Amniocentesi genetica: consigli per l'uso.

ivanoesantoro
Dr. Ivanoe Santoro Ginecologo, Senologo

Sempre più donne in gravidanza ricorrono all'Amniocentesi, anche grazie all'estendersi delle metodiche di screening ecografico/biochimico. Da una brochure consegnata alle mie pazienti, riporto, in questo articolo, le notizie fondamentali in esso contenute.

Cos’è l’Amniocentesi?

E’ una metodica di diagnosi prenatale invasiva che consiste nel prelievo di una certa quota di liquido nel quale il bambino è immerso (liquido amniotico). Lo scopo principale di questo esame è quello di studiare la struttura ed il numero dei cromosomi presenti nel nucleo delle cellule del feto. Col tempo, l’avanzare delle tecniche di diagnosi molecolare ci ha permesso, con l’Amniocentesi, di effettuare una serie di altre indagini quali la ricerca di malattie infettive o metaboliche del feto.

Può essere indicata in varie situazioni:

  • L’età della gestante superiore a 35 anni
  • Presenza di una anomalia cromosomica familiare che può essere stata trasmessa al bambino
  • Presenza di una malattia genetica nella famiglia della madre o in quella del padre del piccolo (col rischio che i genitori siano portatori sani), potenzialmente trasmissibile al bambino.
  • Precedente bambino affetto da una malattia genetica
  • Ansietà materna, pur se al di fuori di ogni condizione di rischio specifico riscontrata o riferita
  • Anamnesi positiva per aborti ripetuti su base genetica e/o cromosomica
  • Pregresso esame nella stessa gravidanza con risultato anomalo (es. Bi-Test, Triplo-Test, test di screening per malattia infettiva) o presenza di un risultato patologico all’esame ecografico (es. Translucenza Nucale aumentata, sospetto di malformazione fetale correlata ad anomalia cromosomica o ad un incremento nel liquido di specifiche sostanze quali l’alfafetoproteina amniotica, come nel sospetto di un difetto aperto del tubo neurale ecc.)
  • Rischio aumentato che il bambino abbia una malattia genetica ad una consulenza specialistica.

 

Come si effettua l’Amniocentesi?

Sappiamo come il sacco amniotico sia la cavità ripiena di liquido (liquido amniotico) nel quale il feto è immerso durante la sua crescita nell’utero. Con l’Amniocentesi, come si è detto, si preleva un po’ del liquido contenuto in quel sacco con un ago speciale, per sottoporlo ad una serie di indagini di Laboratorio.

Per prima cosa, quindi, si visualizza, con l’ecografia, il sacco amniotico ed il feto in essa contenuto; si controlla, poi, la posizione esatta del bambino e della placenta e si sceglie con cura il punto esatto in cui far passare l’ago che preleverà il liquido amniotico, evitando, se possibile la placenta ed individuando un’area colma di liquido lontano dal corpo fetale. Se la placenta non può essere evitata, possibilmente, si cercherà di infiggere l’ago nel punto di minore spessore dell’organo. Secondo alcuni Centri, l’attraversamento della placenta, costituirebbe, addirittura, un “elemento di sicurezza” dell’esame. La pelle sopra l’area dell’utero viene disinfettata a lungo con una soluzione antisettica. Dopodichè, ad arte e sotto continuo controllo ecografico, si introduce l’ago da Amniocentesi attraverso la parete della pancia fino a raggiungere l’interno del sacco amniotico e con una siringa si raccoglie un campione di circa 15 - 20 ml di liquido amniotico, a seconda dell’epoca di gravidanza alla quale si esegue l’esame.

Nel liquido normalmente sono fluttuanti alcune cellule della pelle, del cavo oro-faringeo, dell’ano, della trachea e dei bronchi maggiori del bambino e queste possono essere esaminate in Laboratorio dopo opportune metodiche che ne consentono la crescita in provetta. Come si è detto, i controlli riguardano principalmente i cromosomi del bambino, ma anche, a richiesta specifica, molte altre indagini posso essere eseguite, a seconda delle singole esigenze.

