Come si calcola il rischio reale per il tumore al seno
Diario della gratitudine
1 sono VIVA e VEGETA e infinitamente grata
2 ho una famiglia amo e che mi ama
3 oggi é stata una piacevole domenica
4 tra poco mangio pizza da asporto che é buonissima 
Tutti smaniosi di comprare... il nostro Fontana ha trattato con decisione col ministro Speranza per anticipare la data di ingresso in arancione per poter permettere gli acquisti oggi domenica!
Risultato: corso Buenos Aires invasa letteralmente, parcheggi impossibili... come ai bei tempi dei migliori anni '80... non oso immaginare il metro'!
Non serve dire che non è il "liberi tutti", bisogna evitarlo coi fatti... e qui sul corso la gente, che intravedo dalla finestra di casa mia, non si è radunata per la scomparsa del Pibe de Oro, ma spinta da un bisogno irrazionale di shopping, tutti insieme appassionatamente
Ho poche speranze per il rinsavimento di questa umanità...
A me è toccato il privilegio di scriverne la prefazione, che qui di seguito riporto:
>>Nessun paziente passa senza lasciare traccia e di qualcuno rimane un ricordo particolare, profondo, che non si dimentica. Che incide a tal punto da modificare il nostro modo di pensare e di agire nella relazione medico-paziente. Si tratta quasi sempre di pazienti che malgrado le nostre pessimistiche previsioni sono "uscite" dalla griglia delle nostre statistiche.
Alcuni di questi, nella mia quasi quarantennale esperienza oncologica, hanno scritto pagine cruciali, talvolta strazianti, ma sempre straordinariamente lucide sulla loro vita dove non c'è sconfitta, non c'è rassegnazione nelle loro parole. Talvolta c'è palese persino l'incoraggiamento per il medico che non lesina il suo impegno, mostrando le sue emozioni.
Nella mia vita professionale di chirurgo oncologo sono stato costretto ad esplorare il mondo femminile in tutte le sue sfaccettature. Sono stato un medico fortunato che ha avuto il privilegio di scrivere in Italia il primo documento di Medicina Narrativa ("Il Carcinoma mammario dalla parte della paziente "), in una epoca in cui non si parlava di comunicazione e persino l'informazione era negata non per superficialità (o disumanità ) ma perché si era convinti che la verità avrebbe potuto danneggiare il paziente incoraggiando propositi autolesionistici. Del resto allora la maggioranza dei pazienti morivano e le poche guarigioni si ottenevano a prezzo di terapie molto aggressive (mastectomia superallargata ad esempio o radioterapia aggressiva), dolorose e invalidanti.
Il libro non nacque dalla intuizione di una notte, ma perché contemporaneamente a Milano, grazie a Umberto Veronesi (quadrantectomia versus mastectomia) e Ada Burrone, si registravano eventi rivoluzionari per i cambiamenti culturali che determineranno in campo oncologico in Italia e nel mondo.
Ho avuto il privilegio di accompagnare donne che hanno cambiato la storia della medicina come Ada Burrone per oltre 40 anni, ma quotidianamente anche donne che apparentemente sono state protagoniste di vite silenziose, di cui non hanno lasciato traccia, ma che sono state capaci di affrontare situazioni enormi, drammi e difficoltà con la forza impressionante dell'amore e di un sorriso che non si è mai spento. Donne decise e intraprendenti, donne timide e solitarie. Ogni storia femminile incentrata sulla malattia oncologica meriterebbe che qualcuno vi si soffermasse per coglierne nelle pieghe la forza e gli insegnamenti che potrebbero condizionare decine di altre vite.
Vivere una malattia che si sa potenzialmente letale può, per la persona, aumentare il bisogno di operare nei medici, anche al di fuori di quel che essi possono effettivamente dare, con tutta la buona volontà e con la migliore capacità professionale possibile. In questa situazione si crea una sorta di paradosso: il fattore che rende necessario l'incontro tra il medico e la persona ammalata, il tumore, è anche il fattore che divide i due, a causa dei bisogni e pensieri talvolta del tutto inconciliabili.
