Fiabe e Psichiatria - Ossessioni e paure

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Diabetologo, Medico delle dipendenze

Nella fiaba la famiglia reale celebra la nascita della primogenita, ma evita di invitare la strega del luogo, per il timore che potesse portare mala sorte. Questa si presenta lo stesso, e mostra di capire che non si è trattato di una dimenticanza, ma della volontà di tenerla lontana: così, per dispetto, lancia un cattivo augurio alla bambina, con la predizione che questa morirà pungendosi con il fuso di un arcolaio e morrà prima di compiere i 16 anni. Per fortuna, l’ultima delle fate che stavano porgendo i loro omaggi, e che ancora non aveva pronunciato il suo augurio, rimedia al maleficio: la ragazza non morrà ma cadrà in un sonno profondo fino all’arrivo del principe che la salverà. Il re, non accettando la sorte, ordinerà di bruciare qualsiasi fuso, e penserà così di rendere impossibile l’avverarsi della maledizione, ma non ci riuscirà, perché un fuso sfuggirà alla ricerca e sarà proprio quello con cui la principessa si pungerà.

 

Le ossessioni spesso hanno contenuti spaventosi: malattia, morte di sé o altri, contaminazione, perdita del controllo sul proprio comportamento, calamità o catastrofi, e così via. La reazione istintiva di chi le ha è cacciar via la paura, con la rassicurazione o con la spiegazione razionale che ricaccia la strega-ossessione da dove è venuta. In realtà, l’ossessione si presenterà, come la strega non invitata, a rilanciare la sua paura, superando la forza delle spiegazioni e della rassicurazione.

Allora la persona proverà a far qualcosa, un rituale, per eliminare le possibilità concrete che la paura possa davvero realizzarsi, e questa è la parte più faticosa di solito, iniziano rituali mentali o comportamentali, tempo perso inutilmente. Nessun rituale per quanto accurato e perfetto, nessuna spiegazione per quanto raffinata e esaustiva potrà eliminare la possibilità, anche minima, che la paura possa realizzarsi. Infatti, l’ossessione non è uccisa dalla ragione, anzi, la ragione non potrà che convincerci che la paura è “improbabile”, ma mai impossibile. E’ come cercare di proteggersi dalla pioggia con un ombrello sempre più grande e spesso, che tuttavia ha comunque un piccolo buco sopra la propria testa. Le fate disapprovano il re che cerca stupidamente di controllare il maleficio, loro sanno che è inutile, che non è quella la via. L’unica via, anziché cercare di uscire dal maleficio con una formula contraria, è quella di “addormentare” il regno e la principessa, addormentarli per evitare che muoiano, che soccombano. Questo equivale alla strategia con cui si gestiscono le ossessioni: non si spiegano, non si argomentano, il contrario: si fa il modo che il cervello stacchi la spina, si addormenta la ragione che alimenta l’ossessione e si attende il risveglio del pensiero “liberato” dal maleficio delle ossessioni. Accettare l’eventualità che la paura si realizzi, in maniera che il cervello automaticamente riporti il pensiero su un piano intuitivo, e non analitico: sul piano intuitivo la paura si può oscurare, sul piano analitico-razionale invece no, rimarrà sempre un angolo nascosto, un pertugio attraverso cui la paura farà l’occhiolino, dietro cui rimarrà nascosta e protetta, senza che si possa proclamarla falsa o impossibile al 100%.

Le fate quindi insegnano la psicoterapia anti-ossessioni: accettare la possibilità temuta, il temuto “maleficio” e cercare di oscurare il pensiero in sé, non ragionandoci ma tenendolo senza risposta, dormiente. Questo lavoro, così come nella fiaba, naturalmente è artificiale: nella fiaba sono le fate, e nella realtà sono le cure. E come nella filosofia della fiaba, se c’è una strega e un maleficio non ha senso chiedersi perché e cosa significa, ma mettere in campo le fate che conosciamo, che siano farmaci, tecniche verbali o comportamentali, o entrambe insieme.