Cosa si controlla con l’Amniocentesi?

Una volta prelevate e messe in coltura cellule del bambino che sono fluttuanti nel liquido, si ottengono popolazioni cellulari tutte omogenee fra loro, perché costituite da ripetizioni sempre uguali degli stessi elementi di partenza. Su queste popolazioni cellulari ottenute in Laboratorio (cloni) si eseguono:

a) l’estrazione, l’esposizione e la numerazione dei cromosomi contenuti nel nucleo delle cellule

b) la ricerca di determinate sostanze quali l’alfafetoproteina per la diagnosi o l’indirizzo diagnostico verso i difetti del tubo neurale (una serie di malformazioni del cranio e della colonna vertebrale del bimbo)

c) la ricerca di materiale genetico di micro-organismi specifici nel sospetto che il bimbo abbia contratto una qualche malattia infettiva batterica, virale o parassitaria che reca malformazioni e/o deformazioni specifiche

d) la ricerca di specifiche sostanze biologiche di base (proteine con varie funzioni quali ormoni ed enzimi, sostanze steroidee, lipidi, glucidi) presenti in quantità patologiche come conseguenza di errori congeniti del metabolismo

e) individuazione di specifiche costituzioni genetiche associate a malattie ereditarie letali o potenzialmente tali ereditabili da uno o entrambi i genitori.
 

Questi sono solo alcuni esempi. Col tempo, probabilmente, le possibilità d’indagine sulle cellule fetali andrà incrementandosi, con lo sviluppo delle conoscenze sul genoma umano.

Del tutto recente è la possibilità di ottenere, con l’Amniocentesi, una “scorta” di cellule staminali, utilizzabili nel futuro per la terapia di molteplici malattie e patologie degenerative.

Il tempo tecnico richiesto per la risposta all’esame varia in base alla richiesta specifica ed alla situazione clinica del singolo caso. Se vi è la necessità di conoscere in breve tempo solo il numero dei cromosomi del bimbo, nel sospetto di una malattia specifica, sulle cellule all’inizio della loro coltura in capsula di vetro (clonazione), si esegue un test detto FISH che permette una risposta nel giro anche di 48 – 72 ore (test rapido) nei confronti dei cromosomi 13, 18 e 21 e dei cromosomi sessuali X ed Y. La risposta della FISH, in genere, è quindi relativa alle trisomie più frequenti (13, 18 e 21), alla monosomia X (S. di Turner), alla S. di Klinefelter (46 XXY).

Per le altre indagini e per una risposta più approfondita sull’intero numero dei cloni ottenuti, ci si aggira, invece, su tempi di 2 – 3 settimane.

Molto raramente:

a) non si ottiene abbastanza liquido al primo tentativo è può essere necessario un secondo prelievo (1,5 – 4% della nostra casistica)

b) le cellule presenti nel liquido amniotico prelevato in quantità normale non sono numericamente sufficienti (prelievo a scarsa cellularità) per le indagini e per le metodiche di Laboratorio (0,5 – 0,9% della nostra casistica)

c) le cellule presenti in quantità normale nel liquido amniotico non riescono a crescere in coltura (0,01 – 0,2% della nostra casistica)

d) le cellule presenti nel liquido prelevato in quantità regolare non riflettono il genotipo fetale (inquinamento da parte di cellule provenienti dalla placenta o dai tessuti materni) (0,1 – 0,3% della nostra casistica).
 

Dove si effettua l’Amniocentesi?

L’Amniocentesi è un indagine che può essere svolta sia privatamente che in sede pubblica.

In entrambi i casi, è indispensabile il rispetto perentorio dell’epoca gestazionale utile all’esecuzione dell’esame, nonché della preparazione farmacologica (a seconda del Centro che esegue l'esame) e degli esami di Laboratorio preliminari (esami infettivologici, gruppo sanguigno ecc.).

