Ostruzione bite.

Quale bite scegliere? Per quante ore/giorno? Per quanto tempo?

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Dr. Edoardo Bernkopf Dentista, Gnatologo, Esperto in medicina del sonno

Quello gnatologico è un campo molto fumoso, con poche o nulle certezze scientifiche, molta approssimazione, e ampia variabilità di comportamenti nei vari operatori che si definiscono "gnatologi". Ogni operatore applica l'approccio diagnostico e terapeutico che, nelle proprie mani e nella propria esperienza, gli risulta più efficace.

Il trattamento con il bite h24

Fra i vari approcci gnatologici possibili, personalmente privilegio il trattamento con bite dentale in tutte le 24 ore, pasti esclusi: si tratta di uno schema terapeutico contemplato nella letteratura scientifica, che però nulla intende togliere a chi opera diversamente.

Il problema gnatologico è assimilabile ad un problema ortopedico: nessun ortopedico consentirebbe al paziente di togliersi il gesso di giorno e di rimetterlo la sera, solo perché non se la sente di andare al lavoro con il gesso. Il disagio durante il giorno, se il bite è ben conformato, dura poche ore o pochi giorni: il togli e metti, invece lo perpetua.

Per quel che mi riguarda, dunque ritengo più efficace un bite che si porta h 24: la notte dura 8 ore, e con 8 ore avanti e 16 indietro è difficile fare molta strada. Rimosso il bite, di giorno se prescritto per la sola notte, come anche rimosso definitivamente dopo mesi, il paziente dal punto di vista dento-occlusale può essere esattamente come quando ha cominciato: di qui la necessità, secondo alcuni, di prescrivere il bite a vita.

E' peraltro ben vero che una certa memoria posturale potrebbe far mantenere un buon risultato anche togliendo il bite di giorno: il bite può indurre la mandibola a individuare un tragitto di chiusura diverso, evitandole di ricadere nell’intercuspidazione dentaria patologica che generava il problema, e il paziente può assimilare questo schema, mantenendolo per qualche ora anche togliendo il bite. Si tratta però di una risposta favorevole individuale, sulla quale ho deciso di non contare quando tratto un paziente con un quadro complesso, in particolare in presenza di un'incoordinazione condilo-meniscale che genera il click ad ogni movimento mandibolare, e che non insorge solo di notte.

Per approfondire:Se metto il bite solo la notte i benefici rimangono anche di giorno?

Va sottolineato che un vero trattamento gnatologico nulla ha a che fare con i bite piatti, che dovrebbero “svincolare” e “rilassare”, e limitare i danni dell’abrasione dentaria: sono i bite più realizzati al mondo, ma di certo non sono adatti ad affrontare radicalmente un caso disfunzionale.

Esiste un’altra indicazione stretta al trattamento h24: il progetto che il dentista prevede di attuare DOPO un congruo periodo di trattamento con il bite: ottenere un buon successo con il bite, con il miglioramento o la cessazione dei sintomi collaterali (cefalea, cervicalgia, otalgia, vertigini, russare notturno con episodi di apnea ecc.) significa aver trovato la corretta postura mandibolare che, prima del bite, veniva (e togliendo il bite può venire comunque) dislocata in una chiusura scorretta.

Il bite costituisce la terapia iniziale di una disfunzione cranio-mandibolare, una via di mezzo fra la conferma diagnostica e una prima terapia.

Riabilitazione post bite

Lo scopo della riabilitazione (ortodontica, ma anche protesica se il paziente è portatore di dentiera, o di ponti, o gli mancano denti) è quello di modificare i denti in modo da farli intercuspidare mantenendo la postura mandibolare individuata nella fase con il bite. 

Successivamente al bite, si potrà quindi provvedere ad una seconda fase costituita da una riabilitazione ortodontica, protesica o mista che confermi il risultato ottenuto con il bite, trasferendo su una nuova intercuspidazione dentaria il ruolo che nella terapia iniziale era affidato al bite. In alternativa è possibile proseguire con il bite a vita.

Se invece non si ottiene un risultato adeguato con il bite, non é prudente proseguire con trattamenti irreversibili, sia protesici che ortodontici: senza la preliminare fase con il bite, che è la “bussola” indispensabile per indicare la rotta ortodontica o protesica (o mista se, come spesso accade nell’adulto, sono presenti entrambi i problemi) che si deve seguire, il trattamento irreversibile (protesizzazione, ortodonzia, ma anche molaggio selettivo) è estremamente pericoloso, come segnalato dalle Linee Guida internazionali.

La maggior parte degli gnatologi, fin dalla presa in cura, non prevede l’ipotesi della riabilitazione post bite, ritenendo che la possibilità di una correzione ortodontica e/o protesica, una volta ottenuti i benefici con la terapia con il bite, sia più teorica che reale, e molto rischiosa. Preferiscono pertanto non impegnarsi e non impegnare il paziente in una riabilitazione difficile, a rischio di ricadute, e a volte molto costosa.

