Dalla Telemedicina alla Teleoftalmologia

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Dr. Luigi Marino Oculista, Medico legale

Oggi l'importanza della Telemedicina e il suo impatto sulla Società e sulla salute pubblica sono ampiamente riconosciuti a livello internazionale.

In tutti paesi Europei la Telemedicina è molto diffusa e sostenuta da interventi normativi, da documenti strategici, da progetti a livello nazionale.

Ad esempio in Svezia e in Norvegia la Telemedicina è organizzata capillarmente con oltre 200 applicazioni (smartphone-tablet - PC) e in oltre il 95% degli Ospedali.

Le principali aree applicative sono la Televisita (paziente-medico), il telemonitoraggio e il teleconsulto radiologico.

Molte sono le applicazioni in uso, tra cui: il Teleconsulto tra medico di medicina generale e specialista, la Tele-patologia, la Tele-radiologia, la Tele- psichiatria e servizi per il miglioramento della cura dei tumori.

Le Forze Armate Italiane da anni sostengono lo sviluppo della Telemedicina militare, rivolta alle operazioni militari, e alle missioni umanitarie, anche come strumento di azione pacificatrice.

Abbiamo iniziato con la Telemedicina (ed in Oftalmologia in particolare negli anni novanta) grazie al Prof. Claudio Azzolini dell'Ospedale San Raffaele di Milano ed oggi Direttore della Clinica Oculistica Universitaria Ospedale di Circolo, Università dell"insubria di Varese.

Per approfondire:Telemedicina: evitare il rischio di "deskilling"

Ricordo ancora i collegamenti con il Dottor Marco Codenotti dall'Ospedale da Campo Italiano (allora giovanissimo Chirurgo Oculista inviato dall'Ospedale San Raffaele all'Ospedale di Sarayevo.

La Protezione Civile nell'ambito delle proprie attività nelle emergenze e gli interventi nelle catastrofi ha sviluppato ottimi modelli di Telemedicina.

Infine, il Centro Internazionale Radiomedico dal 1935, assolve il ruolo di TeleMedicine Assistance Service nazionale italiano nell'ambito dei sistemi SAR (Search and Rescue) sia sul mare che per la navigazione aerea.

La Telemedicina è la modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o tra medici di varia specialità e competenza) non si trovano nella stessa località.
La Telemedicina necessita di una linea di trasmissione sicura (per le informazioni e dati sensibili che contiene) e dati di carattere medico nella forma di testi, suoni, immagini o altre forme necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti.

La prestazione di Telemedicina non sostituisce la prestazione sanitaria tradizionale nel rapporto personale medico-paziente, ma la integra per potenzialmente migliorare efficacia, efficienza e appropriatezza.

La Telemedicina deve altresì ottemperare a tutti i diritti e obblighi propri di qualsiasi atto sanitario.

A titolo esemplificativo non rientrano nella Telemedicina portali di informazioni sanitarie come MEDICITALIA, i social network, i vari forum, newsgroup, posta elettronica o altro.

La Telemedicina ha varie finalità sanitarie:

  • Prevenzione secondaria
  • Diagnosi
  • Cura
  • Riabilitazione
  • Monitoraggio.

 

E si divide in:

1) TELEMEDICINA SPECIALISTICA
La categoria della Telemedicina specialistica comprende le varie modalità con cui si forniscono servizi medici a distanza all'interno di una specifica disciplina medica.
Può avvenire tra medico e paziente oppure tra medici e in caso di emergenza con altri operatori sanitari abilitati.

Televisita
La Televisita è un atto sanitario in cui il medico interagisce a distanza con il paziente.
L'atto sanitario di diagnosi che scaturisce dalla visita può dar luogo alla prescrizione di farmaci o di cure.
Durante la Televisita un infermiere o un operatore sanitario, che si trovi vicino al paziente, può assistere il medico.
Il collegamento deve consentire di vedere e interagire con il paziente e deve avvenire in tempo reale o poco differito.

