1. Esercizio fisico e malattia renale cronica
Aspetti generali
Ad ogni età, una regolare attività fisica, anche moderata, contribuisce a migliorare la qualità della vita in quanto influisce positivamente sia sullo stato di salute (aiutando a prevenire e ad alleviare molte delle patologie croniche) sia sul grado di soddisfazione personale (contribuendo a sviluppare dei rapporti sociali e aiutando il benessere psichico).
L’esercizio fisico, infatti, riduce la pressione arteriosa, controlla il livello di glicemia, modula positivamente il colesterolo nel sangue, aiuta a prevenire le malattie metaboliche, cardiovascolari, neoplastiche, le artrosi e riduce il tessuto adiposo in eccesso. Inoltre, riduce i sintomi di ansia, stress, depressione e solitudine e comporta benefici evidenti per l’apparato muscolare e scheletrico.
L'esercizio fisico, preferibilmente di tipo aerobico, non deve essere necessariamente intenso: per essere fisicamente attivi sono sufficienti semplici movimenti che fanno parte della vita quotidiana, come il camminare, ballare, andare in bicicletta e fare i lavori domestici.
Infatti, l’attività fisica è definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come “qualsiasi movimento corporeo prodotto dai muscoli scheletrici che richiede un dispendio energetico”. Ippocrate (460-377 a.C.) affermava che “se potessimo dare ad ogni individuo la giusta quantita di nutrimento e di esercizio fisico, ne troppo ne poco, avremmo trovato la giusta strada per la salute”.
Relazioni tra ginnastica e salute sono state riprese da Galeno (129-201 d.C.), “la ginnastica rientra nell’ambito dell’igiene e le e' sottoposta” e “il giudizio su questa arte (ginnastica) attiene al potere curativo che spetta al medico”.
Piu vicino ai nostri tempi Mercuriale riportava che “la ginnastica giova alla salute…la giusta miscela di comportamenti corretti puo prolungare lo stato di benessere delle persone”. Emerge come, fin dai tempi antichi, l’attivita fisica fosse considerata parte integrante del concetto di salute. Nel corso dei secoli lo stile di vita si e' significativamente modificato.
La sedentarieta, tipica della nostra societa, comporta un incremento della mortalita e della morbilita cardiovascolare, come sottolineato dal documento del 2002 “Reducing Risks, Promoting Healthy Life” della World Health Organization (1). L’inattivita fisica, insieme al fumo di sigaretta, all’ipertensione arteriosa e alla dislipidemia, rientra tra i 4 principali fattori di rischio cardiovascolare con ricadute economiche in termini di spesa sanitaria.
Esiste una relazione dose-risposta tra passaggio dalla sedentarieta a un’attivita fisica moderata e beneficio per la salute. Negli ultimi anni è stata data molto importanza al concetto di fitness: termine di difficile traduzione (letteralmente, idoneita, forma, convenienza, opportunita);la fitness puo essere definita come “stato dinamico di benessere fisico, psicologico e sociale risultante dalla pratica di un’attivita motoria adeguata alle capacita/possibilita e alle esigenze/preferenze di ciascun individuo”(European Health Fitness Association)
Aspetti Specifici
Quello che è stato dimostrato essere valido nella popolazione generale è stato dimostrato essere singificativo anche nella popolazione di pazienti con malattia renale cronica di vario grado (dagli stadi iniziali alla dialisi al trapiantato renale).L’aspettativa di vita dei pazienti in emodialisi e ridotta infatti di 4 volte rispetto alla popolazione generale, soprattutto a causa di eventi cardiovascolari; in questa popolazione, la patologia cardiovascolare si correla con un alterato livello di fitness.
E' presente in tal senso una ridotta capacita aerobica associata a una perdita di massa muscolare. L’atrofia muscolare costituisce, nei pazienti in dialisi, un fattore predittivo indipendente di mortalita: concorrono alla sua determinazione diversi elementi (acidosi, infiammazione sistemica, alterato stress ossidativo, tossine uremiche, anoressia, citochine proflogistiche, alterazioni endocrine) che comportano uno shift in senso proteolitico del metabolismo delle cellule muscolari scheletriche con una progressiva perdita di massa magra.
