Quando il silenzio uccide le relazioni

marcosalerno
Dr. Marco Salerno Psicologo, Psicoterapeuta

"Esiste un momento per tacere, così come esiste un momento per parlare.
Nell’ordine il momento per tacere deve sempre venire prima: solo quando si sarà imparato a mantenere il silenzio si potrà imparare a parlare rettamente.
In realtà è bene parlare solo quando si deve dire qualcosa che valga più del silenzio”

Abate Joseph Antoine Toussaint Dinouart 1771.

 

Il silenzio è l’assenza del suono, un modo indispensabile per conoscere ed incontrare una persona. Crea le condizioni per ascoltare in modo attento e attivo i contenuti di una comunicazione e per condividere le emozioni e le sensazioni in modo diretto e libero da vincoli. Il silenzio è uno spazio nel quale muoversi con libertè e depositare il proprio vissuto, instaurare un dialogo con se stessi e con l’altro. E’ un luogo dove la creativitè prende forma e si concretizza in espressioni nuove e inaspettate, il pensiero si sedimenta e si consolida in profonde riflessioni.

Il silenzio può diventare anche un'arma di difesa e di offesa in una relazione, un modo di “non comunicare” per esprimere all’altro il proprio dissenso. Quando questa modalitè si cronicizza e diventa la modalitè esclusiva per relazionarsi al proprio partner, la relazione scivola nella dimensione del non detto in cui il silenzio sostituisce le parole e le emozioni.

Non dimentichiamo che la parola è l’unico canale comunicativo esplicito e diretto che l’essere umano possiede, attraverso cui confrontarsi ed esprimere il proprio vissuto. Usare il silenzio come un arma è dannoso sia per la relazione sia per se stessi perchè chiude l’individuo in un angolo dove rinuncia ad esprimere i propri bisogni.

La coppia invece si nutre di una comunicazione chiara ed esplicita nel rispetto dei tempi di ogni componenete. Non esprimere il proprio vissuto emotivo per ”far pagare” all’altro qualcosa, alimenta le emozioni represse, che crescono e si amplificano sempre di più, esplodendo con violenza dopo tempo rispetto al momento in cui sono emerse.

Questo comporta che il nostro interlocutore non comprenda una forte reazione e soprattutto non collega la violenza espressiva con lo stato emotivo che la ha originata. Tutto ciò genera incomprensione e rabbia, ampliando ulteriormente il divario tra i partner. Una delle leggi auree in psicologia afferma che la non espressione dei propri stati d’animo e delle emozioni ,conduce alla maturazione di risentimento e di rabbia mentre esprimere le emozioni correnti consente di attenuarne la portata e di condividerle con il partner. L’alternativa è quella di scivolare in una spirale negativa di rabbia silenziosa  e di distruzione .

Lo psicologo M. Schwartz sottolinea che il silenzio, in un’epoca di costante rumore, dove la comunicazione è costitutita da un tono di voce alto e da chi soverchia l’altro, è anche una modalitè per controllare le persone. Non esprimere le proprie idee ed emozioni è un modo per far si che gli altri svelino le proprie posizioni rispetto a chi invece ascolta attentamente ma non si mette mai in gioco. Il silenzio come arma di controllo consente di non farsi conoscere ma colloca la persona in una posizione di ascoltatore, che apparentemente contempla ma memorizza le informazione raccolte.

Le persone che invece si adattano completamente al contesto di appartenenza e non esitano a compiacere chi li circonda, ricorrono al silenzio pur di non generare conflitti . L’oscillare tra il desiderio di parlare e la paura di perdere le persone significative determina un continuo conflitto interno. La conseguenza di questa condizione è quella di dare vita ad un dialogo interiore immaginario tra se e il potenziale interlocutore, con cui si evita il confronto, proiettando su di lui le eventuali risposte che  potrebbe dare. Questa condizione alimenta uno stato di isolamento, dove la comunicazione è stagnante e la relazione si arena nell’ansa dell’incomprensione.

Il silenzio può essere usato anche per punire il proprio partner, è un trampolino per lanciare la rabbia in modo manipolatorio, evitando il confronto diretto. L’assenza di dialogo non permette di risolvere gli eventuali dissensi ma alimenta le fantasie incomprensione, diventando un arma per reciproci ricatti. Si innnesca un processo di vittimizzazione dove si crede di non essere mai compresi, la rabbia striscia sotteranea, eplodendo raramente e si cerca soddisfazione nel opprimere il partner negandosi all’interno della relazione.

 

Bibliografia:

  • M. Schwartz, A shift of mind: Silence: a relationship killer. Psychology Today 2014
Data pubblicazione: 14 gennaio 2015 Ultimo aggiornamento: 28 gennaio 2015

1 commenti

#1
Utente 525XXX
Utente 525XXX

Buongiorno, per favore vorei un consiglio. Ormai la mia relazione dopo 12anni è finita, lui ha rifiutato la terapia di coppia e mi riserva solo il trattamento del silenzio.
Il fatto è che mi ha bloccato anche su whatsapp e telefonate, quindi ha ancora il coltello dalla parte del manico. Come posso ottenere un incontro x poterlo finalmente lasciare? In piu, lui ha decine di scatoloni di roba sua a casa mia, è mio diritto sapere qdo potrò liberarmene, invece devo starmene qui impotente ad affogare nella rabbia. Come posso far valere i miei diritti? Ho diritto di liberarmi da queste catene. L unico modo che mi viene in mente è comunicare cn lui attraverso il telefono dei miei genitori. Oppure chiedere info ai suoi genitori. Non è possibile logorarsi x mesi in questo silenzio inutile, mi sta punendo solo perchè cercavo un confronto mentre lui vuole starsene tranquillo e svagarsi senza guardarsi dentro. Gli sarei andata incontro ma purtroppo non riconosce il problema o non lo vuole affrontare xche ha troppe cose da nascondere. Ho diritto ad avere un po di pace dopo anni di sofferenza. Come posso liberarmi della sua roba in casa mia? Come posso lasciarlo se lui fugge e mi evita??
Grazie

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