Teleconsulto
Il Teleconsulto è un'indicazione di diagnosi e/o di scelta di una terapia senza la presenza fisica del paziente.
Si tratta di un'attività di consulenza a distanza fra medici che permette a un medico di chiedere il consiglio di uno o più medici, in ragione di specifica formazione e competenza, sulla base di informazioni mediche legate alla presa in carico del paziente.

Telecooperazione sanitaria
La Telecooperazione sanitaria è un atto consistente nell'assistenza fornita da un medico o infermiere o (in urgenza da altro operatore sanitario) ad un altro medico o altro operatore sanitario impegnato in un atto sanitario.
Il termine viene utilizzato per la consulenza fornita a quanti prestano un soccorso d'urgenza.

 

2) TELESALUTE
La Telesalute attiene principalmente al dominio della assistenza primaria.
Riguarda i sistemi e i servizi che collegano i pazienti, in particolar modo i cronici, con i medici per assistere nella diagnosi, monitoraggio, gestione, responsabilizzazione degli stessi.

Permette a un medico (spesso un medico di medicina generale in collaborazione con uno specialista) di interpretare a distanza i dati necessari al Telemonitoraggio di un paziente, e, in quel caso, alla presa in carico del paziente stesso.
La Telesalute prevede un ruolo attivo del medico e un ruolo attivo del paziente, prevalentemente pazienti affetti da patologie croniche, e in questo si differenzia dal Telemonitoraggio.

I recenti progressi dell'Imaging in Oftalmologia hanno fatto si che strumentazioni ad altissima ed avanzata tecnologia siano presenti in molti ambulatori oculistici.

Le interpretazioni dei dati a volte richiede una supervisione o la possibilità di Consulto con strutture universitarie di avanguardia o con specialisti oculisti estremamente ferrati in Retina Medica o in Imaging, da qui la necessità di creare una rete tra medici oculisti e tra medici oculisti ed internisti, diabetologi, reumatologi, cardiologi per condividere la corretta diagnosi e strategia terapeutica nei confronti dei pazienti.

Recentemente durante il Simposio SILO - SIOL si e' ribadito che anche se si parla di solo Imaging strumentale il dialogo e la Tele-Oftalmologia devono avvenire tra Medici e Medici Oculisti e non tra Medici Oculisti in collaborazione con altre figure o strutture come Farmacie o Negozi di ottica e nei quali la normativa vigente chiaramente ne fa divieto (comparaggio?).

Data pubblicazione: 08 febbraio 2018

3 commenti

#1
Dr. Luigi Marino
Dr. Luigi Marino

ARTICOLO DEL PROF CLAUDIO AZZOLINI
PUBBLICATO IN RETE SU OFTALMOLOGIA DOMANI

Poco prima di guardarci tutti dall’alto, Costantino mi aveva chiesto un parere su come procedesse la telemedicina oggi.

Aveva già pubblicato un suo editoriale sulla teleoftalmologia su “Oftalmologia Domani” più di un anno fa, nominandomi, sullo spunto di un articolo del Dr. Fanton. Le sue riflessioni erano, come sempre, argute e condivisibili. Avevo quindi cominciato a preparare a mia volta questo articolo che leggerai, tu Costantino, dall’alto. In questi tempi ove tutto corre, vediamo se anche la teleoftalmologia sta correndo. Come si vede dal titolo, si comincia a correre, ma poco. E motivo le ragioni, in base alla mia esperienza, che non consentono ancora un vero decollo della cosiddetta telemedicina.

