Ossessioni e Morale: problema o soluzione?
Sul fondo del nostro cervello, fondo proprio in senso anatomico, la parte che si chiama "nuclei della base", si svolge un'attività di controllo e risistemazione continua, simile a quello che in un computer è il lavoro "in background" dei processi automatici. Il cervello ciclicamente rivede le sue informazioni, o semplicemente per richiamare i suoi punti di partenza naturali, o per fissare ciò che sta imparando e ripartire dall'ultimo passo fatto, o per rivedere e cancellare alcune istruzioni o informazioni che sono state contraddette o devono essere aggiornate.
Una parte di questi pensieri sono irrisolti, e riguardano elementi che ci potrebbero paralizzare o tormentare se fossero pensieri costanti e dominanti, come ad esempio le domande aperte su "cosa c'è dopo la morte", "che senso ha la vita", "potrei morire da un momento all'altro", o semplicemente "è giusto quello che ho fatto", "qual'è la scelta migliore" e così via. Domande come queste sono automaticamente spente, e rimangono appunto sul fondale.
Quando invece risalgono e girano nel cervello cosciente diventano ossessioni, che temporaneamente possono essere elaborate come linee di pensiero, o addirittura teorie filosofiche, ma che sostanzialmente non approdano ad alcuna risposta, così come era nelle premesse di una domanda intuitivamente senza risposta. Le ossessioni quindi non sono pensieri che devono essere chiusi con una risposta, ma pensieri che devono essere oscurati con una non-domanda. La loro natura è questa, e quindi il meccanismo di controllo che le tiene oscurate o le chiude senza averle risolte è quello che va potenziato con le terapie. Quando questo non accade i pensieri ossessivi crescono e diventano un nuovo presupposto del ragionamento e del comportamento, che anziché permettere di procedere oltre costringe a star fermi senza muoversi o a retrocedere rinunciando alle proprie iniziative, in maniera da eliminare l'ossessione stessa.
Se l'adattamento normale sarebbe quello di procedere con un dubbio irrisolto ma oscurato momentaneamente, l'adattamento ossessivo è quello di aspettare la risposta e nel frattempo evitare l'ansia di non averla. Questo significa non vivere per non doversi angosciare, e genera infelicità.
Le risposte attraverso cui questo meccanismo è risolto o prevenuto corrispondono spesso agli schemi culturali dominanti, che nascono e si diffondono proprio per la loro capacità di controllare l'angoscia del dubbio e dell'insicurezza umana con risposte tanto assurde di per sé o relative quanto "funzionali" al contenimento dell'ansia. Una risposta all'ossessione non esiste, ma se una persona "crede" in maniera dogmatica che quella risposta sia giusta, ecco che la sua ossessione è risolta. Un dubbio morale, un dubbio su cosa sia bene o male fare, su cosa porti o meno fortuna, su cosa convenga o meno scegliere per attirare su di sé un destino migliore, per vedere dopo la morte un senso anziché la fine, sono tutti buoni motivi per aggrapparsi ad una risposta, una regola, un dogma, una fede.
Quando si aderisce ad un sistema di valori o di regole, la regola non serve fondamentalmente per essere rispettata, ma per controllare l'ansia dell'indefinito attraverso la fede. Chi aderisce ad un modello morale non necessariamente ne rispetta le regole, ma le riconsoce come regole valide. Alcuni sistemi morali molto diffusi ad esempio prevedono sia il riconoscimento di un bene e un male, sia un sistema di ravvedimento e come "normalità" di un continuo trasgredire per poi risistemare la tragressione con il successivo pentimento. Il valore di molti modelli morali con cui le persone superano momenti di crisi, ritrovano un senso alla vita, o semplicemente eliminano una situazione di angoscia, è quello di fissare una risposta sfuggendo ai principi della logica. Una rispota logica ad una ossessione infatti non funziona, è temporanea, ma tende ad aggravare l'ossessione stessa. Per questo le risposte "religiose" alle ossessioni sono più efficaci di quelle logiche. I sistemi di ragionamento sul senso della vita infatti producono in alternativa o riflessioni insoddisfacenti in termini intellettuali che indicano un senso gratificante (essere amati, essere stati creati, avere un destino, un fine, etc), oppure linee filosofiche che approdano al nichilismo morale, corrette sul piano logico ma insoddisfacente in termini di gratificazione, perché spingono ad una visione desolante del mondo.
I sistemi più terapeutici rispetto ad ossessioni sono alla fine quelli paradossali, quelli cioè in cui le regole comportamentali sono in realtà non-regole, e il distacco dalla domanda è il fine ultimo dell'esercizio spirituale. In questo modo si ottiene un effetto di non-risposta all'ossessione ma nel contempo lo si fa attraverso una soddisfazione spirituale che rappresenta una sorta di risposta "sospesa". In altre parole ci si esercita a scacciare la domanda, o a farsi carico della risposta, senza possibilità di appoggiarsi a elementi esterni, con il risultato che ogni risposta è sostanzialmente soddisfacente, ma non necessaria. Quindi, conviene fare a meno della domanda.
La chiave del successo delle religioni o delle morali in generale sull'ansia del giusto e dello sbagliato non è tanto il fatto di dare una risposta all'ossessione in sé, quanto di saturare ossessioni diverse mediante rituali già predisposti, in maniera che il cervello sia saturo di ossessioni. In altre parole, una preghiera (che contiene e ripete regole e concetti morali) può far cessare un'ossessione che niente ha a che vedere con il contenuto della preghiera. Un dogma o comandamento ha una funzione antiossessiva non perché ad esempio dice "uccidere è sbagliato" ad una persona che è ossessionata da questo dubbio, ma perché satura il meccanismo rituale (anche solo come creazione di categorie mentali) del cervello ossessionato da questo o altri dubbi.
Lo stesso culto della morte, presente in tutti i sistemi religiosi, ha la funzione fondamentale di oscurare la presenza della morte come idea nella vita quotidiana. Anziché evitare il contatto con la morte, le religioni lo incorporano come elemento fondamentale, in maniera che sia ancor più chiaro di quanto non lo suggerisca il pensiero spontaneo della persona. In questo modo il cervello sviluppa automaticamente una forma di oscuramento della realtà della morte, il che consente di vivere spensieratamente.
Ovviamente, se c'è una predisposizione naturale all'ossessività, qualunque sistema, anche uno non logico come quello religioso, nel tempo tenderà a non bastare più, e quindi la persona rischierà di irrigidirsi su un sistema di regole che poi ad un certo punto non gli consente più comunque la tranquillità, in quel caso schiacciato tra l'ossessione e il "rituale" di rassicurazione ormai inefficace ma a cui è legato.