Ti aiuto, amico topo: roditori mostrano comportamenti basati sull’empatia

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta

La prima prova di comportamenti empatici d’aiuto è stata prodotta in topi da laboratorio che si sono dati da fare per liberare un compagno da una restrizione al movimento, secondo un nuovo studio di neuroscienziati dell’Università di Chicago.

L’esperimento pubblicato questo mese su Science mostra, sull’albero evolutivo delle specie, segni di comportamento prosociale molto più in basso di quanto si pensasse. I comportamenti empatici erano già stati osservati aneddoticamente nei primati e in altre specie selvatiche, ma è la prima volta che li si osserva nei roditori.

“Questa è la prima evidenza di comportamenti empatici d’aiuto nei topi”, dicono J. Decety e I. B. Harris, professore di psicologia e psichiatria all’Università di Chicago. “Esistono molti indizi in letteratura sul fatto che l’empatia non sarebbe una prerogativa degli esseri umani, e infatti è stata dimostrata in modo convincente nei primati. Non era chiaro però se si potesse parlare d’empatia anche nei roditori. I nostri esperimenti mostrano ora per la prima volta comportamenti d’aiuto basati sull’empatia nei topi da laboratorio”.

Lo studio dimostra le radici evoluzionistiche profonde dei comportamenti empatici, dice J. Mogil, professore di studi sul dolore alla McGill University. “Ciò che i colleghi hanno scoperto, in realtà, è più che empatia: è comportamento prosociale. Ed è ancor più clamoroso se consideriamo che nello studio non vi è stato ricorso a nessuna tecnologia di tipo avanzato”.

Nell’esperimento, due comuni topi da laboratorio sono stati messi in una gabbia speciale. Uno dei due è stato collocato in un dispositivo di restrizione del movimento, un tubo chiuso con una porta, che poteva essere aperta a spinta dall’esterno. Il secondo topo poteva scorrazzare libero nella gabbietta, potendo vedere e sentire il compagno imprigionato, ma senza essere spinto dai ricercatori a iniziare nessuna azione in particolare.

I ricercatori hanno osservato che il topo libero diventava più agitato quando il compagno era imprigionato, rispetto a quando non lo era. Tale risposta è un indizio di contagio emotivo, cui è possibile assistere negli umani e in altri animali nelle situazioni in cui un individuo condivide paura, stress o dolore patiti da un altro soggetto.

Ora, il contagio emotivo è una forma molto semplice di empatia, ma le azioni successive del topo possono essere chiaramente definite comportamenti d’aiuto, un’espressione d’empatia molto più complessa. Dopo varie sessioni giornaliere di restrizione, il topo libero imparava a liberare il compagno imprigionato. All’inizio in modo lento, ma una volta scoperto come fare, appena entrato nella gabbia il topo libero apriva la porticina per far uscire il compagno quasi immediatamente.

“Non abbiamo addestrato i topi in alcun modo”, dice uno degli autori. “Gli animali hanno imparato ad aprire il dispositivo mossi solo da una motivazione interna. Non abbiamo mostrato loro come aprire la porta, né i topi avevano avuto precedenti esposizioni al dispositivo e inoltre aprire quella porticina è difficile. Ma provando e riprovando, alla fine ci riuscivano.”

Per escludere altre motivazioni che non fossero l’empatia, i ricercatori hanno effettuato delle variazioni. Quando un topo finto veniva inserito nel dispositivo, il compagno libero non lo apriva. Oppure, quando l’apertura della porta permetteva al compagno di accedere a un compartimento separato, il topo libero smetteva di spingere la porta, escludendo così la possibile ricompensa dell’interazione sociale come motivazione.

Insomma, gli esperimenti hanno lasciato il comportamento motivato dall’empatia come la spiegazione più semplice per il comportamento del topo.

“Non c’era altra ragione per aprire la porta, eccetto l’intento di porre fine allo stress del compagno imprigionato”, dicono gli autori. “Nel modello del mondo che ha il topo, i comportamenti ripetuti continuamente hanno un significato di gratificazione”.

In un altro esperimento ancora, due dispositivi sono stati messi nella gabbia: uno con il compagno imprigionato e un altro ripieno di pezzetti di cioccolato. Eppure, malgrado l’animale potesse scegliere se mangiare la cioccolata prima di liberare il compagno, la frequenza con cui i due dispositivi venivano aperti è stata la stessa. In altri termini, per il topo, liberare il compagno ha lo stesso valore del mangiare il cioccolato, con somma sorpresa degli stessi ricercatori.

Questo studio mostra che i comportamenti basati sull’empatia non sono esclusivi della specie Homo Sapiens, che anzi potrebbe avere persino qualcosa da imparare dai suoi cugini roditori.