La telemedicina o a mio parere più correttamente e-health, intesa come un ramo dell’informatica applicata alla medicina, è nata per semplificare il lavoro del radiologo che doveva ricercare in enormi archivi le immagini da consultare. E qui il lavoro dell’informatica medica è stato ottimo, consentendo al medico in pochi secondi di trovare e visualizzare le immagini delle radiografie che voleva. Ogni ospedale si è quindi poi dotato di un’efficiente struttura informatica che, oltre ai CUP, gestiva e serviva la radiologia. In seguito si è capito che tutte le specialità con forte utilizzo della diagnostica per immagini, come l’oftalmologia, potevano beneficiare dello stesso servizio. E perché allora ci siamo fermati? E non si parla solo di immagini. Viene spontaneo infatti domandarsi perché nel follow-up di una malattia oculare il paziente debba venire in ospedale (con perdita di giornate lavorative anche per l’accompagnatore) magari solo per una acuità visiva o una tonometria. La tecnologia consente ormai di eseguire queste e moltissime altre procedure da casa, inserire i risultati in rete e attendere una risposta o un alert da parte dell’ospedale. Questi concetti sono ormai largamente condivisi, ma perché non riusciamo a metterli in pratica?

Superati gli scogli ormai antichi di affidabilità, lentezza e costi delle telecomunicazioni, si è pensato parecchi anni fa che fosse il momento buono per iniziare seri progetti di informatica medica. Personalmente, soprattutto dopo l’utile esperienza di collegamenti via satellite con la Bosnia postbellica a metà degli anni 90 per procedure chirurgiche vitreoretiniche e la partecipazione a un Working Group della Commissione Europea sulla telemedicina, io stesso ho avuto la percezione che tutto fosse ormai a portata di mano. Così abbiamo creato e sviluppato, noi come altri, vari progetti. Te ne cito solo due realizzati all’inizio del 2000 e poco dopo: il Registro Italiano dei Traumi Oculari realizzato assieme al Prof. Marco Borgioli (abbiamo raccolto in breve tempo quasi 4000 traumi oculari da tutta Italia per studi epidemiologici) e il progetto e-retina per semplificare le procedure iniettive degli emergenti farmaci intravitreali. Entrambi hanno coinvolto centinaia di medici e ci hanno dato molte soddisfazioni. Ma che fatica!

Siamo infatti incappati nei nuovi scogli della e-health che secondo me riguardano: (i) la creazione di software idonei, (ii) l’organizzazione, (iii) la burocrazia, (iv) la cultura “di rete” e (v) i costi. Cerco di analizzarli con ordine.

#2
Dr. Luigi Marino
Dr. Luigi Marino

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(i) La creazione di nuovi software condivisi in sanità è ancora un terreno difficile. Gli adattamenti in sanità dei comuni software gestionali non hanno infatti dato i risultati sperati, le esperienze fatte sono differenti e con programmi che non dialogano fra loro. Infine vi è ancora difficoltà nella usabilità dei software di trasferimento e condivisione immagini unite alle stringhe di appartenenza. Ultimamente è stato fatto molto dalle ditte costruttrici di nuovi strumenti diagnostici, soprattutto dei nuovi OCT, ma solamente in loco a livello di personal computer o al massimo su reti locali intranet. La strada da percorrere è ancora lunga. E’ inoltre opinione abbastanza comune che per realizzare un software per qualsivoglia progetto basti dare ad un programmatore i requisiti voluti e questi dopo poco tempo venga da te con il risultato.
Non è così, come sanno bene validissime persone con cui ho lavorato e lavoro quali l’Ing. Aldo Torreggiani, l’Ing. Andrea Falco, l’Ing. Gianfranco Giardina, l’Ing. Paolo Melillo, l’IT Francesco Oggionni e l’IT Valerio Tartaglia.
Per ottenere un qualunque efficace servizio di e-health è necessario un lunghissimo lavoro di progettazione, costruzione e verifica tra medici, informatici e programmatori. Tutti questi attori devono lavorare insieme.

(ii) In ogni progetto occorre un notevolissimo sforzo organizzativo per disegnare il software, crearlo, modificarlo in base ai test, spiegarne le procedure e riunire i medici nei vari territori per l’avvio della fase pilota. E noi italiani non siamo portati per carattere ad un’attenta pianificazione che precede l’operatività.

