatto con i figli.

L’altra istituzione, oltre quella familiare, che avanza con più forza perplessità di fronte all’invasione del cyberspazio è la scuola. Nonostante l’anima “new age”, rappresentata da alcuni insegnanti, spesso più giovani e favorevoli all’ingresso delle nuove tecnologie nei processi di apprendimento, la maggior parte del personale scolastico guarda agli ultimi strumenti della tecnica con sospetto. Questo può essere un grave rischio per la scuola nel nostro momento storico, dato che essa può rappresentare un ottimo mediatore per un uso più complesso del web, che non sia quello aggiornato ma superficiale di Wikipedia.

Più che schermare la scuola con l’idea che i ragazzi si concentrano di più se “isolati” dal resto del mondo, bisognerebbe prevedere interventi creativi di modernizzazione che aprano l’istituzione ai nuovi strumenti in modo da renderla più vicina ai ragazzi.

Questo non significa sostenere le nuove tecnologie tout court, oppure dividersi in fautori e conservatori. Ritengo che un atteggiamento “proibizionista” senza pensiero sia deleterio. I ragazzi di oggi, contrariamente a quanto è stato scritto per anni, non sono indifferenti. L’indifferenza è la reazione ad una relazione che non riesce ad attivare motivazioni. Il compito degli educatori (genitori ed insegnanti) è proprio quello di accendere l’attenzione dei ragazzi e questo non può che essere fatto “giocando nel loro campo”, quindi sfruttando le potenzialità, anche educative, del mondo virtuale. L’errore, come evidenziato in precedenza, sarebbe quello di considerare il web come “nemico”, perdendo un potente alleato nella costruzione di un rapporto con bambini ed adolescenti, sempre meno disposti a seguire gli adulti in modo compiacente.

Come è emerso da una recente ricerca effettuata dal Dipartimento di Sociologia dell’università di Milano Bicocca (http://www.vocidimilano.it/articolo/lstp/42684/) i ragazzi usano internet con uno scarso livello di consapevolezza, nonostante la grande quantità di tempo passato on line. Aiutarli ad utilizzare il web può essere un obiettivo importante. Spesso, infatti, gli allarmismi sono legati all’ignoranza di chi ha scarsa dimestichezza con questi strumenti e pensa che possano portare solamente ad un ritiro sociale e ad un disagio. Con questo non vogliamo sottovalutare il problema della troppa esposizione al web, che è presente e potenzialmente pericoloso; non a caso, si parla con sempre maggiore frequenza di “dipendenze non chimiche”, intese come le tossicodipendenze senza sostanza legate all’uso senza freni di internet, videogiochi, videopoker, ecc.  

Probabilmente piuttosto che generalizzare dovremmo capire, per ogni singolo caso, che significato ha l’uso dei videogames e dei social network, provando a comprendere quando questo utilizzo compie funzioni a sostegno dei compiti evolutivi e quando si intravedono invece segnali preoccupanti. Secondo un indagine compiuto dallo psicologo Matteo Lancini (Università di Milano, 2011), sono proprio gli adolescenti che non usano mai social network e Sms ad avere più problemi relazionali.

Senza banalizzare i rischi (che in caso di eccessiva esposizione all’uso di mezzi virtuali sono numerosi) è importante tener conto degli aspetti educativi che la tecnologia mette a disposizione, come esperienza importante nel processo di crescita e di manutenzione delle relazioni del giovane odierno.

Data pubblicazione: 28 settembre 2013

3 commenti

#1
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Mi piace l'impostazione di questo blog, perché concordo sul fatto che gli effetti collaterali dello strumento siano enfatizzati quasi sempre a sproposito sulla rete da chi riportano dati che si tramandano da un sito all'altro.
Poi quando si va a fare una ricerca seria della letteratura si verifica che NON ESISTE LETTERATURA, ma solo risultati di sondaggi che vengono spacciati per studi.
Sul consulto online ad esempio, se si esclude lo studio della Microsoft del 2007 (ma aveva scopi del tutto diversi) sin qui esiste un solo studio in chiave prospettica a partire da una griglia di catalogazione ed è stato eseguito dal sottoscritto
proprio sul campione di Medicitalia

https://www.medicitalia.it/salute/senologia/6-consulti-online-in-senologia.html

da cui si evince ad esempio che i "nativi digitali o Next Generation" che sono in prevalenza gli utenti in questo studio, e non sono né cybercondriaci, come i pregiudizi diffusi si aspetterebbero, né responsabili delle tante bufale di cui si parla sulla rete, a conclusione di sondaggi che vengono sspacciati, tanto per ripetermi, per studi attendibili.

Complimenti !

#2
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Mi scuso per i refusi (non avevo riletto il testo).

#3
Dr. Francesco Mori
Dr. Francesco Mori

Concordo assolutamente dr Catania,
i pregiudizi relativi all'uso della tecnologia sono molti e spesso legati all'ignoranza.
Come al solito non sono gli strumenti a creare i problemi ma l'uso che se ne fa.
Grazie per lo spunto

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