Concludono gli autori: “Quando agiamo senza empatia ci stiamo comportando in modo contrario alla nostra eredità genetica. Se ascoltassimo e ci comportassimo più spesso basandoci in base ad essa, forse sarebbe meglio per tutti”.

Fonte:
I. Ben-Ami Bartal, J. Decety, P. Mason. 2011. Empathy and Pro-Social Behavior in Rats. Science.

Data pubblicazione: 09 dicembre 2011

16 commenti

#1
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Dr.ssa Angela Pileci

Non sorprendono per niente questi dati. Si tratta di acquisizioni datate: è chiaro che i mammiferi, avendo il sistema limbico, riconoscono il conspecifico e, come regole, hanno i sistemi motivazionali sociali, le cui modalità sono anche la cooperazione e l'affiliazione al gruppo, il gioco sociale, ecc...

Queste acquisizioni sono nate con l'evoluzionismo.

Concludono gli autori: “Quando agiamo senza empatia ci stiamo comportando in modo contrario alla nostra eredità genetica. Se ascoltassimo e ci comportassimo più spesso basandoci in base ad essa, forse sarebbe meglio per tutti”.

Mi sorprende anche questa affermazione: se noi esseri umani abbiamo la neocorteccia, molti gradi di libertà, il libero arbitrio, ecc... è ovvio che vi sia un mandato biologico forte, ma la libertà di scegliere se seguirlo o meno. E questo non riguarda solo l'empatia. E' sufficiente pensare alla competizione: nessun animale (neppure il più feroce), ad eccezione dell'uomo, può infierire sull'avversario vinto. Noi esseri umani, anche dopo aver avuto il segnale di resa dal conspecifico, possiamo scegliere se continuare ad attaccare o no.

Un esempio è descritto qui

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1681-stupro-e-omicidio-a-lione-proviamo-a-capire-cosa-accade-nella-testa-di-questi-carnefici.html

A parte questi esiti aberranti, il fatto di avere molti più gradi di libertà ci permette ad esempio di avere una vita più "movimentata" rispetto a quella degli altri mammiferi che non hanno la neocorteccia: pensiamo all'accudimento. Se un uomo o una donna scelgono di non avere figli non hanno mica fallito lo scopo della loro esistenza. Oppure al corteggiamento/seduzione: il repertorio comportamentale è decisamente più ricco di quello di altri animali.

#2
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Dr. Giuseppe Santonocito

Forse non sorprenderanno te. Riesci a portare un riferimento a qualche studio precedente di comportamenti empatici nei roditori?

#3
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Dr.ssa Angela Pileci

Già citati sopra. In che cosa sarebbero sorprendenti questi risultati?
Era già noto che i mammiferi avessero modalità di quel tipo. Poichè il topo ha complesso rettiliano + sistema limbico è ovvio che funzioni così.

Ma è la frase finale dei ricercatori a sorprendermi di più: quante volte, soprattutto di fronte a fatti di violenza (crimini mafiosi, omicidi, incidenti stradali causati da persone che guidano in stato di ebbrezza, ecc...), c'è l'esortazione a NON reagire con la stessa violenza? Proprio perchè sappiamo che noi esseri umani, in alcune circostanze e pur essendo molto più evoluti, sappiamo essere "peggio" di animali meno evoluti...

Per dirla con una battuta: ci vuole molta neocorteccia!

#4
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Dr. Giuseppe Santonocito

Citati dove? Puoi essere più specifica con autori, testi ecc., per favore?

Sono sorprendenti perché, a detta dei ricercatori, è la prima volta che si assiste in modo sistematico (ovvero non aneddotico) a comportamenti d'aiuto fra conspecifici nei roditori. Essendo i topi filogeneticamente più in basso dei primati, la cosa è sorprendente.

Ma non è detto che debba sorprendere tutti.

Sapere che un mammifero, in quanto tale, è dotato di sistema limbico, non autorizza a dare per scontato che si comporti come tutti gli altri. Specie se si trova più in basso nella scala evolutiva. La scienza progredisce in base a ipotesi *E* verifiche, non solo ipotesi.

E in questo caso sembra che la verifica ancora non ci fosse. Per i topi almeno.

#5
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Dr.ssa Angela Pileci

qui
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1681-stupro-e-omicidio-a-lione-proviamo-a-capire-cosa-accade-nella-testa-di-questi-carnefici.html

Damasio inoltre parla di "annidamento", cioè dall'evoluzione vengono custoditi in un cuore più antico tutto ciò che esisteva prima (v. complesso rettiliano presente in tutti e che permette di fare le stesse cose ma anche per il sistema limbico).

Possiamo dire che accudimento, attaccamento, agonismo, cooperazione, sessualità sociale, gioco sociale e affiliazione al gruppo sono modalità che troviamo in TUTTI i mammiferi (Mac Lean).