(iii) Per quanto riguarda la burocrazia, i progetti sorti in rete negli anni scorsi erano spontanei; non erano richiesti particolari permessi, né lunghe procedure di privacy, né consensi specifici.
Ora è più difficile e, come sosteneva Costantino, anche la “giustizia creativa” ha il suo impatto sulla foresta inesplorata della telemedicina soprattutto in campo di responsabilità professionale.
Inoltre non esiste una normativa unificata per procedure di e-health, con la sola esclusione di realtà condivise in intranet solo in ambiti ristretti, come in poche aziende sanitarie. Vi hanno provato in molti in ambito governativo centrale, ma con poco successo. Esiste un unico codice italiano di autoregolamentazione della telemedicina dell’Avv. Paola Ferrari, e solo recentemente alcune linee di indirizzo e di sostenibilità governative. Attualmente è comunque difficile costruire saldamente un servizio pubblico o privato vero e proprio. Un esempio di difficoltà burocratiche? L’impossibilità di portare a termine un servizio di assistenza oftalmologica da remoto dall’Italia all’africa subsahariana, progetto richiestoci e iniziato in un Ministero a Roma ma mai decollato, nonostante i nostri sforzi ed una banda libera su satellite a disposizione.

(iv) Manca ancora a parer mio in medicina una idonea cultura “di rete” a causa di molteplici fattori tecnici e umani. Il successo di questi progetti è basato su partecipazione, responsabilità, trasparenza e voglia di effettiva collaborazione per approfondire le proprie conoscenze a beneficio proprio e dei pazienti. Manca anche una cultura di valutazione dei progetti di e-health in termini di accesso, accettabilità, qualità dei dati trasmessi ed efficacia medica. Un esempio fra tutti: dopo una iniziale valutazione di un progetto in rete per semplificare le procedure di accesso ai pazienti per le cure con iniezioni intravitreali al fine di facilitare l’integrazione ospedale-territorio, abbiamo poi scoperto che molti oculisti territoriali non hanno a disposizione internet negli ambulatori.

(v) I progetti integrati di e-health sono costosi e quando un team di medici e programmatori decide di attuare un progetto efficace (dal monitoraggio di pazienti anziani alla valutazione da remoto di una malattia oculare o neurochirurgica, da registri epidemiologici a second opinion, ecc.) si deve confrontare con studi di fattibilità e di valutazione tecnica-economica con delimitazione degli ambiti, priorità, linee di azione, strategie e modalità di lavoro. La maggior parte dei progetti di e-health in Italia, se non quasi tutti, trova risorse economiche dai pochi fondi di ricerca o da volonterose ditte farmaceutiche. Mancano quindi le basi dell’economia di scala (aumento della produzione e conseguente diminuzione dei costi) indispensabile per il decollo di ogni progetto. In sostanza, occorrono difficili business-plan che il medico, quasi sempre ideatore e promotore di un progetto, non può fare e valutare al meglio.

#3
Dr. Luigi Marino
Dr. Luigi Marino

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Come dice il mio caro amico Ing. Umberto Paolucci che di informatica e di strategie economiche se ne intende molto, occorre sì in primis il prodotto, ma a giocare un ruolo chiave sono poi marketing e finanza. In sostanza, occorre un progetto che preveda un nucleo propulsore in grado di concepire, realizzare, aggiornare e sistematicamente innovare il progetto stesso, un cosiddetto ecosistema dell’offerta che contribuisca alla creazione e diffusione dei prodotti che ne fanno parte ed infine un mercato pronto ad accoglierlo, cioè i clienti finali in grado di comprenderne il valore e di pagarne il prezzo.

