Omosessualità: da Avicenna alla depatologizzazione mancata

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Dr. Manlio Converti Psichiatra, Psicoterapeuta

Mille anni fa nel primo libro di medicina giunto sulle sponde di Salerno, in lingua araba e poi latina, Avicenna parlava di Alabene per indicare i maschi effeminati che hanno rapporti sessuali con altri maschi, indicando chiaramente che la loro fosse una malattia mentale e non fisica e dettando una terapia a base di preghiera, astinenza e torture fisiche.

Due secoli fa Kraft Ebing usò invece proprio la parola Omosessuale, inventata da poco dalla nascente comunità gay tedesca per indicare in realtà con orgoglio i gay virili e distinguerli da quelli effeminati. Nei suoi celebri trattati Omosessualità è una malattia psichiatrica da curare con asprezze e terapie che oggi chiameremmo torture fisiche.

Per un secolo i trattati internazionali ICD e DSM hanno ripetuto la lezione di Kraft Ebing indicata in Italia con il codice 208.3 a causa del quale anche persone famose, come il poeta Braibanti ed il suo giovane compagno di buona famiglia, furono condannati, il primo alla prigione, il secondo alle torture del manicomio.

 

Solo la legge 180 in Italia già nel 1978 e la più generale tendenza a negare l’esistenza dell’omosessualità da parte della società e delle stesse persone gay o lesbiche italiane, ha permesso al sottoscritto di diventare Medico e Psichiatra, invece che finire in Prigione o in Manicomio, ma il pregiudizio feroce soffoca le aspirazioni dei colleghi omosessuali e soprattutto danneggia l'utenza lesbica e gay che afferisce al SSN o agli studi privati.

 

Nel 1982 la pandemia dell'HIV causò una recrudescenza del pregiudizio, raddoppiandolo con il panico dell'untore, formalizzato dall'impossibilità di parlare di Preservativo o del tutto di AIDS anche attraverso le Asl ed i mezzi di comunicazione di massa.

Dal 1990 l’OMS ha finalmente riconosciuto che l’Omosessualità è una “normale variante della sessualità umana” e ad esso si sono adeguati tutti i paesi occidentali mentre dal 1999 sempre l’OMS ha dichiarato le Terapie Riparative (un misto di preghiera e tecniche psicofisiche per cambiare orientamento sessuale) assolutamente “illegali ed ai limiti della tortura” e di recente soprattutto “prive di ogni fondamento scientifico”.

 

Gli studi successivi hanno dimostrato che le "Terapie Riparative" sono metodiche religiose e para-psicologiche usate ai limiti della tortura, che permettono solo al 12% delle persone di "negare" la propria condizione omosessuale ed avvicinarsi ad un partner del sesso opposto, fortemente motivato anch'esso alla salvezza spirituale del "reprobo".

Tutti costoro d'altra parte sono bisessuali, ma la teoria delle "terapie riparative" ignora questa realtà. Tutti costoro tornano ad avere rapporti omosessuali nel giro di due anni, nascondendoli con pervicacia, soprattutto se sono assoldati dal magistero religioso che li usa come spot per dimostrare che l'omosessualità è una malattia guaribile.

L'88% di quanti subiscono le terapie riparative soffrono moltissimo per la mancata accettazione sociale, restano ovviamente omosessuali o bisessuali ma perdono la capacità di creare relazioni stabili, aumentando il rischio di crisi relazionali ed infezioni da MTS. Costoro vanno soprattutto incontro a gravi crisi depressive con un aumento notevole dei casi di suicidio.

 

Un buon psicologo o psicoterapeuta, quindi anche un Medico di Famiglia, uno Psichiatra o un altro medico consultato, deve secondo l'OMS e l'Ordine degli Psicologi italiano accogliere in modo neutrale ogni proprio utente, considerando sempre possibile che sia omosessuale o bisessuale, deve evitare ogni accenno a pregiudizi omofobi, deve permettere al paziente di dichiararsi omosessuale o bisessuale e nel caso questi si senta in conflitto con la società o la famiglia a causa dell'omofobia deve confortarlo ed aiutarlo a praticare in alternativa un percorso di "Terapia Assertiva" per aumentare la confidenza in sè stesso e la propria emancipazione da contesti ostili.

 

La verità però è che per i Medici ed i Chirurghi in Italia, invece, si usano i codici dell’ICD IX CM che parla ancora di una patologia l“Omosessualità Egodistonica” con il codice 302.0, avvicinandola come se non bastasse alla pedofilia con un codice simile (302.2).

 

Secondo una ricerca ISTAT del 2011 i professionisti omosessuali maggiormente danneggiati dall’Omofobia sono i Medici, che subiscono maggiore discriminazione al rovescio da parte dei loro pazienti.

Allo stesso modo le ricerche ISTAT e quelle delle associazioni nazionali, come ARCIGAY, hanno dimostrato che la maggior parte delle persone omosessuali e tutte le persone transessuali hanno subito atti di omofobia da parte del personale del SSN.

 

Possiamo allora concludere che oggi la maggior parte dei medici omosessuali vive ancora una condizione di subalternità gravissima a causa dei pregiudizi omofobi ma è l’utenza a subire ancora i maggiori danni, proprio quando l’accoglienza dovrebbe essere parte della cura e della guarigione che offriamo come medici e come chirurghi.

 

Data pubblicazione: 11 dicembre 2012

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