Corpi straziati, i passanti li fotografano. Desensibilizzazione alla morte?

Un ragazzo schiantato al suolo e una donna infilzata in un cancello: morti tragiche, entrambe immortalate con i cellulari dai passanti curiosi per l’accaduto.

Tralasciando la condanna morale per un comportamento che mostra assoluta mancanza di rispetto verso i poveri corpi straziati, questi 2 fatti di cronaca rendono molto chiaro quale sia oggi la percezione della morte da parte di alcune persone.

Nel caso della donna, si trattava principalmente di ragazzi delle superiori che uscivano da scuola; nel caso del ragazzo che si è buttato ieri dal Duomo di Milano erano alcuni passanti di età non specificata.

 

Cosa può aver portato a questo tipo di reazione, che sembra tutt'altro che rara?

Credo che l’eccessiva fruizione di contenuti violenti in età molto giovane, quando realtà e finzione non hanno ancora contorni e limiti ben delineati, possa portare a non rendersi conto che un morto lo è sul serio e non per fiction: cos’altro potrebbe spingere a fotografare un corpo straziato, se non l’assenza totale di una presa di coscienza del fatto che non si sta assistendo ad un film né si sta giocando con un videogame, ma che si è nella vita reale, di fronte alla morte di una persona in carne ed ossa?

La causa può quindi essere un fenomeno di desensibilizzaizone: uno stimolo presentato troppe volte produce una reazione sempre minore, fino a non determinarne più alcuna.

La desensibilizzazione alla morte fa sì che chi vi assiste casualmente non provi più pietà, orrore, doore, ma solo curiosità - esattamente come di fronte ad incidenti stradali, che suscitano curiosità e quasi il desiderio di poter vedere un po' di sangue.

 

La morte è oggi un tabù sempre più relegato ai di fuori del quotidiano, i cimiteri nei secoli si sono stati spesso spostati ai limiti dei centri abitati e non essere giovani sembra a molti una sorta di colpa da cancellare a colpi di bisturi: al tempo stesso la morte è però sovrarappresentata in film, telefilm e videogiochi con un gusto del macabro che aumentata di anno in anno.

La “catarsi di pietà e orrore” tanto cara agli antichi Greci, che nelle opere teatrali accennavano solamente a questioni oggi rappresentate anche nel minimo dettaglio, ha lasciato spazio al voyeurismo e la frequenza con cui è possibile assistere a scene crude è impressionante, se si pensa quanto (fortunatamente) di rado queste si concretizzino nella realtà.

Quando la morte si manifesta in una maniera violenta, come nei 2 casi presi in esame, chi vi assiste sembra quindi non rendersi conto che si trova davanti ad un morto vero e non ad una rappresentazione cinematografica.

Il risultato è che si scattano foto come se si fosse sul set di un film.

 

Quando però la morte colpisce qualche persona cara ecco che l’improvvisa presa di contatto con la sua verità porta molti a sviluppare sintomi e disturbi di ogni genere (depressione, ansia, ipocondria), anche perché evidentemente non sono pronti a fare i conti con la sua irreversibilità.

L’irreversibilità della morte è tenuta in scarsa considerazione anche da molti adolescenti e adulti che meditano il suicidio e ragionano come se potessero ancora essere presenti dopo la propria morte per poterne constatare le conseguenza sugli altri.

 

Penso che aver ostracizzato la morte reale per sostituirla sempre più con le sue rappresentazioni, alle quali individui troppo giovani accedono frequentemente senza il filtro degli adulti, stia ostacolando in molti l’elaborazione del suo vero significato e la capacità di cogliere il dolore altrui, che dovrebbe permettere di coltivare un sano rispetto nei confronti dei defunti e delle loro famiglie.

Credo che chi fotografa un morto coperto di sangue potrebbe non intervenire nemmeno quando vedrà qualcuno in difficoltà, magari perché aggredito o ferito: se non è in grado di distinguere un vero morto, come potrà sentirsi mosso da qualche forma di empatia nei confronti di chi è in difficoltà?

Probabilmente avrebbe già visto troppe volte scene simili, con il risultato di sviluppare una desensibilizzazione che diverrà sempre più dannosa quanto più sarà diffusa in larghi strati della società.

 

Fonte:

www.newnotizie.it/2011/02/08/milano-giovane-precipita-dal-duomo-suicidio

www.visivagroup.it/showthread.php?t=12098

Data pubblicazione: 09 febbraio 2011

4 commenti

#1
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Dr.ssa Franca Scapellato

Queste notizie sono veramente agghiaccianti.
Sulla desensibilizzazione "moderna" però non sono molto d'accordo; penso che soprattutto manchi l'educazione alla compassione: fin da piccoli bisogna insegnare ai bambini a considerare gli altri, non la propria ristretta tribù, ma tutti gli umani (e gli animali, aggiungo da animalista)come prossimo; sembra banale, ma non è innato. Nel corso dei secoli, dai giochi del circo con leoni e cristiani, agli squartamenti e alle impiccagioni pubbliche, dal tour all'interno dei manicomi a ridere dei pazzi, all'esposizione dei freaks nei circhi equestri, alle simpatiche signore sferruzzanti sotto la ghigliottina, la razza umana ha mostrato aspetti non molto gentili. L'errore, enorme, è considerare l'uomo "naturalmente" buono, mentre è la bestia più aggressiva che esista, e non basta vestire i bambini firmati e lasciarli soli con la playstation, occorre dare i famosi valori morali che non possono trovare in "Uccidi gli zombi".

#2
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Utente 171XXX

Scusa dr. Scapellato se riprendo un blog molto vecchio, ma mi interesserebbe un suo commento: senza arrivare all'eccesso dei circhi romani coi gladiatori, una certa predilezione per film d'orrore o polizieschi violenti è segno di qualche turba secondo lei? c'è da preoccuparsi?

#3
Foto profilo Dr.ssa Franca Scapellato
Dr.ssa Franca Scapellato

In genere questi tipi di film suscitano emozioni violente, ma "contenute" nel tempo e nel modo: chi vi assiste sa che si tratta di finzione, hanno un inizio e una fine; a volte i "cattivi" non vengono fermati, ma solo perché c'è un sequel da girare. Naturalmente i bambini, che non distinguono ancora realtà e fantasia, vanno protetti da certe immagini, da film e videogiochi violenti. Il teatro dell'età classica aveva lo stesso valore catartico: il popolo assisteva a drammi anche sanguinosi(per es la tragedia di Edipo) e ne usciva rasserenato. Tutt'altra cosa è la mancanza di compassione, l'indifferenza o la curiosità morbosa per gli incidenti o gli atti di violenza che accadono nella realtà.

#4
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Utente 171XXX

sinceramente mi fa schifo l'idea di riprendere un moribondo col cellulare, ma trovo che film anche violenti non mi dispiacciamo, e come me a molti altri. Credo in effetti che cio corrisponda alla funzione catartica del teatro greco. Peraltro perchè i telegiornale continuano a riempirci di notizie morbose? è di oggi la notizia che una mamma ha ucciso il figlio e si è buttata già dal balcone. A me con tutto il rispetto, non me ne frega un belino che in Italia chissà dove una persona abbia commesso un atto del genere: anzi, a me che sono ipocondriaco, una news simile fa solo salire l'ansia. Perchè i tg continuano a propinarci notizie come questa, secondo Lei?

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