Distimia: "cosa hai fatto in tutti questi anni ? Sono andato a letto presto"

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Diabetologo, Medico delle dipendenze

Distimia "atipica": il letargo depressivo dopo la delusione

Il termine distimia indica una forma attenuata di depressione, che si confonde con uno stato esistenziale, un destino, quindi qualcosa che uno si può anche spiegare come la naturale perdita di interesse per la vita dopo aver ricevuto delusioni gravi e fondamentali, o per non aver mai avuto occasioni diverse dalla normalità e dal grigiore della fatica quotidiana.

Esistono però almeno due forme di questa depressione minore, che hanno significato diverso. Una forma tipica, che è primaria, una minore spinta vitale che dall'inizio fa sentire la vita come qualcosa di pericoloso, impegnativo, e quindi consente una qualche felicità ma dentro un cerchio piuttosto stretto di relazioni, occasioni e novità. Esiste poi una diversa condizione, il distimico "in esilio", cioè chi è in una fase, anche per anni, di ritiro e di apparente disinteresse e freddezza, e la vive come la naturale reazione alla delusione o alla perdita dei riferimenti che aveva, con la sensazione che la vita lo abbia respinto, colpito ingiustamente o non lo abbia ripagato degli entusiasmi che un tempo aveva messo nelle sue illusioni.

C'è un film che dipinge nei suoi vari personaggi anche questo destino umorale, "C'era una volta in America" di Sergio Leone, con due personaggi interpretati da Robert De Niro e James Woods, Max e "Noodles". Sono due gangster cresciuti nel quartiere ebraico di New York, e diventati ricchi e potenti durante il proibizionismo. Ma mentre il più cauto e riflessivo "Noodles" medita una posizione di basso profilo, fedele alla strada e diffidente delle alte sfere del crimine, invece Max progetta la rapina del secolo in maniera del tutto "impossibile", e dall'altra tesse relazioni con politica e alte organizzazioni. Alla fine l'amico, giudicando Max "impazzito" tenterà di salvargli la vita non presentandosi alla rapina ma denunciandolo anonimamente, meglio in carcere che morto. Invece, i compagni moriranno apparentemente tutti in uno scontro a fuoco con la polizia. Rimarrà sempre con il rimorso di ciò che ha fatto (tradire l'amico) e con il rimpianto amaro che quel gesto non abbia avuto poi alcuna utilità. Rimarrà però anche con un interrogativo, e cioè perché anziché essere arrestati prima della rapina, la polizia li abbia massacrati in uno scontro a fuoco. E con un altro, cioè perché siano spariti i soldi dalla cassa comune della banda. Convinto di essere braccato dagli ex amici che lo considerano una spia, e senza più un futuro a New York, fugge e cambia identità. Tornerà dopo anni e anni, ormai anziano, per chiarire il mistero.

Quando torna, in incognito, si fa ospitare da un vecchio amico, l'unico di cui si fidi. L'amico lo accompagna subito nella sua stanza, non sono più i tempi delle notti bianche e delle feste, vuole andare a letto presto, appena arrivato, stanco del viaggio. Prima di congedarsi per la notte cerca di rompere il ghiaccio, come per dire "insomma, che mi racconti ?", e gli chiede "Noodles, che cosa hai fatto in tutti questi anni ?". Risposta "Sono andato a letto presto".

Questa è un po' la distimia "atipica". Essere da lungo tempo soltanto degli operai della vita, svegli per lavorare ma stanchi per divertirsi. Quelli che alla sera trovano consolante il sonno, e faticosa ogni altra cosa. Non la trovano materialmente faticosa, ma priva di senso, anzi, in un certo senso "ce l'hanno" con la vita, che in passato li ha trattati male, illusi e delusi, sedotti e abbandonati. E' come se aspettassero qualcuno che bussa alla porta per far ripartire il senso della vita, il mordente, qualcosa in cui credere dopo che la fede e lo spirito di un tempo sono andati perduti. Il distimico appende il cappello all'attaccapanni e si corica perché pensa che sia più dignitoso così, quasi si vergogna di aver avuto un passato di sogni, illusioni ed entusiasmi. Alla luce dei fallimenti, gli sembra di essere stato sciocco prima e saggio poi, ma in questa saggezza si sente triste e amareggiato.

Alla fine, il mistero è svelato. Nessuna rapina fallita, nessuna strage nello scontro a fuoco con la polizia. L'amico Max aveva architettato d'accordo con i poliziotti un piano per sterminare gli amici, rubare la cassa della banda e farsi credere morto, per iniziare una nuova vita al servizio di un'organizzazione più grande e potente sotto falso nome. In ultimo, sognava di soffiare la fidanzata a Noodles. Così infatti è stato, Max è il senatore Bailey, è sposato con l'ex donna di Noodles, ed è ricchissimo. Ormai però al termine dei suoi giorni vuole chiudere i conti, e vuole che l'amico sappia e che lo uccida con le sue mani, accettando le sue scuse in cambio.

