L'artrosi del ginocchio e dell'anca

L’artrosi è una patologia degenerativa che colpisce la cartilagine che riveste le nostre ossa, in particolare le superfici articolari. È da considerarsi come un invecchiamento precoce del tessuto osseo, che diventa patologico quando causa deformità e dolore. Le sedi più frequenti sono le ginocchia e le anche, per ovvie ragioni gravitazionali. Le persone sovrappeso e con stile di vita sedentario sono le più esposte. Mi dispiace per le lettrici femminili ma il sesso forte è per ragioni ormonali anche il più esposto. Esistono inoltre altri fattori di rischio, come gli esiti traumatici ed infettivi, la radioterapia e patologie congenite dell’apparato scheletrico. 

  1. Qual è il primo approccio alla patologia?

 

Il primo approccio non deve mai essere aggressivo, anche perché non sempre troviamo una corrispondenza tra i sintomi riferiti dal paziente ed il quadro radiografico. Il trattamento dipende sempre dall’entità dei sintomi e dal grado radiografico di artrosi, dalle limitazioni riferite dal paziente ed anche dalle sue aspettative e stile di vita, attività lavorativa, hobby ecc. 

  1. Le infiltrazioni articolari possono aiutare il paziente?

 

Le infiltrazioni articolari, con cortisone o acido jaluronico, possono sicuramente essere utili, soprattutto nelle fasi iniziali della patologia o in quei pazienti con malattia avanzata ma che non vogliono sottoporsi ad intervento chirurgico. Certo non possono garantire i risultati di un intervento, ma possono comunque alleviare il dolore e migliorare la performance del paziente. Hanno una grande utilità ed efficacia soprattutto nel ginocchio, meno nell’anca.

  1. Chi sono i pazienti candidati alla chirurgia?

 

La scelta del paziente candidato alla chirurgia è sicuramente il compito più difficile. La decisione deriva da una attenta valutazione clinica e radiografica, deve essere condivisa da medico e paziente e deve cercare di soddisfarne le aspettative, migliorandone il dolore e la qualità della vita.

  1. Che cosa si intende per protesi mini-invasiva del ginocchio?

 

In realtà più che di protesi è più giusto parlare di chirurgia mini-invasiva, che deve essere intesa come una filosofia, una attitudine chirurgica volta al risparmio dei tessuti nobili del nostro organismo, cercando di sacrificarli al minimo, utilizzando delle vie di accesso specifiche e delle protesi mini-invasive. Ad esempio, nel caso del ginocchio si possono utilizzare le protesi monocompartimentali, che sostituiscono il solo compartimento danneggiato, considerando che ce ne sono ben tre e che spesso vengono utilizzate protesi totali anche quando solo uno di questi risulta compromesso. In casi selezionati l’intervento può anche essere eseguito in contemporanea ad entrambe le ginocchia.

  1. Quali sono i vantaggi della protesi monocompartimentale rispetto alla protesi totale?

 

Sicuramente riduzione dei tempi chirurgici e delle perdite ematiche, con una probabilità di ricevere trasfusioni di sangue pari allo zero %, recupero funzionale più rapido con possibilità di riprendere la propria autonomia in circa 20 giorni. Ai miei pazienti faccio sempre l’esempio del gommista: perché devo cambiare 4 gomme se solo 2 sono consumate?

  1. La mini-invasività può essere applicata anche alla protesi dell’anca?

 

Sicuramente si. La stessa filosofia la ritroviamo nell’anca, dove attraverso la via posterolaterale mini-invasiva sacrifichiamo al minimo i muscoli glutei, che vengono poi reinseriti alla loro sede di origine. Qui non esistono protesi monocompartimentali ma si usano protesi d’anca con steli corti ed a conservazione del collo femorale. Anche qui, in casi selezionati, l’intervento può essere eseguito in contemporanea.

 

 

 

Data pubblicazione: 29 novembre 2018

7 commenti

#1
Dr. Gianni Nucci
Dr. Gianni Nucci

Sembra che gli ortopedici sostituiscano tutto il ginocchio e non solo la parte erosa per ignoranza o incompetenza. Dovrebbe passare il messaggio che la PMC ha le sue indicazioni (BMI non eccessivo, femororotulea e LCA indenni, età, varo non eccessivo...), non che il collega è più bravo di altri perché loro tagliano indiscriminatamente e lui no.

#3
Dr. Alessio Biazzo
Dr. Alessio Biazzo

Caro collega ortopedico,

oramai i concetti che esprimi non sono più attuali. L'età ed il peso corporeo, o il varo-valgo, non sono più delle controindicazioni ad un intervento di protesi monocompartimentale, mediale o laterale o femororotulea. L'unico che è rimasto attuale è la presenza del legamento crociato anteriore, ma anche qui ci sarebbe da discutere.
cordiali saluti

#4
Dr. Emanuele Caldarella
Dr. Emanuele Caldarella

Cari colleghi, sono d'accordo con Voi: troppo spesso al paziente viene proposto di "attendere", o all'opposto si suggeriscono protesi più invasive semplicemente perché l'ortopedico ha diffidenza o scarsa dimestichezza con la chirurgia monocompartimentale.
Personalmente eseguo molte procedure monocompartimentali: già anel 2010 , nel mio articolo su MI+ (https://www.medicitalia.it/minforma/ortopedia/585-l-artrosi-del-ginocchio-gonartrosi-e-la-protesi-del-ginocchio.html), illustravo le procedure monocompartimentali ed anche le più rare bi-monocompartimentali.
Credo proprio che -ad oggi- il punto nodale e critico della protesi monocompartimentale sia l'indicazione. Dando per scontata la padronanza della tecnica chirurgica, ciò che non è affatto scontato per il chiriurgo è la corretta scelta delle indicazioni. Se si è troppo selettivi si rischia di fare protesi totali a tutti, viceversa essere troppo permissivi rischia di lasciare dei pazienti insoddisfatti. La vera "arte" della chirurgia monocompartimentale è saperla consigliare bene. Osare il giusto, esagerare mai. Non è certo facile. Per imparare a mettere una protesi monocompartimentale bastano pochi mesi di pratica. Per affinare le indicazioni servono anni di esperienza.

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