Da sempre i medici illuminati, pur assumendo una posizione rispettosa delle conoscenze acquisite, trasmettono un'intenzione a comunicare, che viene percepita dal malato come vicinanza e disponibilità a curare al meglio creando una sorta di alleanza terapeutica.
Altrettanto potremmo dire dei "grandi" ammalati, capaci di parlare ai loro medici con una umanità comprensiva e talvolta addirittura spiazzante; capaci anche di valutare le possibili prospettive negative della loro malattia e di chiedere un aiuto possibile e non onnipotente; capaci perciò di lenire il dolore o la paura di chi li cura, talvolta con poca speranza statistica, e di trasmettere gratitudine non per la guarigione, ma per l'aiuto ricevuto.
Nel secolo scorso utilizzavo il sinonimo di "pazienti eccezionali" per definire i grandi ammalati che favoriscono l'alleanza con i medici. Quando i miei capelli cominciarono a diventare grigi arrivai alla conclusione per l'esperienza acquisita "sul campo" che "ci vuole tanto coraggio, ma anche un pizzico di follia per rilanciarsi nella vita dopo una esperienza così carica di dolore."
Decisivo il suggerimento di una mia paziente, nota psicoanalista e poeta a Milano, che narrando in rime la sua esperienza con il cancro, in un libro di poesie (vincitore di un premio nazionale) mi definisce: " E' pazzo il mio chirurgo oncologo! E' pazzo chi crede nella vita ". All'istante coniai il neologismo di "ragazzafuoridiseno ", che crede nella vita.
Nel mio blog delle ragazze fuoridiseno Francesca, trentenne, irrompe nel 2013. Presenta un alto rischio familiare (Brca1) ed è in gravidanza. E' una nativa digitale. So bene che i nativi digitali hanno comportamenti differenti rispetto ai non nativi digitali, che si manifestano non solo sul piano razionale della cognizione, ma comprende anche il piano della relazione con gli altri, persino delle emozioni e soprattutto della propria identità. Propositivo l'ingresso nel blog di Francesca smentendo lo stereotipo dei "giovani di oggi sempre "sdraiati" secondo la caratterizzazione di Michele Serra. Sdraiati magari sì, ma per digitare, dunque indaffarati e attivissimi, impegnati a scambiare, condividere, collaborare in una ideologia comunitaria (lo sharing, la condivisione) lievemente paradossale, perché sorge da una atomizzazione sociale in cui spesso neppure lo spazio è condiviso: ciascuno a casa sua, entrando così non nel post-umano, ma in un diversamente umano.
Non mi intimorisce affatto il suo grido di dolore "A staccato fanculo"...., alla scoperta della malattia, perché è una forma trasgressiva dietro la quale c'è un dolore lacerante, che merita molto rispetto. E forse non è neanche trasgressione, e anche se lo fosse, per me da sempre la trasgressione può essere persino rispettosa se non fa male a nessuno. e può essere la massima espressione di libertà che ha in sé originalità e creatività.
Non solo "sdoganai " immediatamente la locuzione di Francesca, ma questa da allora è stata adottata da tutti noi del gruppo fuoridiseno come inno-metafora della reazione adattiva alla comunicazione di una brutta notizia come lo è senz'altro la sentenza "Lei ha un cancro! ".
Francesca è una figura storica del gruppo: lo ha fondato, lo ha animato insieme ad altre ed ha contribuito a tenerlo vivo. Molti blog su temi oncologici si auto-estinguono in tempi brevi anche se lanciati da testimonial famosissimi (il nostro ha oggi un milione e mezzo di visitatori e 6500 commenti) perché hanno come tema centrale il cancro. Noi invece non ci occupiamo di cancro, perché l'eterogeneità delle varie forme tumorali non può rappresentare una piattaforma comune e condivisibile, tant'è che le pazienti subiscono trattamenti differenti e personalizzati. Noi ci occupiamo nel blog invece della seconda e più grave malattia che si accompagna ad esso: la paura del cancro, malattia comunissima anche in chi non ha mai avuto il cancro.