Quando si esegue l’Amniocentesi?

L’Amniocentesi si effettua normalmente dopo le 15 settimane di gravidanza; il periodo migliore è fra la 15ma e 18ma settimana, ma il prelievo può essere eseguito anche successivamente se, ad esempio, l’ecografia mostra alterazioni durante l’esecuzione dell’esame morfostrutturale del feto.

L’Amniocentesi è dolorosa?

Molte donne hanno riferito come l’Amniocentesi sia fastidiosa ma non veramente dolorosa. Alcune paragonano il dolore avvertito ad un comune prelievo di sangue venoso per l’esecuzione degli esami di routine.

Essa dura normalmente qualche minuto. In alcuni casi, dopo l’esecuzione dell’esame, si percepisce una sensazione di tensione al basso ventre o in sede specificamente uterina; queste sensazioni possono durare da pochi minuti a qualche giorno e sono alleviate dalla terapia farmacologica che alcuni Centri prescrivono.  Raramente è necessario recarsi in Ospedale per eseguire una terapia per via endovenosa (meno dell’1% dei prelievi nella nostra casistica).

Cosa avviene prima dell’Amniocentesi?

Si prescrivono, oltre agli esami di Laboratorio indicati nelle linee guida nazionali ed internazionali come propedeutici all’esecuzione dell’esame, una preparazione farmacologica che inizia da qualche giorno prima e si completa qualche giorno dopo rispetto al prelievo stesso (a seconda dei vari Centri, dal momento che non da tutti è condivisa tale procedura).

Nella nostra esperienza, questa preparazione abbatte sia il rischio legato alla metodica (vedi di seguito), già di per sé basso, sia l’incidenza di problematiche post-prelievo che possono rendere più difficoltoso il decorso domiciliare a breve e medio termine.

L’organizzazione del nostro Ospedale, per esempio, prevede inoltre che per l’esecuzione del prelievo sia necessaria l’apertura di una cartella clinica (Day Surgery/Day Hospital a seconda dei casi) qualche giorno prima del prelievo stesso. Per altri Centri si dovranno seguire le direttive specifiche.

All’atto dell’esame in Ospedale o presso il Centro privato, vi sarà richiesto di firmare un modulo che attesta semplicemente che avete ricevuto le informazioni adatte prima dell’esecuzione dell’esame, che le avete comprese e che accettate di sottoporvi alla metodica, consapevoli dei rischi intrinseci alla stessa (modulo per il consenso informato). Questo modulo non significa, come qualcuno dice, che i rischi, semmai, di una metodica male eseguita sono tutti a vostro carico; questa è un’informazione errata e volutamente artificiosa. Il modulo serve solo ad attestare che si sta eseguendo, su di voi, una metodica di indagine della quale conoscete ogni singolo passaggio e che voi siete d’accordo nel praticarla. Tutto qui.

E’ importante portare con sé, all’atto dell’esecuzione del prelievo, oltre agli esami di Laboratorio praticati fino a quel momento e quelli specificamente richiesti per l'esecuzione della metodica, il proprio gruppo sanguigno, per eseguire, in caso di fattore Rh NEGATIVO una desensibilizzazione subito dopo il prelievo con immunoglobuline specifiche intramuscolari per evitare di immunizzarsi in caso di gruppo POSITIVO del feto.

A casa, prima di raggiungere la sede prescelta per il prelievo, è buona regola fare colazione normalmente e svuotare bene l’intestino, se serve con l’aiuto di un piccolo clistere o una supposta di glicerina.

Gli esami preliminari più frequentemente richiesti sono:

a)      esami del Complesso TORCH datati non più di 3 settimane

b)     gruppo sanguigno e fattore Rh

c)      dosaggi per Epatite B e C

d)     test per HIV (previo consenso)

 A questi si possono aggiungere esami specifici dettati dall'anamnesi nel singolo caso.

