Curare gli attacchi di panico

daniele.canini
Dr. Daniele Canini Psicologo, Psicoterapeuta

L'articolo sintetizza un metodo per la cura degli attacchi di panico.

Articolo sul trattamento del D.A.P. (Disturbo da Attacchi di Panico)

Qualche anno fa il problema non si conosceva e, di conseguenza, non era semplice riconoscerlo.
Molti casi hanno una iter simile a quello che vi sto per raccontare. Il problema generalmente insorge attraverso un primo attacco di panico.

I sintomi classici sono piuttosto famosi, ad esempio si può avvertire tachicardia, sudorazione, brividi o vampate di calore, tremori ecc..
In poche parole, spiegato in modo semplice, l'attacco di panico è un forte attacco di paura, un terrore spesso paralizzante, senza che accada nulla nella realtà che possa giustificare tale sensazione.

Guarda il video: 3 domande sul panico

Le storie che ho ascoltato, in questi anni di professione, hanno molti tratti in comune. La persona, dopo aver provato un attacco di panico, si reca generalmente al pronto soccorso per fare accertamenti.
Ricerca, in altre parole, un origine fisica che possa spiegare l'episodio di 'paura paralizzante'. Quando gli esiti degli esami del pronto soccorso sono negativi, la persona non è soddisfatta anzi, si preoccupa maggiormente!.

Avendo provato un attacco di panico ed avendo realmente sentito sintomi forti e localizzati, difficile ipotizzare che non vi possa essere un problema organico come causa del malessere.
Anni fa, quando il problema era molto meno famoso, si iniziava un vero e proprio calvario alla ricerca del colpevole. Esami su esami per poter capire cosa c'era che non funzionava bene.
Si innescava, in altre parole, un iter paradossale.

La persona, nei vari accertamenti che compiva, finiva per sperare di poter trovare finalmente una giustificazione, un motivo, che potesse rendere giusta causa all'episodio di panico che aveva provato.
Può sembrare assurdo ma in molti casi avveniva proprio questo, una ricerca, una speranza che l'ultimo esame compiuto desse esito positivo per poter finalmente cessare la ricerca e pensare finalmente alla possibile cura.

Paradossalmente, più gli esami sono negativi, più ci si può convincere di soffrire di un male raro, difficile da diagnosticare e guarire. Si creava, in altre parole, una forte suggestione negativa che poteva apparire complessa da smontare...

Il problema dell'attacco di panico può rientrare tra quelle condizioni che Gabbard (Glen O. Gabbard, 2001), definisce egodistoniche.
Rispetto ad altri problemi che possono insorgere, l'attacco di panico provoca sintomi fastidiosi, assolutamente indesiderabili.
Chi soffre di tale problema, generalmente, se ne vuole liberare quanto prima. Tale considerazione può apparire banale ma, vi sono una serie di disturbi, con caratteristiche opposte, che l'autore definisce egosintonici, che comportano une serie di difficoltà in sede di trattamento.

In altre parole, la persona che li prova trae da essi un vantaggio, che viene definito vantaggio secondario, che la porta a non essere sufficientemente motivato ad intraprendere un iter terapeutico.

E' mia opinione che l'aspetto più interessante dell'attacco di panico sia proprio il suo essere egodistonico. Un disturbo egodistonico può incidere sulla motivazione della persona, aumentandola e rendendo il trattamento molto più efficace.
In poche parole, rispetto altre condizioni psicologiche, l'attacco di panico, essendo particolarmente fastidioso, porta le persona a ricercare soluzioni per liberarsene. Tale condizione è definita da molti come essenziale per rendere un trattamento efficace.

In questa seconda parte dell'articolo prenderemo in esame alcuni principi terapeutici che oggi sono particolarmente diffusi. Un'opinione condivisa da molti è che l'attacco di panico sia una difficoltà che difficilmente si presta ad un iter composto da 'tecniche automedicamentose'.
Rispetto altri disagi che possono trovare un sollievo all'interno di manuali di auto-aiuto, per trattare l' attacco di panico può essere più indicato un iter psicoterapeutico. Le difficoltà psicologiche spesso si basano su alcune premesse.

Come scrive B. Keeney, "le nostre premesse sono come le piante dei piedi", siccome ci camminiamo sopra non le possiamo vedere. Ciò significa che fin quando non mettiamo in discussione le nostre premesse (operazione che non si può espletare da soli), le soluzioni che prendiamo autonomamente per risolvere il nostro disagio possono non funzionare.

Tornando alla disamina sull' attacco di panico, interessante alcune idee fornite dall'approccio breve-strategico (Nardone-Waltzlawick) i cui manuali sul problema trattato sono numerosi.
Un meccanismo che si nota spesso all'interno del problema qui preso in esame è indicato sotto il termine, evitamento. In altre parola, la persona che ha un precedente di panico inizia a evitare tutte le condizioni che in qualche modo la potrebbero esporre ad un'ulteriore minaccia.

Questa tentata soluzione (così viene definita da questo approccio) non solo non risolve il problema ma lo complica. Tra le tentate soluzioni una delle più frequenti è la richiesta di aiuto. La persona inizia a richiedere aiuto ad altri, basandosi sull'idea che possano servire nell'eventuale insorgenza di un nuovo attacco di panico.

Ciò che la persona generalmente non tiene in considerazione o, a volte, si rifiuta di notare, è la dipendenza che questa tentata soluzione può creare.
Così, da un lato la persona che abbiamo al nostro fianco rappresenta un aiuto in caso vi sia un nuovo attacco, dall'altro, l'abitudine a questo aiuto ci mette in condizioni di non poterne fare a meno.

