Temperamento, disturbo bipolare e destini umani: spunto da un cartone animato (Ken il Guerriero)
Generosità, ambizione, malinconia e conflitto. Apparentemente quattro vie diverse, quattro sentimenti di segno diverso, invece quattro facce della stessa “energia”. Nello studio e nell’osservazione di chi ha un temperamento ben definito, è tipico verificare come poi, nel corso della vita, all’asse portante iniziale che rappresenta la prima identità della persona si affianchino altre valenze, altre sfumature. Le teorie antiche si riferivano a queste costituzioni mentali come all’espressione di “fluidi”, materialmente fluidi corporei, di diversa qualità (bile nera, rossa, gialla etc), concetto ripreso, anche se in termini meno concreti, anche dall’astrologia, in cui le miscele di qualità predeterminate condizionano il destino dell’uomo.
La ricerca sui temperamenti umorali dimostra appunto nella popolazione circolino tre o quattro “tipi” umorali, che sono varianti dell’essere umano. Il carattere ipertimico (euforico-sicuro-intraprendente), il carattere distimico (costante-mite-rinunciatario), il carattere ciclotimico (che procede per guizzi, sensibile, impulsivo) e quello irritabile (scontroso, ostile, oppositivo, disorganizzato). Nel tempo questi profili tendono tutti a sfumarsi e a diventare simili al terzo, al ciclotimico. Il più mutevole dei temperamenti, che procede per oscillazioni, e prevede in sé sentimenti contrastanti e posizioni di rilancio alternate a posizioni di ritiro, è il lago in cui affluiscono tutti gli altri.
Le persone ciclotimiche spesso si sentono “più persone insieme” a seconda dei momenti, o anche confrontando periodi diverse delle loro storie di vita, come se non si riconoscessero più, guardando indietro, nei comportamenti e negli atteggiamenti avuti. Certo è che “dentro” una persona con temperamento “umorale” ci sono tutte e quattro le sfumature, come si vede in maniera eclatante durante le fasi di alterazione maggiore, cioè le depressioni, le manie, gli stati misti dell’umore.
La cautela, l’irruenza, il guizzo e la contrapposizione sono le valenze che, diversamente miscelate, possono portare ad un destino di conflitto distruttivo con il mondo (criminale) oppure ad un destino di inventore o rivoluzionario, o anche a quello di benefattore e filantropo, o di gaudente e brillante imprenditore, o di artista.
Leggersi i testi tecnici però ha sempre un valore limitato, è più interessante capire come nei fatti i temperamenti umorali si manifestano, e allora sono più utili esempi letterari, o di cronaca, o di storia magari, o di cinema.
Una delle ultime rappresentazioni a mio avviso più convincenti è quella di un cartone animato, Ken il Guerriero, che propone i profili di quattro fratelli uniti da un destino comune. La storia è più o meno la seguente: dopo un disastro atomico, la terra è in preda alla miseria e alla barbarie, e le antiche scuole di arti marziali (Hokuto e Nanto) sono un baluardo spirituale, dei poli di conoscenza e di forza a cui spetta il compito di fondare una nuova era. Ogni scuola ha un successore designato, che custodirà il segreto di una tecnica di combattimento mortale: la scelta è quindi delicata, perché il successore potrà applicare la sua forza (umore) sia alla pace che alla guerra, sia alla propria supremazia che al bene comune. Spetta quindi alla saggezza del maestro “uscente” operare la giusta scelta. Il vecchio maestro deve scegliere tra quattro figli: in ordine di anzianità Raoul, Toki, Jagger e Kenshiro. Ognuno rappresenta una delle vie che l’umanità può prendere, ma nella teoria della storia nessuna di queste vie da sola è sufficiente a se stessa. Raoul ha scelto la via della dominazione, il suo fine è diventare il re del mondo, eppure in questo avverte un senso di sconfitta profonda, di inutilità, il mondo è da conquistare perché fondamentalmente senza valore, senza amore né futuro. Può essere consumato, sottomesso, utilizzato per la propria gloria, ma vi è un fondo di malinconia, inespressa, sull’elmo da conquistatore di Raoul. Toki è una specie di sciamano, il suo sogno è convertire la tecnica di combattimento che tocca i punti di vitali dell’avversario in una tecnica di guarigione, una specie di chiropratica che sottrae le persone alla morte, anziché un’arma per infliggere colpi mortali. Toki è la parte più nobile, e salverà la vita agli altri rischiando la propria, senza però essere in grado di concepire alcuna lotta “attiva” e senza contrapporsi a nessuno. E’ un faro spirituale per tutti, ma da solo soccomberebbe e non riuscirebbe ad aiutare che pochi uomini, sopraffatto dalla furia di altri guerrieri. Jagger è il fratello “cattivo”: irruente, certamente forte, è però invidioso, impaziente e cieco ai valori della solidarietà, incapace di amare. Non esita a usare metodi sleali, abbassandosi a tutto pur di vincere, ma rinunciando proprio per questo ad acquisire la sicurezza necessaria per divenire un “grande”. Di fatto venderà la grandezza vera per la soddisfazione di usurpare al fratello Ken il titolo di successore, ma oltre questo non farà molta strada, e si limiterà ad essere un tiranno di mezza tacca. Kenshiro è il successore designato, dopo una prova decisiva, quella della tigre: nel confronto con una tigre selvaggia, Ken riesce a fermare la tigre con un gesto, il fratello Raoul invece la provoca, si fa attaccare e poi la decapita con un colpo mortale. Raoul crede di aver dato la prova migliore, ma il maestro sentenzia che la vera forza è quella di Kenshiro, perché di fronte a lui la tigre si è arresa (sperando di essere salvata dal suo animo nobile), mentre si fronte a Raoul ha attaccato, perché non gli restava altro da fare (essendo l’animo di Raoul capace solo di forza e non di benevolenza).