Noodles, con la vena ironica che la distimia atipica ha e che fa intuire la vivacità nascosta sotto la cenere, non ha la forza di entrare in questo groviglio di tradimenti, patti scellerati, e finzioni. Si limita a calcarsi il cappello sulla testa, non asseconda l'amico e se ne ritorna via, nell'anonimato da cui era uscito fuori dopo quel silenzio di anni. Come a dire, era meglio il dubbio onesto e il rimorso di aver fatto uccidere per sbaglio l'amico con la sua soffiata, che la verità di essere stato inconsapevolmente tradito, e di aver avuto per anni un rimorso infondato. Meglio aver sofferto per amicizia vera, non avrebbe vissuto felice nella consapevolezza che tutto quello in cui credeva (l'amicizia per prima) era invece una pura illusione. In faccia all'amico Noodles De Niro dice laconicamente "No so di cosa stia parlando. Io avevo un amico, è andata male a lui ed è andata male a me. Questo è tutto". E se ne va.

Nella terapia della distimia, specie sul versante psicoterapico, è importante recuperare, nell'uscita dalla fase depressiva, quei valori che complice lo stato distimico si sono però cementati, ed anche imparare a non rimpiangere troppo quel che si ritiene di aver perduto. A volte è stato un bene allontanarsi senza sapere tutto da situazioni che hanno fatto soffrire, e riscoprirle solo dopo, a distanza. Questo può anche aiutare a dare un senso al proprio temporaneo "esilio" dalla vita, e permettere di girare pagina quando è arrivato il momento.

Data pubblicazione: 13 novembre 2011

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Diabetologo, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

Specialista con oltre 25 anni di esperienza clinica e di ricerca in psichiatria, focalizzato su dipendenze da oppiacei, doppia diagnosi e terapia farmacologica. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche internazionali e docente universitario, ha ricoperto ruoli di rilievo in società scientifiche e comitati editoriali. Riconosciuto per contributi innovativi nella gestione integrata delle dipendenze e nella farmacoterapia personalizzata.

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1 commenti

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Now just let me sleep
I don't wanna talk
have nothing nice to say
I'm just sleeping in your hand.

Don't make me up too soon
I don't want to see the world
I need to be no one
all I want is just to be

We can be so strange
we can be so wild
even when we love
even when we lie
Be conscious of my love
be conscious of my love, love.

Please just let me float
nothing matters less than time
my thoughts are so remote
your hand is open wide.
We can be so strange
we can be so wild
even when we love
even when we lie

We can be so strange
we can be so wild
even when we die

I'm sleeping in your hand

Anche questa volta sono andata a caccia di una canzone che rappresentasse uno stato simile a quello sopra descritto dal Dr. Pacini ed ho trovato questo testo di Elisa molto interessante: è “Sleeping in your heand”.
È la descrizione di ciò che si vuole e che non si vuole quando ci si trova in uno “stato latente” come quello distimico in cui il proprio essere è sospeso, diventa una sorta di potenziale non espresso, diventa muto.
Non si parla infatti perché manca la voglia di farlo, infatti si sente di non avere niente di interessante da dire, niente di carino, e niente da poter offrire.
Ci si sente come dentro una bolla, che galleggia per galleggiare, senza una direzione e si sente che l’unica dimensione presente è quella del tempo perché si è in uno stato di attesa.
Elisa dice “lasciami dormire” non perché ha il desiderio di dormire ma perché non ha scelta, lei in realtà vorrebbe essere svegliata ma non troppo presto, non in quel momento della sua vita in cui non è in grado di vivere (“don’t make me up too soon”), non in quelle condizioni.
I suoi pensieri sono “so remote” , così lontani che sembrano assenti, si trova in uno stato surreale come quello illustrato da Salvador Dalì nei suoi quadri, in cui tutto appare fermo e distorto ma resta consapevole del suo amore, lo sente in lontananza e vuole che lui lo sappia così da non abbandonarla per questa sua temporanea assenza.
L’unico suo desiderio che appare chiaro dalla canzone è quello di “essere” , di ritornare dall’esilio, di vivere.
Nell’attesa non può fare altro che accoccolarsi nella mano del suo amore.
Insieme a questo commento voglio darvi anche una testimonianza: io sono stata una distimica/depressa, mi sto ancora curando ma al momento sto davvero bene, quindi con le medicine giuste e con uno specialista in gamba vi assicuro che se ne esce! Curatevi: è un vostro diritto, ma badate a mettervi nelle giuste mani.

Per chi non ha confidenza con l'inglese metto anche la traduzione del testo, e faccio i migliori auguri a tutti.

Adesso lasciami dormire
non voglio parlare
non ho nulla di carino da dire
sto solo dormendo nella tua mano

non svegliarmi troppo presto
non voglio vedere il mondo
non ho bisogno di essere nessuno
tutto quello che voglio è "essere"

possiamo essere così strani
possiamo essere così selvaggi
anche quando amiamo
anche quando mentiamo
sii cosciente del mio amore
sii cosciente del mio amore, amore

per favore lasciami galleggiare
non c'è niente più importante del tempo
i miei pensieri sono così remoti
la tua mano è spalancata
possiamo essere così strani
possiamo essere così selvaggi
anche quando amiamo
anche quando mentiamo

possiamo essere così strani
possiamo essere così selvaggi
anche quando moriamo

sto dormendo nella tua mano

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