Psicosomatico: che cosa vuol dire?

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo

Il concetto di psicosomatica nasce con la psicoanalisi e ha una lunga tradizione. Io considererò la psicosomatica dal punto di vista della teoria cognitivo-comportamentale. Quello che è interessante e che si osserva secondo questo punta di vista è il radicale cambiamento di prospettiva rispetto alla psicoanalisi:  si passa infatti dalla lettura del sintomo come meccanismo di difesa, ricco di significati psicologici e sostenuto da una personalità narcisistica, a un modo che l’individuo ha di organizzare il proprio fluire esperienziale in base al proprio corpo. Questo significa che la persona ha uno stile di conoscenza particolare (di tipo psicosomatico, appunto) e un modo di dare significato a sé e alle proprie esperienze e relazioni.

 

Tratti caratteristici del paziente psicosomatico                                                                                                                                           Lo psicosomatico non padroneggia le credenze, i desideri, le intenzioni, perché non ha un vocabolario mentalistico adeguato. In altre parole non è allenato a trovare le parole per descrivere ciò che sente perché non lo ha mai fatto. L’azione, in questo modo, precede il pensiero. Dall’azione, lo psicosomatico, cerca di inferire quello che pensa e quello che sente. Ad esempio una persona con tratti psicosomatici potrebbe dire “L’ho baciato, se l’ho baciato vuol dire che lui mi piace”

Nella persona che funziona in questo modo l’interpretazione di che cosa il corpo esprima è molto difficile. La lettura delle proprie emozioni e dei propri stati mentali presenta un’impossibilità di decodifica anche soggettiva, che costituisce un problema anche perché lo psicosomatico, in questo modo, non si sente capito dagli altri.

Uno degli obiettivi della psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale è ridurre gradualmente il deficit di auto-consapevolezza del paziente psicosomatico, tramite lo sforzo di attribuire significato intenzionale a quanto accade.

L’unico strumento che lo psicosomatico ha per capire qualche cosa di sé è il corpo, ma a loro volta i segnali espressi fisicamente non sono di così facile comprensione: “se mi batte così forte il cuore è perché l’altro mi fa paura o perché mi piace?”, e la confusione aumenta.

I segnali del corpo sono in prima battuta molto lenti e sottosoglia, ma quando diventano più visibili ci troviamo di fronte a un disagio più marcato: alopecie, ulcere , dermatiti, colite e tutti i disturbi psicosomatici non sono un punto di partenza ma il risultato di un processo lungo che ha un inizio lontano nel tempo.

Tra le emozioni tipiche dello psicosomatico c’è la vergogna.

Egli si sente come se fosse trasparente e se tutte le sue emozioni fossero leggibili per gli altri. Sentendosi così “leggibile” possono scaturire facilmente anche un senso di inferiorità e inadeguatezza, tipiche dello psicosomatico.

La delusione è un’altra delle emozioni ricorrenti provate dallo psicosomatico. Nelle relazioni, infatti, lo psicosomatico cerca approvazione e tende ad idealizzare l’altro, affezionandosi e avvicinandosi molto. Quando poi percepisce qualcosa di negativo, c’è un crollo repentino dell’immagine idealizzata.

Altra caratteristica è la dipendenza dal contesto, che determina la possibilità di sintonizzarsi sulla figura di riferimento di quel particolare ambito. Lo psicosomatico è molto competente ed efficace a livello sociale perché è in grado di sintonizzarsi con l’interlocutore e muoversi come lui, o meglio sul desiderio dell’altro. È abile a comprendere e fare ciò che l’altro si aspetta che lui faccia. Ad esempio i pazienti possono dire “Il mio ragazzo vuole fare l’amore con me: se va bene per lui, è ovvio che va bene anche per me”.

Va da sé che per lo psicosomatico, con questi tratti e questo funzionamento, è importantissimo il giudizio dell’altro. Poiché non è possibile un accesso diretto alle proprie emozioni e ai propri desideri, domanda all’altro una valutazione su di sé: “Com’è andata?”, magari dopo aver sostenuto un esame e aver ricevuto complimenti dal professore. Quindi ha bisogno di prendere in prestito il giudizio altrui, che però lo mette in difficoltà perché non è suo e soprattutto perché rischia di sentirsi invaso da questo giudizio.

L’alessitimia è un altro aspetto importante per lo psicosomatico: si tratta di un deficit dell’elaborazione cognitiva e della regolazione delle emozioni. In particolare si riscontra:

-      La ridotta capacità di identificare e descrivere le emozioni

-      Difficoltà a distinguere tra le proprie emozioni e le sensazioni corporee

-      Limitata capacità immaginativa

-      Stile cognitivo orientato verso l’esterno

L’alessitimia è una condizione clinica che porta alla riduzione dell’esperienza emozionale sia a livello soggettivo, sia a livello interpersonale. L’incapacità di riconoscere le proprie emozioni ostacola la loro regolazione e la verbalizzazione e la loro condivisione. Il risultato è la scarsa capacità di rappresentarsi mentalmente le emozioni e di focalizzarsi sulle sensazioni somatiche che accompagnano l’attivazione emotiva.

 

Disturbo psicosomatico o ipocondria?

Secondo la teoria cognitivo-comportamentale, l’ipocondria è l’espressione somatoforme di un disturbo fobico. L’ipocondriaco concentra i suoi timori sulla paura di ammalarsi, presentando un vissuto di propria debolezza, sia un’apparente irragionevolezza del timore di malattia, sia un ascolto eccessivo dei segnali del proprio corpo.

Lo psicosomatico invece comunica attraverso il corpo, ma senza rendersi conto pienamente dei segnali che il suo corpo manda. È più preoccupato sull’esterno, sul visibile e trascura l’interno, l’inosservabile i cui segnali vengono completamente trascurati e non enfatizzati come fa invece l’ipocondriaco preoccupato costantemente per la propria salute.

 

Data pubblicazione: 11 dicembre 2011

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