Possibile simulazione dei sintomi

Salve.

Ho di recente già scritto qui, ma mi è toccato cancellare da me il consulto a causa della mia timidezza.

Questa volta però preferirei andare fino in fondo con una domanda che mi preme molto, e che non ho ancora esposto al mio terapeuta.

La domanda è: È possibile simulare i sintomi di un disturbo fino a percepirli come veri (nel mio caso, quelli della schizofrenia)?

Mi spiego meglio.

Circa un anno e mezzo fa il mio psichiatra mi disse che "stavo a un passo dalla schizofrenia", ovvero a un passo dallo svilupparla, ipotesi avvalorata dal risultato del test MMPI-2 somministratomi da uno psicologo che mi seguiva, il quale temeva fossi a rischio di psicosi.

Mi capitò poi di leggere dei libri a riguardo, ed è possibile che io mi sia condizionata leggendoli.

Tra i miei sintomi periodici ci sono quelli che io chiamo "percezioni" (ovvero il vedere la realtà come distorta).

Ciò che ho sviluppato lo vivo per davvero, ma forse alla radice dei miei sintomi c'è una forma di simulazione involontaria, anche perché non tutto l'ho letto da qualche parte.

Ad esempio, in determinate circostanze, mi è capitato di "vedere" la realtà come in un'altra dimensione, o di provare una paura non mia perché provavo disagio per ciò che stava accadendo, anche quando non c'era alcun pericolo, o di vedere un "aereo immobile" guardando in alto, anche quando ero "neutra".

Altre cose, come la rigidità corporea, il sentire voci (di persone reali) come assordanti e altro, invece, è come se le avessi prese da un altro contesto e poi fatte proprie.
Anche se la prima percezione che ebbi, se non sbaglio, fu di molto antecedente alla diagnosi che fece lo psichiatra.

Tra i sintomi cronici, che ho sviluppato da me, ci sono gli "Stati di Trance", ovvero fisso il vuoto, o cammino, o parlo allo specchio, facendo a volte scatti corporei, come convulsioni, e intanto fantasticando, staccandomi dalla realtà; un altro sintomo cronico è la "scissione mentale", ovvero la presenza dei miei "amici immaginari", e altre figure, alle quali temo stiamo dando troppo peso, e stanno finendo per radicarsi in me in modo profondo.
Anche il mio terapeuta mi capitò di "separare" in più persone, e ciò mi faceva stare male.
Attualmente, non ho ancora risolto del tutto la cosa.

In conclusione, non simulo ogni cosa, e di molte altre cose sono diventata consapevole grazie alla psicoterapia; ma per ciò che simulo, potrebbe essere anche questo un sintomo della schizofrenia, una sorta di sfogo dato dal non avere una precisa identità, che mi porta a sviluppare caratteristiche non mie?

Mi sento anche in colpa di ciò, come se stessi imbrogliando qualcuno.
Ma la cosa strana è che il mio terapeuta, mi crede, anche se non gli ho ancora detto della possibile simulazione dei sintomi.
Ma essere così "abile" da prendermi addirittura gioco di un professionista mi sembra alquanto strano.

Ringrazio i gentili Dottori della lettura, buona giornata.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

Ci sono anomalie nel processo diagnostico, se quello voleva essere. La diagnosi si fa clinicamente, i test avvalorano o orientano, però...questa storia del "esssere a rischio di psicosi" o "essere a un passo da..." o "essere quasi..." è veramente fuorviante.
Su chi, in special modo, ha un effetto tale per cui poi si producono queste domande su di sé? In genere sui soggetti che hanno una forte tendenza alla ricerca del controllo, e che quindi possono porsi il problema a livello razionale oltre il livello intuitivo o pratico.
Lei si sta ponendo un problema, dopo non sa più se ha determinati sintomi, o li riferisce. In verità, a parte che il medico ne nota tanti altri da solo, il modo in cui uno riferisce dei dubbi estremi e dei dati di fatto sono diversi.

