L'Omocausto: breve storia per non dimenticare.

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Dr. Manlio Converti Psichiatra, Psicoterapeuta

A metà ottocento l’Italia è in fermento. Siamo nel Risorgimento e Napoli è ancora la capitale del regno delle due Sicilie. Da noi i femminielli hanno un ruolo preciso nella società, per la miseria dei vicoli si arrangiano con la camorra o interpretano ancora il ruolo di sacerdoti della dea madre, come in tutte le culture ed epoche della storia. Dei masculoni sappiamo poco e nulla, ma i femminielli insegnano ai giovani i ruoli del sesso, fanno da sensali, predicono il futuro con la tombola, portano le donne a Montevergine perché abbiano gravidanze feconde, si prostituiscono e rubano, si sposano secondo il rituale del matrimonio masculino ed imitano anche i parti con il rituale della figliata.

In Inghilterra, nonostante la rivoluzione industriale, il codice giuridico della regina Vittoria stabilisce ancora uno specifico reato, ma solo per l’omosessualità maschile.

La Germania si chiama ancora Prussia ed è invece al centro di ogni grande rivoluzione culturale, da Kant a Hegel, passando per gli omosessuali Wittgestein e Winkelmann, a cui dobbiamo gli studi dei reperti di Pompei, conservati al Museo Archeologico.

Lo statuto prussiano è influenzato direttamente da quello Vittoriano, che è la fonte di ogni persecuzione ancora oggi nelle numerose colonie del Commonwealth, ed istituisce il famigerato paragrafo 175, che impone la prigione ad ogni “uomo che” permette o “commette atti licenziosi e lascivi con un altro uomo”.

Il femminiello viene studiato dagli stessi omosessuali secondo le metodiche categoriali istituite da Kant, che male si applicavano al comportamento umano, figuriamoci alla complessità della sessualità.

Secondo Karl Heinrich Ulrichs, uranista, 1860 “i sessi umani non sono due, ma tre: maschile, femminile e intermedio. L'uranista è l'appartenente a questo "terzo sesso", che mescola caratteristiche del sesso maschile e di quello femminile, ma è stato trascurato dalla scienza fino a questo momento.”

Karl-Maria Kertenby, omosessuale, sostenne invece nel 1869 la tesi opposta della piena virilità inventando appunto la parola “omosessuale” ed istituendo il primo movimento di liberazione: i giorni dei femminielli stavano per finire.

La teoria Uranista ebbe vita breve, mentre quella dell’”omosessualità” venne usata dallo psichiatra Kraft Ebing per indicare come affetti da malattia psichiatrica le persone effeminate e quindi omosessuali, chiudendoli in manicomio, quando non finivano in prigione.

Con l’unità d’Italia sempre nel 1868 lo Statuto Albertino, copiato dai prussiani, a sua volta preso dal codice vittoriano, non ci crederete, non verrà applicato a sud di Gaeta, per rispetto alle tradizioni popolari, mentre si impone lentamente nel Paese la tradizione vaticana di negare del tutto l’esistenza stessa delle persone effeminate, vietando anche l’uso della parola omosessuale, che ormai indicava un malato di mente.

A Berlino, invece, nonostante il paragrafo 175 e la condanna al manicomio, la vita degli effeminati e degli omosessuali esplode in un tripudio di vita culturale, che include finalmente anche le donne come Tamara di Lempicka, ma anche le associazioni per i diritti e tanti locali dedicati, quanti non ce ne saranno neanche in epoca moderna.

 

Magnus Hirshsfeld, omosessuale dichiarato, fondò nel 1919 il Comitato Scientifico Umanitario per dimostrare che l'omosessualità, solo quella virile, insomma, non era una malattia, ma soprattutto che non doveva essere affatto condannata dal famigerato Paragrafo 175, che, abbiamo detto, valeva solo per gli uomini.

La confusione non poteva che aumentare.

Risale al 1931 la prima operazione di transizione e la nascita del transessuale vero e proprio, una delle possibili trasformazioni del femminiello. Hirshfeld, che da omosessuale aveva già denominato “transvestitus” le persone effeminate per distinguerle dagli omosessuali virili, eseguì l'operazione di cambiamento di sesso su di un pittore danese, seguendo le tecniche del fisiologo viennese Steinach che lavorava sugli animali.

Einar Wegener fu il primo effeminato ad ottenere la transizione e così divenne Andreas Spanner detta Lily.

Gli studi sul ciclo ormonale femminile e sulle possibili interferenze negli effeminati e negli omosessuali saranno condotti, ferocemente, nei campi di concentramento nazisti.

“Uccisi dalla barbarie, sepolti dal silenzio” . Si fatica a parlare dell’olocausto che ha coinvolto gli omosessuali, anche perché erano omosessuali sicuramente anche i più alti ranghi delle gerarchie del Terzo Reich.

Ernst Röhm, Capo di Stato Maggiore delle SA, è apertamente omosessuale e governerà l’ascesa di Hitler fino alla notte dei lunghi coltelli. PAUSA

“Le attività omosessuali di una non trascurabile parte della popolazione, costituiscono una seria minaccia per la gioventù. Tutto ciò richiede l'adozione di più incisive misure contro queste malattie nazionali…Dobbiamo sterminare la radice e i rami di questa gente... gli omosessuali devono essere eliminati!" 1936, Heinrich Himmler, documento che giustifica la notte dei lunghi coltelli in cui le SS trucidarono le SA di Ernst Röhm anche perché omosessuali.

