La fecondazione in vitro e la ICSI: come si svolgono e cosa avviene in laboratorio

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Dr.ssa Elisabetta Chelo Ginecologo, Patologo della riproduzione

La tecnica ICSI (iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi) si differenzia dalla FIVET perché la fecondazione viene ulteriormente “aiutata" quando gli spermatozoi sono pochissimi e/o quando sono poco mobili...

Note introduttive

"Nell’articolo sottostante ho descritto in sintesi come avvengono le varie tappe di una fecondazione in vitro in una situazione ottimale.
In Italia è in vigore la legge 40 che ha posto molti divieti e ha impedito ai medici e ai biologi della riproduzione di lavorare secondo gli standard europei più aggiornati.
Recentemente però la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime alcune parti di questa legge rimuovendo così alcuni divieti tra cui l’obbligo di inseminare solo tre ovociti e di trasferire tutti gli embrioni prodotti in un unico e contemporaneo impianto.
Questo apre per le coppie infertili e per gli operatori un nuovo capitolo sull’applicazione di queste tecniche in Italia."

Il 25 Luglio 1978, a Oldham in Gran Bretagna nacque Louise Joy Brown, il primo essere umano concepito fuori dal grembo materno: nove mesi prima un ovocita era stato prelevato dalle ovaie della signora Brown, che non riusciva a concepire a causa di una sterilità tubarica non trattabile chirurgicamente, ed era stato messo in una coltura. Dopo che alla coltura era stato aggiunto il liquido seminale del signor Brown, si era formato un’ embrione che allo stadio di 3 cellule era stato trasferito nell’utero della moglie.
Questa nascita eccezionale fu il frutto del lungo lavoro di due tenaci ricercatori: Robert Edwards e Patrick Steptoe.

FIVET

Dopo le prime nascite, l’utilizzazione di questa tecnica detta FIVET (fertilizzazione in vitro e trasferimento embrionario) si è rapidamente sviluppata in tutto il mondo.
Nel 1985, secondo i dati pubblicati su una delle più prestigiose riviste mediche che si occupano di riproduzione umana, Fertility e Sterility, negli Stati Uniti furono trecentotrentasette i bambini nati dopo un intervento di FIVET.

Nel 1990 in numero delle nascite dopo FIVET saliva a duemilatrecentoquarantacinque e nel 1993 a seimilaottocentosettanta. Sempre negli Stati Uniti, nel 1990 erano centottanta le strutture che eseguivano tecnologie riproduttive di secondo livello, ma nel 1993 il loro numero era già arrivato a duecentosettantasette.

Anche in Europa vi fu un rapido sviluppo e conseguente incremento delle nascite tramite FIVET e, dato abbastanza sorprendente, questa tecnica venne acquisita abbastanza rapidamente anche dai paesi in via di sviluppo.

Nel 1994 erano più di trentotto le nazioni in cui era presente un centro di applicazione di tecnologie riproduttive e tra questi molti paesi asiatici, africani e dell’America centro-meridionale.

Attualmente la fertilizzazione in vitro è applicata a livello mondiale anche se con un numero di cicli per abitante molto variabile: da 2 cicli /anno per milione di abitanti del Kazakistan a 1600 cicli annui per milione di abitanti eseguiti in Israele.

Le indicazioni per questa tecnica si sono progressivamente ampliate.
Messa a punto per superare alla sterilità di tipo meccanico, quando cioè vi è un impedimento all’incontro degli ovuli e degli spermatozoi, come nei casi di sterilità tubarica, oggi si utilizza in molte altre situazioni; ad esempio quando vi è endometriosi o non sia diagnosticata chiaramente una causa.

L’introduzione della diagnosi preimpianto ha aperto la possibilità di identificare, attraverso tecniche di genetica molecolare, gravi patologie di cui l’embrione potrebbe essere affetto.

Le procedure per eseguire una FIVET sono oramai ben standardizzate ed i principi generali sono condivisi da quasi tutti i centri.
Generalmente si procede con una induzione ovulatoria multipla e una soppressione della normale attività dell’ipofisi a cui segue un prelievo degli ovociti.
Questi dovranno poi essere fecondati con gli spermatozoi opportunamente trattati e immessi nella medesima provetta in laboratorio quindi verranno osservati in coltura gli embrioni eventualmente ottenuti che, infine, si trasferiranno in utero.

Questo trattamento dura quattro – sei settimane a seconda del protocollo utilizzato partendo dall'inizio del trattamento farmacologico fino al test di gravidanza.
In un ciclo mestruale fisiologico giunge a maturazione un solo ovulo alla volta.
L'ovulo od ovocita si trova all'interno del follicolo (cisti in cui matura) che cresce all'interno dell'ovaio grazie a stimolazione ormonale dell'ipofisi. Verso la metà del ciclo un aumento dell'ormone luteinizzante (LH) consente la maturazione e l'espulsione dell'ovulo che, a questo punto, è pronto per essere fecondato.

Lo scopo dell’induzione della crescita follicolare multipla è di portare a maturazione un giusto numero di ovociti. Questo permetterà di avere più possibilità che una buona percentuale di questi si fecondino e si trasformino in embrioni di buona qualità.