Parta quindi dalla diagnosi ricevuta, o la faccia fare. "sul punto di" non significa niente.
Simulare e non essere consapevoli sono ovviamente due cose incompatibili, ma se è arrivato a porsi una domanda del genere significa che si chiede fino a che punto è possibile perdere il contatto con la realtà della propria mente, e questa è una domanda di matrice ossessiva di solito.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

[#2]
dopo
Utente
Utente
La ringrazio della risposta.
In effetti, il fatto che io ponga lucidamente certe domande fa riflettere.
Il mio attuale psicologo tuttavia vede in me questo problema, quello della scissione, ma sarebbe meglio parlarne anche con uno psichiatra, cosa che lui stesso mi ha consigliato di fare, e che effettivamente farò a breve.
Grazie ancora.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Il termine "scissione" in senso psicologico non ha niente a che fare col concetto di scissione in senso della schizofrenia. "Schizo" non significa scissione, o meglio non nel senso di "doppiezza", e soprattutto non è qualcosa che "c'è dentro tutti noi", altrimenti si alimenta in chi ha questa ossessione.
Schizo significa "frammentazione". E comunque psicosi non significa schizofrenia, è un concetto più generico.

Sì, sarebbe meglio non tanto parlarne con uno psichiatra, altrimenti finisce a discutere con uno psichiatra di psichiatria, val la pena farsi valutare e farsi dire che diagnosi si pone.
[#4]
dopo
Utente
Utente
Lo psicologo che mi segue si riteneva d'accordo con la diagnosi, in seguito ad avergli "presentato" varie parti di me. Lui stesso divenne una parte di me, una proiezione dei miei elementi, e non fingevo. E non di rado mi preoccupa il pensiero che lui sia un automa, o che lui stia "complottando".

Ma ripeto, già il fatto di starne parlando consapevolmente non è da trascurare. Il problema si pone quando non sono "lucida" e metto in pratica atteggiamenti autodistruttivi.

Il mio timore riguarda soprattutto il radicarsi di questi elementi, a furia di parlarne. I miei "amici immaginari" non erano così sviluppati prima dell'inizio di questo percorso. Ma può darsi che sia stato un effetto collaterale dell'averli "portati alla luce" per essere analizzati meglio.
E comunque, ancora prima di averlo iniziato, a volte sentivo impulsi non miei, come un'eco lontana, o facevo cose assurde, o facevo cose che io personalmente non avrei fatto.

Le mie, per quanto assurdo sembri, non sono solo fantasie; alcune cose accadono davvero nella mia testa, ma a livello simbolico. E molte accadono in funzione del mio psicologo, come l'agire dei miei amici, che si sono come agganciati a lui.

Ad ogni modo, la ringrazio molte dell'ascolto e delle gentili risposte.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
"non sono solo fantasie; alcune cose accadono davvero nella mia testa, ma a livello simbolico. "

Davvero e a livello simbolico sono una contraddizione in termini.

Comunque, non ho capito quale atteggiamenti autodistruttivi mette in pratica, parlo di realtà e di danno vero, non di simbolismi o interpretazioni.

Io mi farei visitare da uno psichiatra. Ma soprattutto, se nessuna diagnosi è definita, che tipo di tecnica terapeutica è in corso ? Su che ipotesi, su che scopi ?
[#6]
dopo
Utente
Utente
Anche io parlo di realtà e di danno vero, nel capire, a volte, che il mio terapeuta è umano, cosa che io razionalmente so, ma è come se non sapessi davvero. Questa è chiaramente un'altra contraddizione, lo ammetto. È come quando confondevo la sua voce con quella di un'altra al telefono, come ad esempio quella di un operatore call center (ora questi singoli episodi mi capitano più raramente): sapevo che non era lui, il mio terapeuta, ma un'altra parte di me non ne era sicura. Ma la parte razionale vinceva sempre sull'altra, e questo mi impediva di avere strane reazioni.

Anche se provavo disagio; anche se mettevo - metto - in atto questi atteggiamenti autodistruttivi, quando la parte irrazionale prevaleva, o prevale, per fortuna, non molto spesso.

In generale, comunque, sto un po' meglio nell'ultimo periodo.

Lo scopo finale del nostro percorso è la riunione delle mie singole parti.
Del mio terapeuta mi fido, grazie a lui sto riuscendo ad evolvere, anche se lentamente e con difficoltà, ma ci sto riuscendo.

Mi scuso se non approfondisco chiaramente certi argomenti; è che non mi piace molto mettermi in mostra, anche con esperti e in totale anonimato.