E' per questo che non sono sorpresa.

#6
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Dr. Giuseppe Santonocito

Il link punta a uno tuo blogpost, dove non vedo traccia di quanto ti ho chiesto. Correggimi se sbaglio.

Ti ho fatto una domanda precisa: sei in grado di riportare qualche studio, *precedente* a quello citato qui, di esempi di comportamenti empatici *nei roditori*?

Ribadisco: so cosa dicono Damasio, MacLean e il darwinismo, ma un conto è fare ipotesi, altra cosa verificarle. I ricercatori dello studio che sto riportando affermano di essere stati i primi a *verificare* tali comportamenti nei topi.

Che la cosa personalmente non ti sorprenda, lo posso anche capire, ma ciò non sposta di una virgola il succo dell'articolo.

#7
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Dr.ssa Angela Pileci

Nel mio blogpost è citata la teoria di MacLean, che già negli anni Settanta spiegava ciò che questi ricercatori scrivono oggi. Mi pare banale la ricerca venduta da Science come sorprendente.

E poi, che ricaduta avrebbe sulla comprensione della mente umana sapere che i topi sono empatici? Sono anche cooperativi, più degli esseri umani, ma non dovremmo sorprenderci di questo, proprio per le ragioni che ho scritto sopra.

#8
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Dr. Giuseppe Santonocito

La scienza è fatta d'ipotesi e conferme. Perciò, etichettare come "banale" una nuova conferma significa definire "banale" metà del metodo scientifico. Ogni conferma a ipotesi, ad esempio quella di MacLean, dovrebbe essere accolta dall'uomo di scienza come benvenuta, non come una banalità.

>>> che ricaduta avrebbe sulla comprensione della mente umana sapere che i topi sono empatici?
>>>

Perché, secondo te il pubblico di Medicitalia è un pubblico di addetti ai lavori, che sanno tutto di Darwin, MacLean e Damasio? Secondo te non è proprio possibile che qualcuno possa meravigliarsi, venendo a sapere certe cose?

A volte i non addetti ai lavori si pongono la domanda: "Come mai si usano i topi negli esperimenti che dovrebbero produrre farmaci o conoscenze utili agli uomini? Dopotutto, cos'abbiamo a che vedere noi con i topi?"

Io e te possiamo saperlo, un lettore potrebbe non saperlo.

Mostrare i modi in cui siamo imparentati con animali apparentemente distanti da noi come i roditori, se permetti, è tutt'altro che una banalità. Ricordo ancora la mia meraviglia, quando iniziai a imparare queste cose. Ma capisco che alcuni possano incontrare difficoltà a meravigliarsi.

E aspetto ancora qualche riferimento a studi precedenti SPECIFICI, che abbiano evidenziato segni di comportamento prosociale nei roditori PRIMA dello studio riportato qui.



#9
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Dr.ssa Angela Pileci

Bè, allora spiegare che ricaduta avrebbe sulla comprensione della mente umana sapere che i topi sono empatici anche ai lettori di MI non guasterebbe. E anch'io sarei curiosa.

A maggior ragione se un lettore non è un addetto ai lavori...

"Distanti come i roditori"? Ma scusa ti ho citato 1000 volte MacLean e i suoi studi (quelli sì sorprendenti ai tempi) e ancora dici "distanti"? Mah...

#10
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Dr. Giuseppe Santonocito

Mi pare che tu stia facendo finta di non capire, non sono sicuro che valga la pena spiegartelo di nuovo.

Via, vorrà dire che ci proverò un'ultima volta, poi bisognerà che ti rimandi a settembre ^___^

Io e te possiamo sapere che umani e roditori per molti versi non sono distanti, ma la cosa non è affatto scontata. Alcune persone potrebbero non saperlo, perciò evidenziare questi aspetti per qualcuno può essere utile.

Non devi presumere che ciò che sai tu debbano saperlo tutti. O che ciò che non meraviglia te non debba meravigliare nessuno.



#11
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Dr.ssa Angela Pileci

La dice lunga questo "sospetto", ma sorvolo, forse non si ha la risposta e in tal caso andrebbe bene lo stesso. Ma è il mio interesse per l'evoluzionismo, che mi spinge a fare domande e osservazioni.

Ora, provo a formulare meglio la domanda, ma meglio di così è impossibile:

è possibile sapere che ricaduta avrebbe sulla comprensione della mente umana (perchè è di questo che ci occupiamo noi psicologi) sapere che i topi sono empatici?

Che cosa porta di nuovo a ciò che già sappiamo, dal momento che i risultati sono "sorprendenti"?

#12
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Dr. Giuseppe Santonocito

Il tuo interesse per l'evoluzionismo ti spinge forse a credere che tutti i lettori di Medicitalia debbano condividerlo. Ciò che per te può non essere una novità, o addirittura sembrare una "banalità" (e attenzione: hai definito "banalità" una conferma alle teorie di MacLean, ossia un argomento che tu stessa hai portato), per qualcuno potrebbe essere curioso o interessante da leggere.

