Rimorsi e rimpianti. Destino e castigo della ciclotimia.

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Diabetologo, Medico delle dipendenze

"Ha dei rimpianti?"
"No. Ho sempre impostato la mia vita in modo da morire con trecentomila rimorsi e nemmeno un rimpianto." F. De André, 1967

In un'intervista, De André illustrava la sua visione morale della vita, e la riassumeva nell'osservazione che si può solo scegliere tra rimpianti e rimorsi: non aver mai rischiato e trasgredito, ma rimpiangere ciò che avrebbe potuto essere; oppure averlo fatto, con soddisfazione, ma averne per questo rimorso nei confronti di chi può esserne stato ferito. Aggiungeva a questo che naturalmente una vita piena di rimorsi è in un certo senso una vita da "figlio di puttana", ma che queste erano le scelte possibili, e la prospettiva dei rimpianti in fin dei conti non ha senso per sé, e neanche per gli altri, che avrebbero al loro fianco una persona infelice. Questa visione della vita è la morale dell'album "Non al denaro, non all'amore né al cielo", ispirato alle poesie di Spoon River di E.L. Masters, in cui si dipingono ritratti di vita di personaggi variamente limitati dai loro caratteri o dai loro difetti, in cui l'unico sostanzialmente salvo rimane il suonatore Jones, che appunto muore tragicamente ma in maniera più dolce perché senza "nemmeno un rimpianto".

In altre parole si potrebbe dire che si può scegliere se sentirsi in colpa verso se stessi o verso gli altri, per essersi negati la felicità o per essersela concessa sacrificando quella altrui. Questa scelta è solitamente umorale, perché gli stati umorali euforici inducono certamente a trasgredire e non rinunciare a ipotesi di felicità, sacrificando senza malizia magari ma senza riguardo tutto il resto. Gli stati umorali depressivi, distimici sono la condizione ideale per non far del male a nessuno, ma anche per rimanere con l'amaro in bocca di una vita non vissuta e di occasioni perse per troppa cautela. Si potrebbe ancora sintetizzare che il distimico si trova a far di necessità virtù, cioè rispetta e non tradisce semplicemente perché il suo umore non gli lascia altra scelta, ma poi si trova a rimpiangere ciò che non ha assaporato. L'euforico-disinibito invece accetta la colpa che deriva dalle sue trasgressioni, a cui non rinuncia come scelta fondamentale di vita, ma che neanche persegue con malizia. Per questo, sentirà poi un rimorso tanto autentico quanto incomunicabile a chi è stato deluso, ferito o abbandonato. Chi si prende sia rimorsi che rimpianti è di solito la persona con umore alternante, per due motivi. Innanzitutto, perché nella vita sperimenterà entrambe le condizioni: dover rinunciare a occasioni e consolarsi con il senso di lealtà e di rispetto che deriva dalla mancata trasgressione. Poi, perché capiterà che durante una relazione, una fase della vita si alternino fasi umorali che cambiano il senso e il futuro dei proprio progetti. Un investimento promettente cambia colore e diventa un pericoloso salto nel buio. Una nuova relazione entusiasmante si tinge di noia e di rimorso per ciò che si è abbandonato, magari una famiglia o un porto sicuro che si aveva prima. Una vita in un luogo lontano ed esotico diventa una situazione di solitudine e senso di rimorso per aver rinnegato le proprie radici. Una vita libertina e votata alla soddisfazione del proprio ego diventa un senso di povertà e di aridità spirituale con rimorso per la mancanza di basi stabili, di figli, di legami profondi. L'equilibrio in queste sindromi "ciclotimiche" è proprio quello tra una felicità ricercata e una felicità lasciata passare, che sono entrambi stati umorali più che "oggetti". Per meglio dire, quando l'umore è su si rincorre la felicità, quando l'umore è giù non si riesce a rincorrerla, senza poi sapere se ciò che si rincorre, o si rinuncia a rincorrere, sia autentico e importante. Nella vita dei ciclotimici si affollano quindi occasioni ricorse e consumate, di solito poi fallite o esaurite, e occasioni perse. Guccini descrivo i ciclotimici, dal punto di vista di una fase depressiva, come i "piccoli eroi delle occasioni perse". Il ciclotimico perde l'occasione a cui rinuncia da depresso, ma perde spesso anche quella che ha rincorso e consumato, perché questa si rivela effimera, o perché poi non riesce a seguirla fino in fondo, venendo meno l'euforia iniziale. Ecco perché negli anni, e nella maturità, la sensazione del ciclotimico è quella di aver avuto tanto magari, ma di avere anche un vuoto enorme. La perplessità del ciclotimico sta in mezzo al rimpianto e al rimorso. Aver lasciato troppo presto, o esser tornato indietro troppo tardi. La felicità oscilla tra queste due posizioni, e ad ogni ciclo si riproduce quest'alternanza tra il desiderio di avere di più e il rimorso di essersi bruciato dietro a occasioni illusorie, perdendo quelle importanti. Del resto, non c'è una terza soluzione: rimorsi o rimpianti.

Questa visione esistenziale spiega sicuramente il sentimento generale della ciclotimia, cioè la continua fame di realizzazione e la sensazione di incompletezza anche quando si è sulla cresta dell'onda, ma tutto ciò non è immutabile. Compito del medico in particolare è partire sofferenza individuale, di solito corrispondente ad una maggiore intensità e frequenza o instabilità delle oscillazioni umorali, così da configurare quelle sindromi note come "disturbi". Il disturbo non consiste tanto nella presenza di questa ambiguità tra rimorsi e rimpianti, ma nell'incapacità di salvaguardare il proprio potenziale di realizzazione, e di renderlo più stabile in modo da non perdere colpi ad ogni ciclo umorale, e ritrovarsi costretti nel tempo ad una miscela di rimpianti per il futuro e rimorsi per il passato, senza avere nuove opportunità.

Data pubblicazione: 15 dicembre 2011

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Diabetologo, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

Specialista con oltre 25 anni di esperienza clinica e di ricerca in psichiatria, focalizzato su dipendenze da oppiacei, doppia diagnosi e terapia farmacologica. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche internazionali e docente universitario, ha ricoperto ruoli di rilievo in società scientifiche e comitati editoriali. Riconosciuto per contributi innovativi nella gestione integrata delle dipendenze e nella farmacoterapia personalizzata.

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3 commenti

#1
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Utente 171XXX

tutta l'infelicità degli uomini deriva da non sapersene stare tranquilli in una stanza!Se lo diceva Pascal il più grande dei matematici...e uno un po meno grande di De Andrè ma sempre grande come Finardi diceva :"L'amore è fatto di gioia ma anche di noia"!!

#2
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Dr. Matteo Pacini

Sì, ma la noia e il non aver niente da fare sono per l'appunto due elementi che inevitabilmente nell'uomo sono identificati come problematici. Inutile dire cosa l'uomo dovrebbe sentire o come dovrebbe comportarsi, è importante capire come funziona e guidarlo secondo i suoi meccanismi, altrimenti si finisce per dire: "senza i tuoi sintomi staresti bene".

#3
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Ex utente

rimorsi E rimpianti, il cui elenco continua a ripetersi fin dal principio. Si riesce a raggiungere il perdono di sé stessi?

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