Le complicanze nella chirurgia dell'ernia cervicale

In un’epoca in cui osserviamo una incredibile “escalation” di denunce ai medici, mi sembra opportuno ricordare che il medico non ha obbligo di risultato, ma di mezzi.

Credo di far cosa gradita riportando,in breve, pressochè tutte le complicanze possibili, ma che rarissimamente si verificano, cercando al contempo di rassicurare come tale chirurgia al giorno d'oggi ha raggiunto standard di alta tecnologia ed estrema sicurezza.

Complicanze e insuccessi fanno parte della stessa ars medica  e nella maggior parte dei casi sono riferibili a eventi imprevedibili e imprevenibili.

Vediamo quali complicanze si possono verificare in corso di intervento, nonostante si mettano in atto tutte le strategie di prevenzione possibili.

Per quanto riguarda le complicanze più comuni, seppur altrettanto rare, esse consistono in:

a) infezione della ferita che può comportare medicazioni giornaliere fino a guarigione spontanea ovvero per 2° intenzione.

Un processo  infettivo può instaurarsi nonostante si siano adottate e rispettate tutte le condizioni di asepsi. Man mano che i tempi chirurgici vanno avanti il grado di sterilità  diminuisce. Inoltre, la presenza di germi presenti nell’organismo del paziente ne possono essere responsabili.

b) Formazione di ematoma nella sede chirurgica  che potrebbe comportare la revisione chirurgica per la sua asportazione. Tale evenienza solo se non riconosciuta in tempo può portare a gravi conseguenze, exitus compreso.

La sede cervicale di accesso al rachide è ricca di vasi di calibro consistente (arteria carotide, vena giugulare, arteria tiroidea ecc.). Della loro lesione in corso di intervento, seppur può apparire drammatica, se ne ha ragione applicando le procedure di emostasi. Al di là di questa evenienza, nel decorso post operatorio, si può instaurare la formazione di un ematoma per sanguinamento del plesso venoso epidurale a seguito della decompressione midollare una volta rimossa l’ernia discale e/o gli osteofiti. Un provvedimento semplice come l’applicazione di un piccolo drenaggio in aspirazione è sufficiente a scongiurare tale complicanza.

c) Disturbi della deglutizione e della fonazione, molto rari, dovuti all'infiammazione o alla temporanea compressione del nervo laringeo ricorrente, necessaria per accedere al piano della vertebra su cui si interviene. Altra causa può essere la compressione sulle corde vocali del tubo endo-tracheale necessario per la narcosi.Tale disturbo è nella maggior parte dei casi reversibile nell'arco di qualche mese.

Sappiamo che il n. ricorrente di destra fa un’ansa a livello circa di C5-C6-C7 per dirigersi poi alle corde vocali, mentre a sinistra quest’ansa si trova circa a livello dell’arco aortico, quindi al di fuori del campo chirurgico.
Sarebbe pertanto prudente aggredire i dischi intervertebrali cervicali con l’accesso da sinistra, ma ciò diventa difficoltoso ergonomicamente per il chirurgo destrimane.
Praticando l’accesso da destra è quindi necessaria una maggior attenzione, riconoscendo visivamente la struttura nervosa e cercando di non effettuare eccessiva trazione nell’applicare le valve dei divaricatori eventualmente protette da cotonoidi applicati sulle rispettive punte.

d) Lesione della membrana durale che avvolge il midollo spinale. Questa evenienza solitamente non comporta alcuna complicanza, ma, nel caso, si eviterà di applicare il dispositivo intersomatico sia per evitare una seppur poco probabile irritazione del midollo non più protetto dal suo involucro sia per prevenire possibili fatti infettivi.

La membrana durale può lacerarsi durante le manovre di asportazione del legamento longitudinale posteriore. La fuoriuscita di liquor non necessita di riparazione, cioè di una sutura (diversamente da come è obbligatorio in sede lombare) poiché le naturali pulsazioni del midollo e la vicinanza del sacco durale ai corpi vertebrali provvedono in breve tempo a far cessare la liquorrea.

e) Deficit neurologici quali paralisi di uno o entrambi gli arti superiori o dei quattro arti. Tale rarissima complicanza può verificarsi per fattori circolatori imprevedibili e imprevenibili

L’irrorazione del midollo è  più precaria che in qualsiasi altro organo, non esistendo un vero e proprio circolo anastomotico, cioè una rete di vasi che, in caso di ostruzione di uno di essi, riesca a vicariare una insufficienza circolatoria. Quindi una improvvisa ipotensione potrebbe esserne la causa.
Una lesione diretta del midollo, iatrogena,  è molto improbabile se le varie manovre chirurgiche vengono effettuate con la delicatezza e fermezza necessaria, calibrando il peso della propria mano e dello strumento usato. Questa destrezza la si raggiunge a seguito di una curva di apprendimento molto ampia.

f) Rottura e/o dislocazione del/dei dispositivi intersomatici vertebrali (cage). Anche questa evenienza è estremamente rara. In tal caso si renderà necessario il reintervento che potrebbe essere più invasivo del precedente.

