Privacy: in sala d'aspetto posso essere chiamato per nome?

u.donati
Dr. Umberto Donati Ortopedico, Chirurgo della mano, Medico legale, Perfezionato in medicine non convenzionali

In campo sanitario vi sono numerose domande che quotidianamente riguardano la privacy. Il Garante per la protezione dei dati personali ne riceve numerose, del genere
Chi può ritirare i referti degli esami e la cartella clinica?
- Come si avvisa il paziente in sala d'aspetto che è arrivato il suo turno?
- Il medico può domandare al paziente se è sieropositivo?

Per rispondere a queste e ad altre domande, è stato realizzato un opuscolo intitolato “Dalla parte del paziente. Privacy: le domande più frequenti” , con il quale il Garante offre le indicazioni necessarie perché alle persone che entrano in contatto con medici e infermieri e con le strutture sanitarie, sia per ricevere cure o prestazioni sanitarie sia per espletare pratiche burocratiche, vengano garantiti riservatezza e rispetto della loro dignità.

Il vademecum, scritto con linguaggio facilmente comprensibile e suddiviso in sette brevi capitoli: "Il paziente informato", "Informazioni sulla salute", "In attesa", "Telecamere e internet", "La salute dei dipendenti", "Hiv", "Sanità elettronica", si rivela utile per i pazienti fin dal momento della loro attesa di una visita medica.

Una delle domande dell'opuscolo, che è disponibile online sul sito del Garante, è infatti "Nelle sale d'aspetto in che modo il paziente deve essere avvisato del proprio turno?".
Le indicazioni cambiano a seconda che ci si trovi in una struttura sanitaria pubblica o nello studio del medico di famiglia o di uno specialista: nel primo caso, infatti, il nome del paziente in attesa non può essere pronunciato ad alta voce, ma bisogna utilizzare un codice alfa-numerico. Negli studi medici privati, in quelli specialistici o dal medico di base invece si può chiamare la persona per nome.

Un'altra domanda: "Se una persona viene portata al pronto soccorso o ricoverata, chi può avere notizie? Telefonando al pronto soccorso si possono ricevere informazioni sulla presenza di una persona o in uno dei reparti, ma solo se si è un parente, un convivente, un conoscente o personale volontario. Non si possono ricevere informazioni dettagliate sulle condizioni sanitarie del paziente. Questo naturalmente nei casi che l'interessato sia comunque d'accordo".

Alla domanda su chi è autorizzato a ritirare i risultati delle analisi o una cartella clinica, il Garante risponde: "I referti diagnostici, le cartelle cliniche, i risultati delle analisi e i certificati rilasciati dagli organismi sanitari possono essere consegnati in busta chiusa anche a persone diverse dai diretti interessati purché munite di delega scritta".

 

Si tratta di uno strumento utile sia per gli utenti, che vedono rispettata la propria privacy, sia per gli operatori sanitari ai quali consente di migliorare la qualità dei servizi proposti.

 

Data pubblicazione: 28 giugno 2011

6 commenti

#1
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Dr. Mario Corcelli

Umberto, il divieto di chiamare le persone che attendono in sala d'aspetto per nome mi pare una esasperazione delle regole della privacy, come pure quello di non mettere i nomi dei pazienti sulla porta delle camere di degenza.

#2
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Dr.ssa Angela Pileci

Al Policlinico di Monza il paziente viene chiamato con un codice numerico assegnato al momento del pagamento della visita. Lo ritengo un atto di rispetto e di delicatezza verso la persona. Ma in tutta onestà è stata la prima volta che ho visto questa procedura. In altre strutture pubbliche ancora oggi il paziente viene chiamato per cognome. Da quanto tempo è in vigore questa prassi?

#3
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Dr. Umberto Donati

@Corcelli: sarà una esasperazione ma non è una mia decisione. Io sarei per usare un numero anche nell' ambulatorio del MMG e dello specialista
@Pileci: penso che questa prassi sia suggerita da quando è stata "scoperta" la privacy. Io l'ho riportata perchè è compresa nel vademecum che il Garante ha recentemente reso disponibile sul proprio sito e di cui si è avuta notizia in questi giorni.

#4
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Ex utente

Dottore, sarebbe bello se il mondo funzionasse così come dice lei. Io abito a Milano e sono al pronto soccorso di un grande ospedale e al triage davanti a tutti ho detto tutti i fatti miei. Ho aspettato la bellezza di cinque ore prima di essere visitato e ho saputo i fatti di tutti gli altri che sono arrivati dopo di me. Un vero schifo insomma. Dipende tutto dal personale in servizio e della privacy non importa niente a nessuno. Non mi riferisco sono alla sanità ma a tutti gli ambiti in cui i professionisti devono o dovrebbero tutelare la privacy.

#5
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Dr. Umberto Donati

@Utente 403482.
Lei scrive "sarebbe bello se il mondo funzionasse come dice lei", ma, come è ben specificato, di mio nell'articolo non c'è nulla: si tratta di un opuscolo con il quale il Garante offre le indicazioni necessarie perché ai cittadini che si rivolgono alla Sanità pubblica e privata vengano garantiti riservatezza e rispetto della loro dignità. Il documento è scaricabile nel sito del Garante al link http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1812198. Ciò che Lei ha riscontrato purtroppo è frequente, e non è necessariamente imputabile al personale in servizio, ma piuttosto all'organizzazione che la singola ASL si è data e alla configurazione dei locali. In questo caso sarebbe forse più utile che Lei segnalasse l'inconveniente, in modo che si cerchi una soluzione.

#6
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Ex utente

anche io confermo quello che scrive l'utente n. 403482

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