Al bando il test d'ingresso per gli studenti provenienti da altre università europee
Gli studenti che hanno scelto di seguire la vocazione del "camice bianco" iscrivendosi ad un università straniera e ora vogliono trasferirsi in Italia, non dovranno sostenere il test d'ingresso per l'ammissione al primo anno.
Lo ha stabilito una sentenza del consiglio di stato in adunanza plenaria. Secondo i giudici come riporta la sentenza "una limitazione, da parte degli stati membri, all'accesso degli studenti provenienti da università straniere per gli anni di corso successivi al primo della facoltà di medicina e chirurgia si pone in contrasto col principio di libertà di circolazione".
In contrasto per la libertà di circolazione di un numero talmente elevato che va ad aggiungersi al numero di studenti gia iscritti dopo regolare accesso e superamento del test d'ingresso?
Tralasciando la mancanza di meriti da tempo ormai in disuso, forse questi giudici non sono al corrente dell' impossibilità da parte delle università italiane di poter iscrivere altri studenti a causa degli spazi ridotti in termini di strutture, di aule non sufficenti a garantire delle lezioni efficaci che permetterebbero un giusto grado di apprendimento ma soprattutto della saturazione della professione medica in un periodo di crisi cosi importante e drammatico che investe ogni settore professionale e non, ormai da 5 anni.
Se il quiz non è dunque obbligatorio per chi vuole tornare in Italia dopo aver iniziato l'esperienza universitaria all' estero, la sentenza chiarisce che gli atenei devono effettuare "un rigido e serio controllo" sul percorso formativo degli studenti, e da escludere inoltre una generalizzata prassi migratoria. Mi chiedo solo come è possibile valutare il percorso formativo del singolo studente in un università pubblica in cui ogni matricola si può gestire solo autonomamente fin dal primo giorno seguendo solo la "massa" anche per raggiungere i vari dipartimenti in cui seguirà il suo corso previsto nel suo piano di studi.
Gli stessi docenti sono "attrezzati" per numeri esigui di studenti e non gruppi da 200/300 matricole, e questi giudici credono che il corpo docenti universitario italiano ha la possibilità di poter controllare il percorso formativo di ogni singolo studente? Come possono nascere in questo modo medici seri e preparati in tutto questo marasma generale?
Non so se i miei quesiti troveranno mai una risposta, ma forse il ministero dell' università e della ricerca scientifica dovrebbe valutare con attenzione questi problemi al fine di tutelare non solo il diritto allo studio ma anche la sicurezza della salute del cittadino-paziente attraverso la formazione di una classe medica all' altezza di questo importantissimo compito.
Fonte: redazione de Il dentista moderno