E’ difficile che una cage o protesi si dislochi in modo completo. Non è quindi facile rimuoverla soprattutto a distanza di tempo. In tali casi la sua rimozione comporta una somatotomia, cioè l’asportazione della parte centrale del corpo di uno o più vertebre e il reinserimento di cages più lunghe e di placche contenitrici.

g) Lesioni, rarissime, dei visceri del collo con necessità di riparazione chirurgica immediata.


Infine dobbiamo accennare anche a quelle complicanze che si potranno verificare se la patologia non dovesse essere trattata per esempio per rifiuto del paziente.

Nell’informare il candidato all’intervento dei rischi e complicanze chirurgiche (come è obbligatorio compilando il consenso informato) è altrettanto obbligatorio e corretto informarlo dei rischi cui va incontro rifiutando l’intervento.

Questi sono sostanzialmente tre:

  1. La necessità di assumere per lungo tempo farmaci antidolorifici, antinfiammatori con le conseguenze che possano derivare dai loro effetti collaterali, spesso molto gravi.
  2. Il mantenimento della compressione mieloradicolare può danneggiare irreversibilmente le funzioni sensitivo-motorie
  3. Nelle persone anziane soprattutto, un’ernia, un osteofita restringono necessariamente lo spazio tra il midollo e il  muro posteriore vertebrale. Tale situazione è a rischio in caso di bruschi movimenti del collo, come per esempio a seguito dei colpi di frusta.

In questo caso l’indicazione chirurgica può essere considerata eccessiva e mal sopportata dal paziente asintomatico.

Un buon rapporto di fiducia medico/paziente può contribuire a rassenerare le comprensibili perplessità e apprensioni e a chiarire con scienza e coscienza la necessità di una necessaria terapia chirurgica.

Noi sappiamo che la chirurgia dell’ernia cervicale è risolutiva nella stragrande maggioranza dei casi, ma a una condizione:  che l’indicazione a operare sia corretta.

Per ottenere questo è necessaria non solo la capacità diagnostica  e ovviamente chirurgica di chi si dedica a tale chirurgia, ma soprattutto un serio lavoro di equipe tra neurochirurghi, chirurghi vertebrali, fisiatri, neurologi e medici di famiglia sfruttando le risorse che ognuno può apportare al fine di ottenere i miglior risultati possibili, nell’ambito di una materia tra le più affascinanti che è ancora oggi ampiamente aperta sempre a nuove e interessanti acquisizioni.

 

Data pubblicazione: 29 aprile 2013

16 commenti

#1
Foto profilo Utente 263XXX
Utente 263XXX

ehhhh si io sono entrata in ospedale per ernia espulsa il giorno prima con le mie gambe si con forti dolori ma il giorno dopo l'intervento paralisi dell'arto inf.dx e sono rimasta in ospedale per 21 giorni e a distanza di un'anno sofferenza radicolare non riesco a deambulare bene e senza sostegno e il piede non si alza per niente cosa devo pensare???? dopo che tutti dicono che non recupero più.

#2
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Utente 263XXX

ehhhh si io sono entrata in ospedale per ernia espulsa il giorno prima con le mie gambe si con forti dolori ma il giorno dopo l'intervento paralisi dell'arto inf.dx e sono rimasta in ospedale per 21 giorni e a distanza di un'anno sofferenza radicolare non riesco a deambulare bene e senza sostegno e il piede non si alza per niente cosa devo pensare???? dopo che tutti dicono che non recupero più.

#3

Gentile utente,
quanto Lei descrive è probabilmente riferibile ad un'ernia lombare e non cervicale.
Se il deficit del piede perdura da 1 anno, il recupero in effetti può essere difficile.

#4
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Utente 263XXX

mi scusi non mi sono resa conto che stavate commentando l'ernia cervicale.Stà di fatto che per il mio caso dicono tutti che non ci sarà più recupero però non sanno dirmi il perché nel 2013 succedono queste cose e lasciare una persona invalidante senza darmi una spiegazione.

