La vergogna: nemico invisibile e silente

r.gagliardi
Dr.ssa Rita Gagliardi Psicologo, Psicoterapeuta

Mi soffermo, seppur brevemente, su un argomento che ha ricevuto l'attenzione della ricerca psicologica negli ultimi decenni: la Vergogna. Da questi studi emerge una emozione, una sensibilità che se caratterizza la persona, se è presente come inclinazione, limita e danneggia il funzionamento psicologico della persona stessa.

La vergogna è un’emozione della quale nessuno ignora l’esistenza ma che si tende a banalizzare e sicuramente a sottovalutare, sia nei significati che nelle conseguenze.

Nel corso dell’attività di psicoterapeuta ho trovato questa emozione alla base di molti sintomi e disagi psicologici. Ho anche verificato le ripercussioni della vergogna interna sulla vita della persona e continuo a verificare l’importanza di trattare e risolvere la vergogna ai fini di un buon funzionamento psicologico, ai fini di un’espressione personale piena ed appagante.

Gershen Kaufman ha trovato connessioni tra la vergogna e i disturbi alimentari, le fobie e i disturbi sessuali. Così come pure risultano connessioni con i disturbi depressivi e ossessivo-compulsivi.

Che cosa è la vergogna?

La vergogna è un’emozione profonda, è una sensazione negativa e dolorosa che riguarda se stessi, la propria persona.

La vergogna colpisce il nostro senso di identità e il vissuto personale più profondo.

Ci si sente male per quello che si “è”. La vergogna, ad esempio, provoca dei dubbi sulle proprie capacità; provoca la sensazione che qualcosa di fondamentalmente sbagliato sia in se stessi; porta spesso a sentirsi non amabile. Ne sono esempi le convinzioni interne “io non sono come gli altri”, “gli altri hanno qualcosa che io non ho”, “sono incapace”.

C’è un profondo rifiuto di se stessi.

La vergogna si può manifestare fisicamente in vari modi. La manifestazione fisica più conosciuta è “arrossire” ma possiamo avere una serie di espressioni come ad es. distogliere lo sguardo, mordersi le labbra, agitarsi, il blocco della parola, la confusione e l’interruzione della capacità di pensare, il vuoto di memoria…

La vergogna induce a nascondere e mascherare

Essa è quindi  l’espressione di un danno che ha subito l’autostima, la percezione della propria persona.

Per questi stessi vissuti la vergogna induce a “nascondere” e “mascherare” ciò che è percepito come negativo, cioè se stessi.

Nascondersi vuol dire qui sottrarre se stessi al “giudizio negativo” degli altri, vuol dire nascondere ciò che nel proprio vissuto è “impresentabile”. Aprirsi all’esterno diventa allora innaturale, faticoso e a volte angosciante.

Sottrarsi al contatto con l’esterno vuol dire in primo luogo l’inibizione del contatto visivo, vuol dire anzitutto evitare di guardare e di essere guardati.

Negli occhi si concentra molto la rappresentazione della vergogna e del cancellarsi, del nascondersi. Gli occhi racchiudono infatti un contenuto simbolico molto intimo e profondo. Tutti conosciamo l’espressione “gli occhi sono lo specchio dell’anima”, “guardare la persona negli occhi”. La stessa espressione “vedere” è usata inoltre per intendere un processo che va oltre quello organico della percezione di oggetti: si tratta della capacità di vedere nel senso di “intendere”, “comprendere” e "penetrare il vero".

All’altro, o agli altri, vengono attribuiti i giudizi negativi di stesso.

Essere assaliti dalla vergogna vuol dire quindi vivere se stessi, la propria persona, oggetto di disprezzo. La persona che è portatrice di vergogna si sente limitata, ridicola, non apprezzabile. Questi giudizi negativi di se stesso vengono spesso attribuiti agli altri. La persona pensa di essere valutata e giudicata negativamente dall’esterno (…pensano di me che non valgo nulla…che non sono all’altezza…che non sono adatto…che sono ridicolo, etc).

Pertanto nella vergogna è di centrale importanza il giudizio degli altri, ciò che gli altri pensano. Ecco allora che “fare bella figura”, “essere all’altezza”, diventano riferimenti interni prevalenti e vincolanti. Le espressioni personali risultano in tal modo irrigidite, poco elastiche e taluni eventi negativi vengono vissuti ed interpretati in modo errato, in funzione della scarsa autostima e del negativo senso di sé. Accade allora che “sbagliare”, “non sapere”, “non riuscire”perdono il naturale significato dell’esperienza ed assumono il significato di prova della propria incapacità e della propria inadeguatezza.

La vergogna è un sentimento che ogni persona conosce. E' un sentimento riconosciuto da maggior parte degli studiosi come universale ed è presente, in misura diversa, in tutti noi.

Provare vergogna non costituisce di per sé un fatto negativo. Questa emozione diventa negativa quando limita e compromette l’espressione personale, quando diventa parte integrante di una persona, quando incide sulla propria autostima e sull’immagine di sé.

L’esperienza della vergogna è stata rintracciata nell’essere umano sin dalle fasi iniziali della vita ed è considerata conseguenza del naturale ed inevitabile autoregolazione delle pulsioni e dei bisogni nei primi anni di vita.

L’essere umano nasce quindi con la capacità di provare vergogna ma in realtà essa è un’emozione che si acquisisce. E’ nella relazione con l’ambiente, soprattutto dei primi anni di vita, che questa sensibilità diventa “propensione”.

Situazioni specifiche ed esperienze ripetute possono incidere nel determinare l’immagine di se stessi, possono sviluppare ipersensibilità e vulnerabilità eccessiva della propria autostima che, di conseguenza, viene percepita in pericolo o attaccata.

L’identità di un bambino si definisce intorno e attraverso le relazioni. Si sviluppa attraverso l’esperienza e il vissuto di se stesso che, nel relazionarsi, il mondo esterno gli rimanda. Se questa immagine di sé è “sminuita” si svilupperà la paura di essere esposti, di impotenza ad agire, di ritiro dalle relazioni; si sviluppa quindi l’inibizione della propria capacità di esprimersi.

I messaggi esterni che hanno più potere in tal senso sono quelli che provengono dalle persone più importanti. Sono le persone che amiamo, che ammiriamo e che pertanto hanno il potere “affettivo” . In primo luogo questo è nelle mani dei genitori, ma anche i messaggi degli insegnanti sono importantissimi. Così come anche i coetanei possono ferire il bambino e l’immagine di sé.

E’ importante anche ciò che l’adulto si aspetta dal bambino: le richieste, le aspettative devono essere ragionevoli e realistiche, adeguate cioè all’età.

Nella vergogna, dietro la vergogna, c’è il giudizio e c’è l’azione di qualcuno, con più potere del bambino, che ha provocato il suo sentirsi piccolo e impotente.

Sottovalutare la sensibilità dei bambini ed intervenire su di essi con comportamenti, rimproveri, parole o espressioni che offendono nell'intimo vuol dire esporli ad esperienze dolorose che disegnano ed imprimono interiormente una percezione negativa di se stessi.

Data pubblicazione: 22 febbraio 2013 Ultimo aggiornamento: 04 marzo 2013

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