Nel corso degli anni, sono stati proposti programmi di attivita fisica nei pazienti con malattia renale cronica nei vari stadi e nei trapiantati di rene,per cercare di ridurre la perdita di massa muscolare e per migliorare la capacita aerobica e muscolare. I primi studi (anni ’70) evidenziavano un incremento del massimo consumo di ossigeno dopo periodi di training di 8-12 mesi, svolti al di fuori delle sedute dialitiche. Nel 1986 Painter ha condotto il primo studio sull’esercizio fisico nel di una seduta dialitica (14 pazienti, 30 minutidi esercizi aerobici per 3 volte alla settimana durante la seconda o la terza ora di dialisi), evidenziando unincremento del picco di consumo d’ossigeno dopo un periodo di training di 3 mesi, con un ulteriore adattamento cardiovascolare dopo 6 mesi.
Cheema ha segnalato che l’esercizio fisico e ingrado di ridurre i fattori di rischio primari indipendenti per mortalita precoce (atrofia muscolare scheletrica, flogosi sistemica, fitness cardiovascolare).
Nonostante i risultati ositivi, una regolare attivita fisica rimane di scarsa pplicazione nella gestione clinica dei pazienti con un’insufficienza enale cronica (problemi di tempo, trasporto,motivazione). Nell’ottica di una piu capillare diffusione della cultura dell’attivita fisica nel paziente in dialisi, e stato recentemente istituito, nell’ambito della Societa Italiana di Nefrologia, uno specifico Gruppo di Studio; e stato,inoltre, avviato un protocollo di studio (EXCITE) che prevede,nei pazienti dializzati con una comorbidita vascolare,un’attivita fisica a bassa intensita aerobica (20 minuti dicammino) nei giorni interdialitici.
Recentemente sono stati pubblicati i primi risultati di detto studio; dopo sei mesi di allenamento i pazienti randomizzati all'allenamento a bassa intensità presentavano una maggiore capacità nel test del cammino e migliori parametri cardioavscolari (pressione arteriosa e frequenza cardiaca). Da questo studio,ha preso le mosse un'altra valutazione su pazienti con insuffcienza renale cronica stadio III-IV non in dialisi.
Il gruppo di pazienti in terapia conservativa che riceveva un allenamento a bassa intenistà tre volte settimana per 12 mesi aveva una progressione della malattia renale cronica più lenta rispetto il gruppo di controllo. In generale,l'esecuzione di esercizio fisico a bassa intensità (camminare per 20 minuti tre volte a settimana) permette sia nel paziente con fuznione renale esaurita in dialisi,sia in quello non in dialisi in terapia conservativa un miglioramento dei parametri cardiovascolari ed un ritardo nella progressione della malattia renale cronica. Ulteriori studi in tal senso,si renderanno necessari,per identificare meglio i parametri da porre in studio per il confronto.
La fitness dei pazienti in dialisi ha importanti ripercussioni anche sui programmi di trapianto; l’allungamento dei tempi di attesa in lista, fattore predittivo di mortalita e morbilita, contribuisce a facilitarel’insorgenza di disabilita nel post-trapianto, soprattutto nella popolazione piu anziana. Kutner, in un’analisi retrospettiva su 366 pazienti con un trapianto di rene, segnala che il livello di attivita fisica nel periodo di permanenza in lista di attesa e' un indice predittivo di morbilita e mortalita post-trapianto.
Analoghi dati sono riportati da Yangoin 64 pazienti trapiantati di eta superiore ai 60 anni.
Nei vari gruppi di lavoro presenti in tutto il mondo,sono stati proposti programmi di attività fisica di tipo “inter-dialisi” (ovvero eseguiti nei giorni al di fuori della seduta dialitica) e programmi intradialisi (durante la seduta dialitica).
In entrambi i casi i fattori limitanti la diffusione di tali prgrammi sono correlati a: alti costi gestionali (soprattutto i programmi interdialisi con necessità di strutture e personale dedicato) e la scarsa motivazione dei pazienti (programmi intradialisi).In generale,il protocollo ideale per la gestione dell'esercizio fisico del paziente con insuffcienza renale cronica (in dialisi ed in terapia conservativa),dovrebbe prevedere sia un allenamento di natura cardiovascolare aerobico a bassa intenistà,sia un allenamento di forza in grado di determianre un incremento della massa muscolare.