Francesca ha contribuito a modo suo: e non è un modo convenzionale. Perché, forse, Francesca non è una persona convenzionale. Nel tempo ha condiviso scampoli della sua vita, della sua quotidianità, del suo adattamento al tumore, alle cure, alle emozioni intense e destabilizzanti che le hanno tenuto compagnia, nelle sue ricerche affannose, nei suoi tentativi di "normalizzare" una esperienza che di normale non ha nulla. Perlomeno in una società come la nostra, che tenta di tenere il dolore, la sofferenza, la malattia e la morte fuori dalla sua percezione, che si sforza di esorcizzare a tutti i costi le sue angosce e di coltivare un ottimismo irrealistico.
Francesca è stata anche fortunata: parla sempre bene del rapporto con il suo chirurgo e la sua oncologa. Tutto questo lo ha attraversato, lo ha metabolizzato, digerito e fatto suo.
E poi ha mandato tutto "A-STACCATO-FANCULO".
Ha scelto di vivere, di viversela. Di occuparsi di ciò che per lei conta, che le piace, la fa star bene. Talvolta esagera e lo narra a noi con il candore e l'innocenza della bambina" ...se esco a far shopping devo lasciare il portafogli a casa...!".
Ha scelto di aprire questa sua esperienza agli altri, alle altre persone, di mostrar loro cosa c'è in quegli spazi che forse per molto tempo erano rimasti compressi, chiusi, e che la malattia le ha dato l'occasione giusta per spalancare, o meglio che Francesca ha scelto di spalancare, strappandoli alla malattia e ridonandoli alla vita. A noi del gruppo ragazzefuoridiseno ha regalato, in quanto giovane mamma e moglie, occasioni per parlare di paure, di rabbie, di speranze e per ricordarci che la creatività, quando smettiamo di costringerla ed imbrigliarla, è più prolifica di qualsiasi malattia. >>
Salvo Catania
#266,343 Scritto: Oggi 17:22 |
Dottore che dire ?
Mi ero persa questa bellissima prefazione e irripetibile inno a tutte le donne che hanno subito questo lacerante doloe.
Alcuni di questi, nella mia quasi quarantennale esperienza oncologica, hanno scritto pagine cruciali, talvolta strazianti, ma sempre straordinariamente lucide sulla loro vita dove non c'è sconfitta, non c'è rassegnazione nelle loro parole. Talvolta c'è palese persino l'incoraggiamento per il medico che non lesina il suo impegno, mostrando le sue emozioni.
Le sue parole mi hanno emozionata !
E se fossi al posto di Francesca, che se lo merita, mi sentirei orgogliosa e privilegiata di tanta attenzione poetica.
Brava prova riuscita !
Benvenuta
','Gentilissimo Professore,
le chiedo innanzitutto scusa per averle scritto questa mail senza prima scrivere nel gruppo che leggo ormai da un paio di mesi e che tante volte mi è stato d'aiuto. (Anche se a volte mi ha fatto anche rattristare) Lacrime e sorrisi, come dice sempre lei.
Mi trovo in quella maledetta fase del guscio ormai da 4 mesi, da quel maledetto 28 luglio in cui una tac per stadiazione rivela che questo seno grande, ingombrante e denso, oltre a un carcinoma ormonoresponsivo, aveva già causato senza alcuna avvisaglia delle lesioni al fegato. Metastatica all'esordio, che fortuna eh! 44 anni (ora 45) 4 figli dai 9 ai 13 anni e il mio mondo sereno e gioioso che mi crolla sotto i piedi in pochissimo tempo. Ho passato un'estate infernale pur iniziando subito la terapia che mi è stata data: ribociclib letrozolo e decapeptyl che dopo 3 mesi ha già fatto ridurre le lesioni epatiche di numero e dimensione. La domanda che le faccio e che ho comunque già fatto ai miei oncologi (chiedendo anche altri pareri esterni) è: perché non parlano completamente di operarmi sto maledetto seno dove io sento ancora toccando la presenza del mostro? Perché per loro non è prioritario al momento. Io ho letto che tante ragazze anche se metastatiche hanno comunque avuto tolto il seno malato. Ricordo la storia di robertina e di lei che addirittura glielo fa vedere dopo l'operazione.... ma anche onde, ily, marea... perché secondo lei a me lasciano sto mostro dentro? A me dicono che non è prioritario e che il fegato è più importante. Però poi leggo di tante donne con una situazione simile alla mia che invece sono state operate. Credo che psicologicamente invece possa servire tanto...