Cosa avviene dopo l’Amniocentesi?

È una buona idea avere qualcuno come supporto dopo il prelievo, per il ritorno a casa. Evitare qualunque incombenza che sia faticosa o che richieda sforzo fisico intenso per almeno 48 - 72 ore. Si dovrebbe restare sdraiate a letto o in poltrona per almeno 3 – 4 ore subito dopo l’esame. Si consiglia di evitare rapporti sessuali nei tre giorni successivi al prelievo. In genere piccole perdite di liquido amniotico sono possibili con una bassa incidenza di casi (meno del 2% nella nostra casistica) nelle prime 24 ore, ma si fermano da sole nello spazio di alcune ore dalla loro comparsa.

Se si ha dolore addominale intenso ai quadranti inferiori che duri più di 24 ore o se si ha febbre superiore ai 38°C o se si ha qualunque strana perdita vaginale diversa da quella anzidetta o un vero e proprio sanguinamento vaginale, bisogna informare il personale che ha praticato l'esame o recarsi in Ospedale.

Quali sono i rischi dell’Amniocentesi?

Meno di 1 donna su 100 (0,5 – 0,9%) potrebbe avere un aborto come conseguenza del prelievo di liquido amniotico. In genere i meccanismi che ne sono alla base prevedono tre eventi fondamentali:

a)      l’infezione dell’area del prelievo (corion-amniotite)

b)     la perdita massiccia di liquido amniotico (oligoamnios – anidramnios post-prelievo da rottura prematura del sacco).

c)      la comparsa di contrazioni uterine non dominabili dalla terapia.

Comunque più di 99 donne su 100 (99,1 – 99,5%) delle gravidanze prosegue normalmente, senza problemi inerenti il prelievo stesso. Si ricorda come l’avere una percentuale di meno dell’1% non significa che ogni 220 – 250 Amniocentesi, matematicamente, una donna abortirà a causa del prelievo; nella nostra esperienza, infatti, nessuna gravidanza si è mai persa per l’Amniocentesi, per avendone eseguite oltre un migliaio.

Per definizione si può imputare un aborto alla metodica, se questo accade nello spazio di 48 – 72 ore dal momento dell’esecuzione del prelievo stesso (N. Vaglio in “Manuale di Tecnica Chirurgica – Ostetricia e Ginecologia – Vol. II - Amniocentesi” – Ed. UTET Torino). Altri rari rischi descritti in letteratura (ematomi della parete addominale, ematomi placentari o del cordone ombelicale, punture del bambino ecc.ecc.), almeno nella nostra esperienza, non si sono mai verificati, in quanto, in genere, dovuti ad errori grossolani della metodica o a situazioni di rischio per le quali, solitamente, si sceglie di non praticare neanche il prelievo medesimo, al momento delle indagini precedenti lo stesso.

La maggior parte delle volte si ricorre ad un singolo prelievo da una singola infissione dell’ago. In casi rari (meno del 5% nella nostra casistica), è necessario eseguire più di una puntura con l’ago per vari motivi (ago difettoso, ago otturato, ago deviato nel decorso da contrazione volontaria o involontaria dei muscoli parietali della donna ecc.ecc.). Fino a due punture in sequenza, non s’incrementeranno in maniera statisticamente significativa i rischi collegati dell’esame; un incremento del rischio si ottiene con la terza puntura consecutiva, sulla cui opportunità si discuterà al momento, direttamente con la paziente. In nessun caso si dovrebbero eseguire più di tre infissioni dell’ago nel corso della stessa seduta per la stesso caso. Vi potrà essere, quindi, chiesto di tornare dopo qualche giorno o dopo una settimana per ripetere il prelievo con le stesse modalità della prima volta.