Se questo nucleo minimo di condizioni di base non si verifica, si resta, senza nulla togliere alla qualità scientifica ed accademica dei progetti che possono essere avviati, in un ambito purtroppo artigianale e come tale vulnerabile di fronte alle numerose difficoltà che bene aveva elencato Costantino nel suo editoriale. Per superarle temo che non bastino gli sforzi dei singoli innovatori se non, appunto, opportunamente incanalati e incardinati in progetti industriali.

Grazie all’interessamento del Dr. Claudio Zucchi presiedo da tempo in Regione Lombardia un gruppo informale per l’innovazione in informatica medica assieme al Prof. Francesco Sicurello, presidente dell’ITIM (Associazione Italiana di Telemedicina ed Informatica Medica), e ad altri attori del sistema. Il nostro scopo è quello di aggiornarci su quanto fatto in materia e di darci idee per progetti condivisi fra varie realtà. I software sviluppati dall’informatica medica sono già molto utili per vedere e studiare al meglio esami di apparecchiature medicali come la RMN o l’OCT e nel creare procedure gestionali come i CUP ospedalieri o le prenotazioni delle visite dalle farmacie. Il passo successivo, quello di utilizzare software intelligenti per far colloquiare i medici a beneficio dei pazienti, deve ancora farsi strada. E in questo campo abbiamo constatato che moltissimi nuovi progetti, in molte specialità mediche e chirurgiche, sono utilizzati per breve tempo. Molti terminano per mancanza di risorse, scarso utilizzo, mancanza di interesse e soprattutto cessato entusiasmo dell’ideatore che, fatti i debiti rapporti costi-benefici, desiste per le molte difficoltà sopra elencate. E, tranne poche eccezioni, lo stesso vale per molti progetti esteri di colleghi con cui sono in contatto.

Personalmente però non mi arrendo tanto che, dopo un lunghissimo lavoro, inizia a funzionare una nuova piattaforma per semplificare il lavoro dei medici non solo oculisti. Tale piattaforma è già operativa in progetti di ricerca multipli come quelli presso la mia Università, presso l’Università della Campania voluta dalla Prof.ssa Francesca Simonelli e presso vari centri Italiani di Otorinolaringoiatria coordinati dal Prof. Paolo Castelnuovo. Cito inoltre con piacere uno dei lati più belli della nuova e-health; infopoverty, termine coniato nell’ambito delle Nazioni Unite dall’Arch. Pierpaolo Saporito con l’obiettivo di combattere la povertà attraverso l’applicazione delle ICT, ossia delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Dei molti progetti svolti per aiutare le comunità più svantaggiate della terra, i cosiddetti “villaggi ICT” vedranno probabilmente un’espansione di molti progetti funzionali di e-health.

Ho scritto queste considerazioni con piacere, nella convinzione che possano essere utili ai lettori di Oftalmologia Domani. Stiamo cominciando a vedere bei progetti attuati, ma in poche sedi ed in ambito ridotto. Altri stanno per essere realizzati. Uno studio del politecnico di Milano sottolinea come il 37 % delle strutture sanitarie, a macchia di leopardo, abbia investito nell’e-health, ma non è chiaro quanto. E’ però una buona notizia, sappiamo bene ormai come l’evoluzione demografia in atto e l’aumento di malattie croniche necessitino di nuove “soluzioni sanitarie”. E anche di “migliori soluzioni sanitarie” come il Patient Engagement, ovvero la partecipazione attiva del paziente alla gestione condivisa in rete del suo percorso terapeutico e assistenziale, che è già dimostrato essere esso stesso una terapia per il paziente. Sono peraltro convinto che, sebbene debba forse passare quasi ancora una generazione, sicuramente i risultati di questa inevitabile, drastica e sostenibile trasformazione cambierà positivamente il rapporto fra operatori sanitari e la loro relazione con il pubblico da come lo conosciamo noi oggi. E’ un sogno? Ma si dice, sempre caro Costantino, che siano proprio i sogni a cambiare la realtà.

di Claudio Azzolini

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