Nel tempo, si può arrivare a richiedere l'aiuto di un conoscente anche per spostamenti apparentemente piccoli e banali.

In altre parole, se per effettuare anche piccoli spostamenti devo richiedere aiuto, ciò che viene compromessa è l'autonomia e la qualità della vita, pilastri portanti che generalmente ogni persona tende a preservare per mantenere il proprio equilibrio.

Abbiamo sottolineato come la richiesta d'aiuto e l'evitare situazioni potenzialmente ansiogene non solo non risolve il problema ma porta ad una sua complicazione. Questo concetto viene sottolineato dalla scuola di psicoterapia breve strategica.
Ritengo che qualche buona strategia possa essere realmente efficace nella soluzione dei disagi psicologici, tuttavia spesso non è sufficiente.

L'approccio sistemico, scuola di psicoterapia che ho sposato da diversi anni, esorta a ricercare le connotazioni del disturbo all'interno di una cornice più ampia. Possiamo così pensare che l'attacco di panico, il sintomo, possa essere come una spia che ci si accende sul cruscotto di un auto.
Cosa facciamo, tagliamo i fili della spia perchè ci crea un fastidio o cerchiamo di capire a cosa si riferisca tale segnale?

E' dunque importante comprendere il sintomo, capirlo, considerarlo non un nemico ma un segnale utile di un disagio che ha la necessità di essere preso in considerazione. Questo è generalmente un lavoro che si compie in psicoterapia, tuttavia può essere utile indagare gli effetti secondari.

Provate a domandarmi, quale vantaggio potrei trarre da questa difficoltà?, cosa mi da?
Se non ci fosse questo problema, cosa dovrei affrontare?

Ovviamente, il focus dell'intervento si direzionerà non nell'eliminazione del sintomo ma nella presa in carico di ciò che emerge da tale analisi.
Una volta risolta la difficoltà che il sintomo cercava di coprire, magicamente il sintomo stesso non ha più ragione d'esistere e scompare.

In ultima analisi, è utile specificare che nel trattamento del disturbo da attacchi di panico (D.A.P.) è importante anche considerare il primo episodio dove si è sviluppato il problema o comunque un episodio particolarmente significativo, anche se non il primo.
Da quell'episodio, infatti, può accadere che l'intera personalità inizi a strutturare una serie di azioni e stratagemmi nel tentativo di evitare il problema, evitare cioè che si ripresenti un attacco di panico.

Come accennato la persona può iniziare a evitare il luogo dove ha sviluppato un attacco di panico, inoltre, potrebbe entrare in una condizione di ipervigilanza caratterizzata da insonnia, ansia, tensione generalizzata ed irritabilità.
Da quel singolo episodio, inoltre, sempre in linea con la diagnosi di un forte stress con cui la persona si è trovata ad avere a che fare, si sviluppa spesso un meccanismo noto con il termine di generalizzazione. Ciò significa che la persona inizierà ad evitare non solo il posto dove ha provato un attacco di panico, ma anche altri posti che presentino caratteristiche comuni.

Se ad esempio è stato provato in autostrada, la persona tenderà ad evitare non solo la località dove ha provato l’attacco ma eviterà di prendere autostrade. Questo meccanismo può portare verso un’escalation di evitamenti. Quindi si può passare dall’evitare autostrade ad evitare anche strade di grandi comunicazione, fino ad evitare di guidare l’automobile ecc..

Il trattamento del primo episodio di attacchi di panico può essere sviluppato tramite diverse tecniche. Ritengo che uno degli strumenti più utili, per trattare il primo episodio o l’episodio più significativo in riferimento al D.A.P. possa essere il trattamento tramite EMDR (Eyes Moviment Desensibilizacion and Reprocessing), tecnica specifica per il curare del PTSD.

Tale tecnica va ovviamente inserita dal clinico in un cotesto più ampio che prenda in carico non solo questo aspetto ma, la persona, nella sua complessità e nella sua evoluzione.

 

Bibliografia

• Eugenio Borgna, le figure dell' ansia, Feltrinelli edit. Milano, 1997
• Giorgio Nardone, non cìè notte così lunga che non trovi il suo giorno, ponte alle grazie edit., Milano, 2003
• Glen O. Gabbard, psichiatria psicodinamica, Cortina edit., Milano, 2001
• Bradford. Keeney L' estetica del cambiamento, Astrolabio edit., Roma, 1985
• Mario Troiano, Guarire dagli attacchi di panico, editori riuniti, Roma, 2001
• Micheal White, La terapia come narrazione, Astrolabio edit., Roma, 1992
• Yamamoto Tsunentomo, Hagakure, Mondadori edit, Milano, 1997
• Shapiro Francine; Silk Forrest Margot, EMDR. Una terapia innovativa per il superamento dell'ansia, dello stress e dei disturbi di origine traumatica, Astrolabio Ubaldini edit., Roma, 1998
• Ursula Markham, la Visualizzazione, immagini per dominare la realtà, Xenia edit., Milano, 1993
• Watzlawick P., Beavin J. H.; Jackson D. D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio edit., Roma, 1971
• Whitaker, C.; Bumberry, W., Danzando con la famiglia. Un approccio simbolico-esperienziale, Astrolabio edit., Roma, 1989

Data pubblicazione: 05 gennaio 2011

Autore

daniele.canini
Dr. Daniele Canini Psicologo, Psicoterapeuta

Laureato in Psicologia nel 1999 presso FACOLTA' DI BOLOGNA.
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Emilia Romagna tesserino n° 1994.

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