In caso di tipizzazione sanguigna con fattore Rh NEGATIVO materno, un ulteriore pericolo per la gestante è la sua sensibilizzazione, cioè la formazione di anticorpi specifici anti-globuli rossi; ciò lo si deve, in teoria, al passaggio di sangue fetale nel circolo della mamma indotto dall’ago all’atto del suo ritiro dalla cavità amniotica. In pratica questo evento è di bassissima incidenza, per la quantità alquanto elevata di sangue necessaria al fenomeno che è quasi impossibile venga “trasfusa” alla madre in corso di Amniocentesi. Per questo remoto pericolo, dopo l’esame e solo alle gestanti Rh NEGATIVE si somministrerà una dose standard di siero specifico. Questo rimedio consente di ottenere una protezione rapida e sicura nei confronti di questa rarissima complicanza.

L’Amniocentesi è affidabile?

L’accuratezza dell’analisi genetica da eseguire sul materiale prelevato con l’Amniocentesi è diversa a seconda della situazione personale di partenza ed in particolare del tipo di mutazione dei geni o dei cromosomi per i quali la metodica viene eseguita.

In genere l’affidabilità intrinseca all’esame è massima per la valutazione del numero e della struttura dei cromosomi, per lo studio della loro forma e per alcune indagini di ricerca di materiale genetico di specifici micro-organismi; essa si riduce in maniera diversificata per valutazioni di tipo genico o metabolico, dal momento che situazioni particolari (presenza di cellule materne lungo il tragitto compiuto dall’ago, interferenza con sangue materno o con cellule placentari nel fusto dell’ago ecc.ecc.), possono, a vario titolo e con varia importanza, determinare risposte incerte o errori di valutazione veri e propri.

Per questo motivo è bene discutere preliminarmente, oltre che col personale che segue il prelievo, anche con uno Specialista in Genetica Medica, per richieste particolari che esulino dalle indagini più routinarie che si effettuano sul materiale prelevato con la metodica, onde evitare di incorrere in falsi positivi o negativi. Occasionalmente (in meno di 1 campione su 100) non ci sono abbastanza cellule (prelievo a scarsa cellularità) ottenute con l’Amniocentesi per l’analisi che deve essere effettuata. Ovviamente ciò è al di fuori di ogni specifico controllo da parte dell’Operatore. Se questo accade, vi verrà comunicato per tempo dal personale del Laboratorio di Citogenetica e vi si offrirà un'altra possibilità di prelievo e di analisi.

L’Amniocentesi può individuare tutti i difetti genetici?

Come già detto, l’Amniocentesi e lo studio del materiale biologico ottenuto con questo prelievo, danno risultati affidabili per una serie o un gruppo, se si preferisce, di situazioni patologiche possibili. Essa NON PUO’ evidenziare le migliaia e migliaia di patologie cromosomiche e geniche presenti in Patologia Umana.

Ecco perché gli scopi dell’esame vanno discussi preliminarmente. 

Quanto tempo passa per avere i risultati dell’Amniocentesi?

Come già scritto, il tempo richiesto per ricevere i risultati dipende dal tipo di esame per il quale è richiesta l’analisi. Per alcune situazioni specifiche e con alcune modalità (FISH) saranno necessari solo 2 o 3 giorni al massimo per avere i risultati dell’analisi, ma questo risultato è un risultato PARZIALE; esso conserva la sua validità solo in alcuni casi selezionati.

Normalmente per l’esame COMPLETO del cariotipo saranno necessarie 2-3 settimane. Se i risultati richiedono piu` tempo non è necessariamente detto che ci sia qualcosa di patologico, può a volte significare che le cellule richiedono più tempo per crescere in provetta e formare cloni.

Se viene eseguita un’Amniocentesi per un difetto genetico raro, bisogna chiedere al Medico del Laboratorio cui si reca il prelievo quanto tempo è necessario per avere i risultati.

Quando i risultati sono pronti, questi possono essere ritirati personalmente o da seconda persona munita di delega scritta, datata e firmata con gli estremi di un documento, presso il Laboratorio Analisi o possono essere ricevuti per posta. I risultati non vengono dati, di norma, per telefono. Si dovrebbe discutere con il Medico al momento del prelievo sulle modalità di consegna del risultato.