Si tratta di una scelta strategica sicuramente prudenziale, ma che, a mio parere, non costituisce l’optimum della proposta terapeutica. La scelta di procedere alla riabilitazione finale dovrebbe essere legata, caso per caso, ad un accurato studio di fattibilità, in ragione della complessità del caso e dei desideri e delle possibilità del paziente.

L’esclusione a priori di un percorso riabilitativo post bite nasce anche dal fatto che la Gnatologia nasce storicamente in ambito protesico, e protesisti sono prevalentemente i Colleghi che si occupano di Gnatologia.

Esempi di casi gnatologici

Un caso gnatologico, però, è quasi semplice sostanzialmente impossibile da risolversi con una riabilitazione post bite che non preveda anche una componente terapeutica di tipo ortodontico, a meno che non ci siano le indicazioni ad una protesizzazione massiccia, che riguardi l’intera bocca, e che consenta quindi al protesista di scegliere senza vincoli l’occlusione da realizzare.

Questo un caso trattato con protesizzazione: https://www.studiober.com/scialolitiasi-parotiteipetrofia-del-massatere-1-menardi-anteo/

Per contro, il trattamento ortodontico di un adulto disfunzionale, da parte del dentista necessita anche di conoscenze protesiche e implantari, che non costituiscono semplicemente una fase successiva e finale, ma spesso devono inserirsi nella tempistica del trattamento ortodontico.

Inoltre, trattare ortodonticamente un settore protesizzato significa dover separare elementi di ponte per poterli bandare e mobilizzare ortodonticamente, applicare corone provvisorie con attacchi ortodontici, inserire impianti che prevedono gli spostamenti ortodontici dei denti vicini: tutti aspetti che non devono interferire con il trattamento ortodontico, e anzi, se ben gestiti, possono offrire elementi di vantaggio.

Questo un caso trattato, nella fase dopo bite, con ortodonzia, estrazione del 38, distalizzazione corona del 37, inserzione di fixture in sito 36, conclusione ortodontica: https://www.studiober.com/4390-2/

Quando scegliere l'utilizzo del bite giorno e notte?

La scelta del trattamento con bite h24 è necessaria se il progetto terapeutico prevede una riabilitazione post bite, o comunque non la esclude, perchè durante il trattamento iniziale con il bite è necessario individuare una posizione mandibolare precisa, che possa essere sufficientemente mantenuta anche nella successiva fase ortodontica, quando inevitabilmente si introducono aspetti di imprecisione occlusale legati agli spostamenti ortodontici: questi facilmente possono determinare contatti interocclusali potenzialmente deflettenti, che, senza la “bussola” in grado di mantenere la rotta terapeutica, potrebbero far perdere la posizione terapeutica e i risultati positivi raggiunti con il bite nella prima fase. 

Durante la fase ortodontica si deve affrontare il problema di mantenere il bite per non perdere la posizione terapeutica mandibolare individuata con successo, ma contemporaneamente consentire gli spostamenti ortodontici, che possono per contro creare difficoltà di inserzione del bite (problema non superabile se il bite è solo notturno) e introdurre contatti dentari sfavorevoli.

Il bite non va dunque rimosso: ne va eliminata una parte, il che consente di spostare ortodonticamente i denti così liberati. Quando questi intercuspidano correttamente, si rimuove un altro pezzo di bite, e così via, finchè tutti i denti chiudono correttamente, mantenendo però la postura mandibolare individuata originariamente dal bite. Questo genera inevitabilmente situazioni di potenziale instabilità, che obbliga ad attenti ribilanciamenti del bite ad ogni controllo.

Va considerato che questa strategia rende difficile poter impiegare in casi gnatologici le tecniche ortodontiche così dette “invisibili”, che trattando disgiuntamente le singole arcate, difficilmente possono individuare e mantenere un diverso rapporto fra loro, che è la chiave di volta affidata al dentista per la soluzione di un caso disfunzionale, ed è la funzione terapeutica principale del bite.

Anche un trattamento ortodontico in bocche in parte già protesizzate aggiunge altri problemi: solo verso la fine del trattamento ortodontico si può procedere alla componente protesica definitiva, per ricostruire i denti che lo necessitano, ma anche per rifare le protesi originariamente realizzate per una bocca che, a seguito del riposizionamento mandibolare, risulta profondamente cambiata nelle relazioni interoccusali. La gestione dei provvisori, invece, può dover avvenire anche durante il trattamento ortodontico.

La riabilitazione post trattamento con bite costituisce la scelta di eccellenza di un caso gnatologico complesso, ma prevede conoscenze multidisciplinari da parte dello gnatologo, o rapporti interdisciplinari fra dentisti diversi (che devono possedere peraltro la medesima visione del problema), non facilissime da realizzarsi, il che può portare alla scelta prudenziale del bite a vita.

Per approfondire:Tipi di bite: evidenze scientifiche

Data pubblicazione: 16 febbraio 2023

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