La ringrazio

#5

Gentile signora,
il deficit dello SPE (così si definisce il disturbo da Lei descritto, ovvero il nervo che fa muovere il piede è lo sciatico popliteo esterno le cui fibre originano dalla 5° radice nervosa lombare).
Nel Suo caso tale radice era compressa da un'ernia fuoriuscita tra la 4° e la 5° vertebra.
Durante l'intervento di asportazione dell'ernia si può verificare questa complicanza per molti motivi non sempre evitabili.

#6
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Utente 263XXX

mi sa che stavo meglio prima dell'intervento a parte le punture di voltaren e muscoril la mia vita era normale altro che interventi sai come entri in sala operatoria e non sai come esci, anche se il neurochirurgo ti assicura: 2 giorni e va a casa tutto facile sulla pelle degli altri.grazie

#7
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Utente 323XXX

Egregio Dr. Migliaccio,per scongiurare la formazione di ematoma nella sede chirurgica, quanto tempo deve rimanere applicato in situ il drenaggio? Mio padre è stato operato all'ernia cervicale e ha sviluppato un ematoma. Dopo l'operazione gli avevano applicato un drenaggio ma lo hanno rimosso dopo massimo 10 ore. Volevo sapere se c'è un tempo minimo in cui è necessario mantenere il drenaggio per valutare l'ipotesi della responsabilità medica. La ringrazio anticipatamente

#9
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Dr. Giovanni Migliaccio

Gentile utente 323632,
l'intervento è stato eseguito per via anteriore o posteriore?
Che problemi sono insorti a seguito della formazione dell'ematoma?
Non c'è un tempo stabilito per mantenere il drenaggio. Può variare da 12 a 24 o più ore a seconda del tipo di intervento e della sede anatomica in cui esso viene effettuato.
Una responsabilità medica è prospettabile solo se sono evidenziabili dei danni all'integrità psico-fisica del paziente.

Cordiali saluti

#10
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Utente 331XXX

Dottore, io vorrei capire meglio le complicanze sull'alterazione dell'equilibrio biomeccanico in seguito all'intervento in artrodesi cervicale. Sono un soggetto di anni 37 che lo scorso 11 Novembre 2013 ha subito un intervento di microdiscectomia cervicale C4 C5 con applicazione di Cage in Peek medtronic (no viti) e relativa induzione del processo di artrodesi tra le due vertebre interessate. L'intervento si è reso necessario a causa di una grossolana ernia che pressando la radice nervosa aveva creato una perdita di forza consistente sul braccio sx sul gruppo degli extra rotatori (deficit quantificabile a seguito di prove dinamometriche tra il 60% sullo sforzo singolo e l'80% ripetendo a fatica). Il problema di forza è rientrato velocemente, con il solo tono dei muscoli da recuperare, il decorso dell'intervento mi dicono essere regolare e il recupero motorio della mobilità del collo nei tempi.
Mi hanno fatto presente la controindicazione dell'aumento del carico meccanico sul segmento prossimo e io ho il disco c5 c6 già leggermente protuso. Sono sempre stato un soggetto sportivo, pratico principalmente Corsa quotidiana, bici e sci, viaggio molto in auto (20.000Km anno) e in aereo. Mi è stato detto che posso continuare a praticarle ad eccezione della palestra (facevo spesso trazioni di sollevamento). Sto eseguendo una riprogrammazione posturale e svolgo fisoterapia regolare unita a ossigenoozono terapia sulla muscolatura paravertebrale.
Non so se anche per una questione psiologica, ma man mano che la muscolatura del collo si scioglie, mi pare di avvertire l'aumento del carico meccanico verso la base del collo. Quanto è statisticamente probabile l'ernia sul segmento prossimo? Devo evitare lo sport? Quali pratiche di quelle citate sono più deleterie? Data la mia giovane età che prospettive ho?
Ringrazio anticipatamente

#11
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Utente 584XXX

Buongiorno. Una domanda da profano. La radioterapia stereotassica che si usa per le metastasi cancerogene e che suppongo necrotizzi i tessuti targetizzati riducendone le dimensioni può essere utilizzata per eliminare gli osteofiti che comprimono il midollo in area cervicale c5-c6? Se si, sono mai stati tentati approcci di questo tipo e in quali ospedali?

#13
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Utente 584XXX

Grazie per la risposta. Ho letto quali sono i protocolli usati in caso di mielopatia cervicale. La mia domanda verte a capire se la RST non sarebbe comunque in grado di disgregare il tessuto osseo osteofitario. Grazie

#16
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Utente 584XXX

Grazie per la sua disponibilità.