L'esercizio fisico migliora le funzioni cognitive e contribuisce a prevenire la demenza

Si tratta di una conferma di conoscenze acquisite, proveniente dalla più autorevole rivista psichiatrica. Molecular Psychiatry ha infatti pubblicato una revisione della letteratura che riassume la mole di conoscenze accumulatesi su questo argomento di grande attualità (se si considerano le dinamiche demografiche).

Gli autori hanno analizzato sia gli studi randomizzati e controllati sia le revisioni sistematiche della letteratura già esistenti, concentrandosi sulla relazione tra esercizio fisico da una parte e il livello delle performance cognitive, il declino intellettivo fisiologico nell'età avanzata e il rischio di demenza dall'altra.

Le conclusioni sono di sicuro interesse, anche in una prospettiva di prevenzione nell'ambito della sanità pubblica.

I risultati sono confermati anche dopo la recente introduzione di misurazioni oggettive dell'entità dell'esercizio fisico, quali ad esempio l'accellerometro e la misurazione del consumo di ossigeno.

L'esercizio fisico migliora il funzionamento cognitivo o ne rallenta il declino in vari domini quali la memoria verbale, le funzioni esecutive, l'attenzione ed il punteggio globale. Diminuisce inoltre il rischio di ammalarsi di demenza di Alzheimer e di tipo vascolare.

La proporzione di risultati positivi è maggiore tra gli studi di coorte prospettici (78%): ciò potrebbe indicare che l'attività fisica a lungo termine, a partire dalla giovane-media età, conferisce i maggiori benefici in termini di salute cognitiva. Alti livelli di attività fisica conferiscono effetti protettivi simili a livelli di esercizio moderati, in confronto ad una vita inattiva, diminuendo il rischio di demenza del 35%-45% (in lavori diversi).

Curiosamente il sesso femminile può godere di maggiori effetti positivi dell'esercizio fisico sulla cognizione, rispetto al sesso maschile. Una possibile spiegazione potrebbe essere il marcato calo ormonale che subiscono le donne in menopausa, calo che le rende più esposte al rischio di demenza e quindi più suscettibili alla prevenzione. Gli effetti positivi rimangono tuttavia ragguardevoli anche per gli uomini.

Gli autori hanno inoltre evidenziato le conoscenze riguardanti i possibili meccanismi attraverso i quali si estrinsecano gli effetti positivi dell'esercizio fisico. Le persone dedite all'attività fisica presentano una carico cerebrale di placche di beta amiloide inferiore a coloro che conducono una vita sedentaria. Sono inoltre soggetti ad una ridotta atrofia cerebrale evidenziando volumi corticali maggiori in aree critiche per il funzionamento cognitivo, quali gli ippocampi e la corteccia frontale, parietale e temporale. È stato dimostrato infine che l'esercizio fisico induce la produzione di fattori di crescita quali il BDNF e l'IGF-I, le cui attività pare siano sinergiche, e di diversi neurotrasmettitori tra cui l'acetilcolina, la noradrenalina, la serotonina e la dopamina.

Rimangono da chiarire i meccanismi esatti attraverso cui si esplicano gli effetti positivi dell'esercizio fisico sulle funzioni cognitive, qual'è il livello di attività fisica ottimale per ottenere il maggiore beneficio ed infine se esistono differenze in relazione alle caratteristiche genetiche dei singoli individui.

Si può concludere che l'esercizio fisico, oltre a diminuire i rischi di mortalità in generale, di patologie cardiovascolari, di ipertensione, di osteoporosi, di diabete e di depressione, permette di rimanere più lucidi e più a lungo.

 

Bibliografia

Multiple effects of physical activity on molecular and cognitive signs of brain aging: can exercise slow neurodegeneration and delay Alzheimer’s disease?
BM Brown, JJ Peiffer and RN Martins - Molecular Psychiatry (2013) 18, 864–874

Data pubblicazione: 01 agosto 2013

Autore

diego.corazza
Dr. Diego Corazza Psichiatra

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 2007 presso Università di Torino (sede San Luigi Orbassano).
Iscritto all'Ordine dei Medici di Torino tesserino n° 21057.

Specialista in psichiatria con oltre 10 anni di esperienza in ambito clinico e comunitario, responsabile medico di strutture riabilitative e ambulatoriali. Laureato con lode all’Università di Torino, ha maturato competenze avanzate nella diagnosi, terapia farmacologica e psicoterapia di disturbi psichici, integrando attività clinica, consulenze psichiatriche e gestione di pazienti complessi.

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2 commenti

#1
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Dr.ssa Paola Dei

Interessantissimo articolo, soprattutto per le strade che apre nell'ambito della prevenzione. Sarebbe certo oltremodo interessante sapere, come giustamente sostiene anche lei, se esistono differenze in relazione alle caratteristiche genetiche dei singoli individui. Speriamo di avere presto anche questa risposta, intanto già una bella certezza c'è.

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