Questa stimolazione dell’ovaia si ottiene nella grande maggioranza dei casi con la somministrazione di farmaci detti gonadotropine.
Il dosaggio delle gonadotropine prescritte dipenderà da una serie di fattori e sarà quello ritenuto più adatto per la donna in trattamento e può subire variazioni durante il ciclo a seconda degli effetti ottenuti.

I principali fattori che influenzano lo schema terapeutico sono: l'età, la condizione delle ovaie e la risposta ad un precedente trattamento ormonale.
Il controllo della stimolazione avviene tramite ecografie per valutare sia le dimensioni dell’ovaia che il numero dei follicoli che stanno crescendo e il loro diametro.

Oltre all’ecografia può venire eseguito anche un prelievo per il dosaggio degli estrogeni.
Il prelievo ovocitario viene eseguito sotto guida ecografica e generalmente in anestesia locale oppure con una sedazione profonda per non avvertire dolore o disagio durante questo piccolo intervento. Attraverso la vagina si giunge, tramite un ago sottile, fino ai follicoli presenti nell'ovaio, per aspirarne il liquido; il tutto si svolge con controllo ecografico, seguendo una procedura sterile ed il liquido follicolare così prelevato, viene raccolto in provette che verranno immediatamente consegnate alla biologa per la valutazione microscopica.
Tutti i follicoli verranno svuotati ma non tutti contengono un ovocita. Questo intervento è ambulatoriale, e quindi non necessita di ricovero.

Dopo il prelievo gli ovuli verranno conservati in un incubatore a 37° in speciali terreni di coltura, per alcune ore prima dell'inseminazione con il liquido seminale del partner precedentemente trattato per la fertilizzazione in vitro. Gli ovuli e gli spermatozoi, insieme, verranno lasciati per tutta la notte in laboratorio ed osservati il mattino seguente.

Per approfondire:Fecondazione assistita: ci sono rischi per i bambini nati?

ICSI

La tecnica ICSI (iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi), si differenzia dalla FIVET perché la fecondazione viene ulteriormente “aiutata”: nelle situazioni di dispermia, in cui gli spermatozoi sono pochi o poco mobili, gli spermatozooi vengono direttamente iniettati all’interno dell’ovocita, tramite un apparecchio detto micromanipolatore. Una pipetta aspirante tiene fermo l’ovocita, che è stato privato delle cellule che lo circondano, mentre un microscopico ago cavo inietta all’interno dell’ovocita un unico spermatozoo


Figura1: Tecinca di fecondazione ICSI

Il mattino seguente si osservano gli ovociti per verificare se vi è stata la fertilizzazione e cioè se il patrimonio genetico paterno è evidenziabile nella cellula uovo che a questo punto si presenterà con due nuclei uno proveniente dallo spermatozoo con l’apporto paterno e l’altro, dell’ovocita, con l’apporto materno, e viene definita zigote.


Figura 2: Embrione in terza giornata

Dopo qualche ora i pronuclei si fonderanno e la cellula fecondata inizierà a dividersi: avremo così un embrione a due cellule e poi ognuna di queste a sua volta si dividerà e ogni cellula, se l’embrione è vitale, continuerà a dividersi. A 48 – 72 ore dal prelievo ovocitario gli embrioni sono pronti per il trasferimento in utero.

A questo punto i biologi li osservano e danno loro un giudizio basato sulle loro caratteristiche: la quantità di cellule, la velocità di sviluppo, la regolarità delle cellule e l’assenza di residui e frammenti.

In base al numero di ovuli prelevati, a quello successivo di ovociti fertilizzati ed alla loro divisione e crescita, si arriverà al giorno del transfer con un numero variabile di embrioni.
Non tutti gli embrioni sono uguali: vi sono embrioni che hanno arrestato la loro crescita, embrioni con caratteristiche tali da prevedere un loro arresto precoce, ed embrioni anomali.
Per il transfer si selezionano quelli con le caratteristiche che appaiono più vitali: attualmente si tende a trasferire uno o due embrioni di buona qualità.

Per arrivare ad avere in media due embrioni di buona qualità bisogna inseminare più ovociti, non tutti infatti si fertilizzano e non tutti gli embrioni posseggono le caratteristiche necessarie per essere reimpiantati nell’utero: la percentuale di fertilizzazione varia da un caso e l’altro così come la percentuale di embrioni di buona qualità.

La percentuale di impianto per ogni embrione trasferito è meno del 20% mentre la percentuale di gravidanza è stimabile attorno al 30% per ogni transfer di 2 embrioni. Le gravidanze multiple sono la causa principale delle nascite di bambini prematuri e sottopeso, evenienze che spesso ne compromettono lo sviluppo e determinano seri problemi.

Inoltre non va sottovalutato l’aspetto economico e sociale di un parto plurigemellare. Le coppie non sono preparate ad allevare contemporaneamente più bambini e spesso non hanno i mezzi per attrezzarsi ad un impresa così impegnativa.

Data pubblicazione: 05 giugno 2011

Autore

elisabettachelo
Dr.ssa Elisabetta Chelo Ginecologo, Patologo della riproduzione

Laureata in Medicina e Chirurgia nel 1978 presso Università di Firenze.
Iscritta all'Ordine dei Medici di Firenze tesserino n° 15487.

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