Kenshiro sarà tradito dai fratelli, che non accettano questa designazione, ma poi risorgerà e guiderà l’umanità verso la salvezza. Nel cartone però è chiaro che tutti i fratelli sono facce di una entità spirituale comune, di cui forze Kenshiro è il prodotto finale, il fiore che deve restare, ma che non potrebbe esistere senza gli altri. Protetto da Toki (il guaritore), con la strada spianata da Raoul (l’ambizioso), con il dolore per il tradimento e l’amore per la compagna perduta, in Kenshiro l’umore troverà una soluzione finale fertile, che darà un futuro all’umanità.
In questa allegoria è possibile riconoscere anche quel che si tenta di fare nella cura dei disturbi dell’umore, e cioè riportare queste “forze” alla miscela più produttiva, in cui ci sia la capacità (forza) ma anche l’interazione con gli altri necessaria per costruire, e la progettualità che coinvolga se e gli altri. Una spinta totale utopistica (quella dii Toki il guaritore) è spesso priva di forza reale, così come la furia conquistatrice (quella di Raoul in conquistatore) è spesso priva di costrutto e arida, mentre la furia ostile e invidiosa parte è una forma perdente di aggressività, già frustrata sul nascere. Anche l’amore e la bontà d’animo, non “armate” dalla forza di un umore sufficientemente acceso, o dall’esperienza di successi e fallimenti, non riescono a far raggiungere i propri scopi, e così Kenshiro deve in qualche misura il suo ruolo di salvatore anche agli altri personaggi, senza cui o non sarebbe sopravvissuto, o non avrebbe avuto la spinta necessaria ad andare avanti.
Recuperando una frase da uno degli episodi del cartone, “non è l’ambizione a dar forza al proprio pugno, ma è la tristezza di cui un uomo si fa carico”. Anche in questa affermazione si può trovare una verità biologica, perché la parte negativa, quella depressiva, nasconde il motore del disturbo dell’umore, cioè è più probabile che un disturbo si veda dalla “rabbia” depressiva che non dall’esuberanza di un temperamento “euforico”. In altre parole, la forza delle alterazioni dell’umore spesso è preannunciata dall’intensità dei sentimenti depressivi più che dal carattere “vigoroso” del temperamento abituale.
In questa storia si ritrovano quindi molti degli elementi della biologia dell’umore. Il rapporto complementare tra le varie “anime”, la molteplicità delle vie che può prendere una stessa “forza” a seconda delle altre componenti con cui si miscela, l’importanza di una polivalenza per riuscire a resistere e ad ottenere i propri scopi: essere monocorde, solo in un modo, paga nell’immediato ma rende meno “brillanti” e meno innovatori.
Anche il messaggio terapeutico è importante, quando si pensa che non si rinasce e non si progredisce soltanto spingendo al massimo la propria forza, come fosse un motore da tirare senza tregua o senza limiti, ma incanalando anche la parte negativa della propria esperienza, e vivendo se stessi senza pretendere un umore sempre euforico, come se la salvezza fosse l’assenza di qualsiasi dolore o debolezza. La variabilità del proprio umore, se opportunamente miscelata, può arricchire l’esperienza di vita, così come invece la caoticità dei cambiamenti, o la “polarizzazione” da una parte e dall’altra che si ha nei disturbi dell’umore (euforici o depressivi o furiosi) tende ad essere sterile e a portare a vicoli ciechi.
www.gipsicopatol.it/italiano/rivista/2005/vol11-3/castrogiovanni.pdf
http://www.hokutonoken.it/personaggi_idx.htm