Cosa accade se i risultati mostrano che il bambino ha un difetto genetico?

Se i risultati mostrano che il bambino ha un difetto genetico, sarà bene nel più breve tempo possibile interpellare uno Specialista in Genetica Medica. Costui discuterà il significato del risultato dell’esame e cosa questo può comportare al bambino. Si parlerà anche di cure e di trattamenti possibili al momento ed in un futuro prossimo. Si parlerà delle possibilità relative alla continuazione della gravidanza in corso, e anche dell’opzione di terminare la gravidanza, nei casi più gravi e senza possibilità di terapie valide. Si ricorda che sapere di un difetto genetico del bimbo non vuol dire AUTOMATICAMENTE di DOVER decidere per l’interruzione volontaria di gravidanza; questo è un falso assunto. La conoscenza, invece, di un difetto genetico, può indirizzare il Clinico alla ricerca di malformazioni specifiche a carico di più organi od apparati durante il prosieguo della gravidanza e può consigliare il parto presso strutture di II o di III livello, dove il piccolo, una volta nato, potrà essere assistito nel migliore dei modi, onde evitargli problemi anche seri immediatamente dopo la nascita. In alcuni centri è disponibile un aiuto sul piano psicologico per valutare cos’è meglio per la madre ed il bambino. Molto raramente l’analisi potrà evidenziare un riarrangiamento cromosomico insolito di cui non si conoscono le conseguenze sul bambino.

AIDS ed Amniocentesi

Se si è positive per l’HIV c’è un piccolo rischio che l’Amniocentesi possa causare il passaggio del virus al bambino infettandolo. È importante, quindi, che se si è positive al test anche per sola presenza di anticorpi specifici senza segni di malattia (sieropositività) lo si discuta preliminarmente con il Personale che esegue il prelievo. In questi casi, ci  si avvarrà della consulenza di un Infettivologo per la valutazione del rischio di trasmissione verticale al feto dell’infezione materna, caso per caso.

A parte, comunque, l’AIDS, è sconsigliato eseguire l’Amniocentesi in corso di una qualunque malattia infettiva clinicamente in atto o evidenziata con tests specifici.

“Debbo fare o no l’Amniocentesi?”

Decidere se richiedere ed eseguire l’Amniocentesi durante la gravidanza può essere, a volte difficile, specie se non vi sono, nella storia clinica della gestante, del partner, delle loro famiglie o nel loro vissuto di coppia situazioni di rischio che l’esame può chiarire a carico del bimbo che si porta in grembo.

È importante ricordare che non si deve fare l’Amniocentesi se non lo si vuole. Si dovrebbe eseguirla solo se si sente che è importante per la coppia avere informazioni che l’analisi può fornire e essere convinti che sia giustificato il rischio del prelievo. Per avere un aiuto per decidere cosa sia meglio si dovrebbero discutere le seguenti informazioni con il personale deputato al prelievo:

  • Informazioni riguardo la possibilità reale che una malattia genetica specifica, presente nella storia clinica dei singoli genitori o della coppia, sia trasmissibile al bimbo che si sta aspettando
  • Informazioni sul risultato anomalo di un test o di un’ecografia preliminare che ha indicato come utile l’esecuzione dell’esame
  • Il significato di alcune anomalie ecografiche già evidenziate che sicuramente o con molta probabilità segnalano la possibile presenza di un difetto genetico
  • Informazioni riguardo il tipo di risposta di Laboratorio che si vuole ricercare con l’esame
  • L’affidabilità dell’analisi
  • Il rischio di avere un risultato non chiaro e di dover rifare nuovamente l’Amniocentesi
  • Il rischio di aborto nel singolo caso
  • Il tempo necessario per avere i risultati dell’analisi
  • La modalità per avere i risultati
  • Le possibilità di cura o le alternative possibili se il bambino risulti affetto da un difetto genetico prevedibile nel singolo caso
  • Le conseguenze sul piano emotivo per la coppia che esegue l’analisi.