Data pubblicazione: 21 luglio 2011

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Diabetologo, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

Specialista con oltre 25 anni di esperienza clinica e di ricerca in psichiatria, focalizzato su dipendenze da oppiacei, doppia diagnosi e terapia farmacologica. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche internazionali e docente universitario, ha ricoperto ruoli di rilievo in società scientifiche e comitati editoriali. Riconosciuto per contributi innovativi nella gestione integrata delle dipendenze e nella farmacoterapia personalizzata.

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7 commenti

#1
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Ricorda la misantropia degli artisti .

Rimanendo in tema ,mi allaccio alla mitologia e di come i greci erano soliti a simboleggiare il polipo come simbolo del male in contrapposizione al delfino simbolo massimo di tutto ciò che era buono.il polipo e i suoi tentacoli il cui agitarsi colpiscono la fantasia diventando sinonimo di ingordigia e avidità subita. Ma grazie alle trasformazioni storiche avvenute col tempo, il polipo assume una connotazione positiva .infatti si narra che in tempi antichi un paesino di Tellaro(sp) veniva assalita dalle scorrerie dei saraceni ,che portavano lutti,rapimenti e quat'altro .A TEllero ,la cui chiesa si affacciava sul mare, gli abitanti riuscirono a salvarsi da questi infidi ,perché ogni qualvolta che stavano x arrivare la campana suonava cosi ché i cittadini avevano il tempo di fuggire sulle alture.Incuriositi dal farro si nascosero x vedere chi fosse a suonar la campana e si accorsero che era il polipo.

I piu grandi ed assillanti problemi sono quelli del principio e della fine delle cose ,e di fronte ad essi nn vi sono che due posizioni possibili: O la fede nella risposta data dalla" rivelazione divina" o l'inesorabile tormento dell'anima che si chiude in un disperato silenzio.

#2
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Semplice! Perché la giusta idea di democrazia si avrà quando nn si vorrà essere schiavi ,ma neanche si ambirà ad esser padroni delle idee.forse ,finalmente ,cesserà l'andazzo di fare strada con le idee degli altri da parte di chi ,con il proprio cervello ,nn ha assolutamente nulla da dire! Pardon ! Uscir fuori tema ,ma sto sassolino dovevo togliermelo :) grazie . A presto,se le farà piacere ! Ciao .

#3
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Sono d'accordo sulla prima parte. In quanto alla seconda, non so a chi sia rivolto il sassolino di preciso, ma non ho mai visto forma di potere che si fondi sull'amore universale, né alcuna che garantisca l'onestà delle persone. La democrazia è una parola che tutti vogliono nella speranza di far prevalere la propria posizione, e che le altre non contino.

#4
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Hai mai provato a spiegare ad una persona che nn beve vino il sapore del vino?ecco ,l'amore universale deve esser scoperto ,liberato dagli strati di paura,ira ed egoismo che lo incrostano come vecchia gommalacca

#5
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Sa e' un po' come quelle persone che si auto referenziano e pensano di riuscir a parlar d 'amore quando nella loro vita c è tutto(figli compresi) tranne che l'amore ,la persona amata... e allora si ripiega alla cosa più ovvia possibile,il sesso. la VIta è sempre chiara e comprensibile .

"ognuno è l'unico responsabile di tutti"-exupery.

Sorrido.."ognuno è l'unico responsabile di tutti"

#6
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Buon fine settimana .

#7
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Buonasera dottore,
Dopo aver letto questo articolo mi e venuta in mente come la fiaba sia considerata nociva nel mondo dell'ideologia gender in contrapposizione all'uso terapico dagli addetti ai lavori
*Le fate,in questa fiaba ad esempio , insegnano le terapie anti-ossessioni *.
Suggestiva come immagine.
Le fiabe non dovrebbero ,quindi,incentivare chi le ascolta ,verso la scoperta della sua identità ,verso lo districarsi dei conflitti interiori e delle paure?
Non dovrebbero aver lo scopo di aiutare a procedere verso soluzioni ,dimostrando (a secondo della fiaba) che è possibile superare o controllare le avversità ,e non nel tentativo di evitarle o di esserne colpiti ,risiede la possibilità di crescita?

Non c'è forse ,come al solito ,una confusione
tra l'identità di genere studiata a livello multidisciplinare da voi addetti ai lavori ,con l'ideologia del gender diffusa erroneamente da internet e i media ?

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