Le chiedo scusa se le ho vomitato addosso tutte le mie ansie.
Ma in un certo senso ho imparato a conoscerla e a fidarmi di lei. Mi chiedo troppe volte perché e non capisco se è al nord che tendono a operare mentre al sud ci considerano ormai casi persi
Io per ora mi sento disperata e penso costantemente ai miei figli. La ringrazio anche solo per il tempo perso a leggermi.'
Scusate ragazze, ho incollato prima una mail che avevo scritto al dott, che mi ha pregato di incollarla qui...
Risultato: corso Buenos Aires invasa letteralmente, parcheggi impossibili... come ai bei tempi dei migliori anni '80... non oso immaginare il metro'!
Non serve dire che non è il "liberi tutti", bisogna evitarlo coi fatti... e qui sul corso la gente, che intravedo dalla finestra di casa mia, non si è radunata per la scomparsa del Pibe de Oro, ma spinta da un bisogno irrazionale di shopping, tutti insieme appassionatamente
Ho poche speranze per il rinsavimento di questa umanità...
Cara Maria,
non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Anche io ho avuto la sensazione oggi a Milano che sia passato il messaggio " se siamo adesso zona arancione vuol dire che abbiamo scampato il pericolo "
Temo che ancora ne abbiamo da vedere delle belle, nel senso di cose brutte, ma non vorrei spacciarmi per una Cassandra usando le parole crude.
Io ci sono ❤️
Ri-benvenuta !
Vedrai che il dr. Catania di risponderà anche se spesso lo fa nel cuore della notte.
Intanto mi felicito con te che hai ridotto le tue metastasi al fegato con la terapia.
Ti risponderà il dr. Catania, ma da quanto ho appreso nei suoi corsi trovo normale l'atteggiamento dei tuoi oncologi che cercano di pulire le lesioni a distanza prima di occuparsi del tumore primitivo della mammella.
Il dottore ama dire " non guardare se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto, ma non perdere mai d'occhio la bottiglia " e da quello che scrivi mi sembra che la tua "bottiglia" grazie alle terapie cominci a godere buona salute.
Scusa la curiosità : è casualeo c'è una ragione per avere scelto il tuo nick "luna calante" ?
Un gra
nde abbraccio Clara
luna era già impegnato... e calante è, purtroppo, il mio umore ...
Anche io ho avuto la sensazione oggi a Milano che sia passato il messaggio " se siamo adesso zona arancione vuol dire che abbiamo scampato il pericolo "
Temo che ancora ne abbiamo da vedere delle belle, nel senso di cose brutte, ma non vorrei spacciarmi per una Cassandra usando le parole crude.
Ragazze c è da inorridire a certe cose: il TG ha detto che, avendo la Svizzera aperti gli impianti sciistici, molti italiani si sono precipitati lì.
Ma sono tutti impazziti? Ci sarà una nuova "ammucchiata" generale e ritorneremo al punto di partenza, ma come si può tenere questi comportamenti folli?
Pepeli ho compreso esattamente e ti dico che anche scrivere è stato doloroso, ma illuminante.. Si deve per forza passare dal dolore delle nostre storie, per poi riabbracciarle.
Clara1 intanto devi sapere che ho spaccato le balle al dott. Salvo all'ennesima potenza. Per farmi scrivere l'introduzione.
Non ti dico che ho minacciato di bucarglj le gomme
, ma quasi. E.. Si..
Ogni volta che la leggo mi emoziono tantissimo..
L'ha dovuta inserire lui, perché io l'avevo messa in foto tipo pagina di libro...
a tutti grazie per i vostri ringraziamenti e complimenti. Sono contenta che sia stato un bel regalo x voi, anche se come dice Pepeli è doloroso. Perché questa è anche la vostra storia