Si riportano, in estrema sintesi, l’incidenza della sindrome di Down (mongolismo) e quella delle altre anomalie cromosomiche in relazione alla sola età materna. Questo aiuterà a comprendere meglio che:

a) non esiste un età alla quale il rischio sia completamente annullato

b) il limite dei 35 anni (da compiere anche nel corso dei nove mesi di gestazione) sia considerato “opportuno” per l’esecuzione dell’esame in tutte le gravide.

ETA' DELLA
MAMMA

RISCHIO DI
SINDROME DI DOWN

RISCHIO DI ALTRE MALFORMAZIONI CROMOSOMICHE

30

1 bambino su 885

1 bambino su 385

32

1 su 725

1 su 323

34

1 su 465

1 su 244

36

1 su 287

1 su 149

38

1 su 177

1 su 105

40

1 su 109

1 su 63

42

1 su 67

1 su 39

44

1 su 41

1 su 24

46

1 su 25

1 su 15

Età materna e rischio di malformazione cromosomica fetale (dati aggiornati al 2010 sulla popolazione Italiana)

Si noti come, per esempio, nello spazio di 4 anni (da 32 ai 36 anni) il rischio specifico di sindrome di Down e quello generico delle altre anomalie genetiche su base cromosomica, in pratica, diventi più del doppio.

Questi sono, ricapitolando, gli argomenti che si dovrebbero considerare PRIMA di decidere se sottoporsi o meno all’Amniocentesi. Per le donne di lingua straniera, se si dovesse aver bisogno di un interprete, lo si faccia presente per tempo al personale che esegue l'esame. 

In sintesi e per conlcudere

L’Amniocentesi è un esame per lo più di facile e sicura esecuzione in mani esperte. L’Amniocentesi non dovrebbe diventare, secondo l’idea del nostro gruppo di lavoro, un esame da offrire indifferentemente ed invariabilmente a TUTTE le donne in gravidanza, come pure si fa presso altri Centri, anche rinomati. La metodica di cui si parla, infatti, è una metodica di Diagnosi Prenatale invasiva e, pertanto, come tale, dev’essere, nell'idea di chi scrive, rispettata nelle sue indicazioni e controindicazioni riportate in Letteratura Internazionale, adeguatamente preparata ed attentamente sorvegliata per la diagnosi precoce delle sue possibili complicanze, la cui incidenza (è bene, però, ricordarlo) è estremamente bassa, specie per quelle di grave entità.

Le informazioni che si ottengono con questo esame sono preziose ed insostituibili; esse non potranno essere attinte con nessun’altra metodica allo stato conosciuta in Diagnostica Prenatale. In più si stanno allargando le indicazioni a questo procedimento diagnostico, dal momento che già ora è possibile isolare e far crescere in coltura, ad esempio, cellule staminali del feto da liquido amniotico, da conservare presso apposite Banche per eventuali applicazioni future, come in caso di terapie specifiche di particolari patologie dell’età Pediatrica o, addirittura, dell’adulto per quello specifico soggetto clinico.

La scelta di praticare l’esame, se dettata da motivi medici, spesso spaventa la coppia; le motivazioni di queste paure sono, per lo più, ingiustificate e prive di un reale substrato scientifico e/o clinico. Si tratta quasi invariabilmente, di dicerie diffuse per emotività fuori controllo, ignoranza o quant’altro.

E’, giustificato, perciò, un atteggiamento sereno, fiducioso e tranquillo.  

Data pubblicazione: 02 giugno 2010

Autore

ivanoesantoro
Dr. Ivanoe Santoro Ginecologo, Senologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1985 presso Università di Napoli.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Avellino tesserino n° 2351.

Iscriviti alla newsletter