Tornando a casa nel 46 dopo la fine della guerra molti non furono riaccolti dalle proprie famiglie, ("meglio un figlio morto che frocio" è espressione che resiste tuttora… in Germania) oppure mandati in prigione, appunto sulla base dell'ancora vigente Paragrafo 175, riformato solo ne ’69 ed eliminato definitivamente solo nel 1994.

SOLO negli anni 80 un omosessuale sopravvissuto all'Olocausto, l'alsaziano Pierre Seel, racconterà PER IL DOCUMENTARIO PARAGRAPH 175 TUTTA la sua storia:

 

"Quando i nazisti assunsero il potere il mio nome apparve in una lista di omosessuali locali che ricevettero l'ordine di presentarsi presso la stazione di polizia All'arrivo alla stazione di polizia insieme ad altri gay fui picchiato, alcuni, che cercarono di resistere, ma gli vennero strappate le unghie dagli uomini delle SS." "durante un appello mattutino il comandante del campo annunciò un'esecuzione pubblica. Un uomo venne portato fuori era il mio amante diciottenne di Mulhouse. Le guardie del campo lo spogliarono degli abiti, posero un secchio metallico sopra la sua testa, quindi gli aizzarono contro i cani lupo addestrati che lo sbranarono fino ad ucciderlo." PAUSA

In Italia l'inserimento degli omosessuali tra i gruppi da colpire per la "tutela della razza" avvenne palesemente per scimmiottare la Germania nazista, in un secondo momento, ma venne goffamente trapiantato su un terreno culturale del tutto incongruo. Era un paradosso definire gli omosessuali in quanto "razza", al pari degli ebrei o dei negri, perché il fascismo si basava su almeno un secolo di tradizione giuridica e clericale repressiva italiana, che puntava a cancellare del tutto l'omosessualità negandole qualsiasi spazio di visibilità, fosse pure deviante.

“Gli italiani sono troppo virili per essere omosessuali”: ecco la parola d'ordine di Benito Mussolini... PAUSA

"A me non hanno dato il triangolo rosa, perché quando mi hanno preso, hanno saputo che ero un disertore, ma la faccenda dell'ufficiale tedesco con cui ero stato sorpreso a Bologna non è venuta fuori, perciò avevo il triangolo rosso con su scritto IT, italiano.

Il campo era diviso in tre, una parte era per le donne, una per gli uomini e una per gli omosessuali. I triangoli rosa erano tanti, per la maggior parte polacchi e francesi. Li vedevamo da lontano, si attaccavano alle reti di divisione, si sforzavano di parlare, di sentire, ma non ci riuscivano, erano troppo lontani ed erano trattati peggio di tutti, gli facevano delle angherie peggiori che a noi. Ogni tanto lo pensavo e mi dicevo: “mi è andata bene, a confronto a loro, se si fosse saputa tutta la mia storia, il triangolo rosa sarebbe toccato anche a me”.

Erano uomini e donne insieme, ma non li distinguevi, erano tutti uguali. Loro erano completamente pelati, tutti, uomini e donne. La barba non cresceva a nessuno perché non c'era calcio in quello che mangiavamo. I triangoli rosa avevano la divisa a strisce come gli ebrei. Gli omosessuali facevano tutti i lavori peggiori: seppellivano i cadaveri, lavoravano ai forni crematori. Poi morivano, morivano da soli, così, non c'era bisogno di metterli nelle camere a gas, morivano per esaurimento delle forze. Alcuni facevano dei lavori più pesanti, tipo scavare o cose del genere. Alcuni insomma facevano dei servizi sessuali e ne avevano dei vantaggi, ovviamente, rispetto al resto; ma erano obbligati a farlo, anch'io se me lo avessero chiesto, lo avrei fatto, in quella situazione lo avrebbe fatto chiunque.

Il mio nome è Lucy, una biografia italiana scritta di recente da Gabriella Romano.

La repressione delle condotte omosessuali in Italia fu estremamente efficace: Viviani e De Filippo non citeranno mai la figura del femminiello nelle loro numerose opere!

 

Data pubblicazione: 27 gennaio 2013

2 commenti

#1
Specialista deceduto
Dr. Giovanni Migliaccio

Grazie per aver voluto in questa importante "Giornata della memoria", ricordare le barbariche persecuzioni della Germania, condannata a portare a lungo il peso della sua Storia.
Non solo gli omosessuali furono uccisi, ma anche zingari, malati mentali, storpi, gli affetti da s.di Down ecc.accomunati agli ebrei nel delirio di un Capo davvero malato di mente e che come una pestilenza si diffuse in tutta l'Europa di quegli anni.

Ricordando, camminiamo su una strada migliore.

#2
Dr. Manlio Converti
Dr. Manlio Converti

Ti ringrazio per avere esteso il ricordo della memoria (solo adesso ho letto il commento).
Ricordiamoci però che nonostante la legislazione italiana non lo contenesse esplicitamente, per comunanza con il diritto civile borbonico, a sua volta ispirato al codice napoleonico, a differenza del codice Savoia originario, che si ispirava proprio a quello prussiano, che trae origine da quello inglese, vittoriano, le persecuzioni delle persone Lgbt sono state feroci anche in Italia, in epoca fascista e nel dopoguerra, tanto che se ne è persa quasi del tutto la memoria.
Vedi la doppia tragedia, giuridica e manicomiale, della coppia Braibanti-Sanfratello.
Continuano d'altra parte anche quelle verso i Rom o i Sinti, cui è resa impossibile ogni forma di integrazione, e la distruzione della Salute Mentale comporta nuovamente la reclusione dei sofferenti psichici in manicomi privati.

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