>>> è possibile sapere che ricaduta avrebbe sulla comprensione della mente umana (perchè è di questo che ci occupiamo noi psicologi) sapere che i topi sono empatici?
>>>

Non è che ti stai prendendo un po' troppo sul serio? ^___^

Se la tua preoccupazione è che mi stia facendo pubblicità per mettermi domani a curare lo stress dei topi, posso rassicurarti, non è così. Però, dove starebbe scritto che in un blog a carattere psicologico non si possano fare variazioni sul tema?

È ovvio (almeno per me, non so per te, ma evidentemente no, altrimenti non l'avresti chiesto) che sapere che i topi attuano comportamenti empatici non può avere ricadute DIRETTE sulla comprensione della mente umana.

Tuttavia, potrebbe averne in modo indiretto. Sapere che umani e roditori sono simili ANCHE su un aspetto importante come i comportamenti dettati dall'empatia, potrebbe condurre chi fa ricerca, un domani, a mettere a punto esperimenti basati su cavie animali anziché esseri umani, esperimenti che sugli umani non potrebbero essere effettuati a causa di limiti etici.

Sto solo ipotizzando, ma del resto la ricerca che impiega animali si basa PROPRIO sull'evoluzionismo, ossia sui punti noti di sovrapposizione fra la nostra specie e quelle utilizzate come cavie.

Quindi, l'aver scoperto un altro, importante punto di contatto fra l'essere umano e una delle specie più usate in ricerca, potrebbe rivelarsi tutt'altro che una banalità.

L'idea è: più due specie sono simili, più gli esperimenti condotti su una possono essere usati per fare ipotesi/inferenze sull'altra.

E ora, ringraziandoti per avermi dato la possibilità di esprimere meglio il mio pensiero e di chiarire il senso del blogpost, ti saluto. Non replicherò ulteriormente, credo di averti detto tutto ciò che avevo da dirti. Se vuoi però puoi continuare a replicare tu.



#13
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Dr.ssa Angela Pileci

Santonocito, puoi sempre chiudere i commenti al tuo blog se ti indispongono o se ti tedia una semplice domanda. E per fortuna che nessun altro ha osato farti domande...

Ad ogni modo ritengo, in un blog aperto, di poter intervenire anche quando le mie domande non interessano gli Utenti di Medicitalia. Sono io che ho posto la domanda, non gli Utenti. E anche quando chi scrive non ha le risposte e forse farebbe meglio a dirlo con semplicità, poco male. Del resto neppure a me interessano altri argomenti trattati sul sito, ma agli Utenti e ad altri colleghi sì. E pertanto fanno domande senza che l'autore di un blog si senta messo in difficoltà.

E ho definito banale il fatto che questa ricerca abbia definito "sorprendenti" i risultati, non certo i già noti risultati: ma perchè sorprendenti? non c'era da aspettarselo, alla luce delle acquisizioni già in nostro possesso da almeno 50 anni? Semmai sono risultati che ci saremmo aspettati e che vanno solo a confermare ciò che si conosce da parecchio tempo. Sorprendente sarebbe la cura del cancro, non certo sapere che un topo è empatico o cooperativo, ecc...

Poi, proprio perchè l'essere umano ha la neocorteccia e quindi è anche libero di non essere nè empatico, nè cooperativo, di vendicarsi, di uccidere il conspecifico (quanti altri mammiferi lo fanno?), in quanto -a differenza degli altri mammiferi- costruisce e attribuisce significati- diventa un bel punto di domanda il futuro di questo "sorprendente" lavoro.


Ma tu dici:
"L'idea è: più due specie sono simili, più gli esperimenti condotti su una possono essere usati per fare ipotesi/inferenze sull'altra".
Ma non è che ti stai prendendo troppo sul serio?

#14
Foto profilo Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

Devo fare marcia indietro rispetto alla mia intenzione di non replicare, dato che qualche messaggio non sembra ancora essere passato nel modo dovuto (a beneficio dei lettori, più che altro).

>>> L'idea è: più due specie sono simili, più gli esperimenti condotti su una possono essere usati per fare ipotesi/inferenze sull'altra.
>>>

>>> Ma non è che ti stai prendendo troppo sul serio?
>>>

Troppo sul serio??

Ma come: dici di avere un "interesse per l'evoluzionismo", e poi sembri clamorosamente siminuire o ignorare il presupposto cardine che giustifica la ricerca animale, ovvero le continuità interspecie? E che le ricerche su animali vengono effettuate a causa delle limitazioni etiche che le renderebbero impossibili o inopportune sugli esseri umani?

Detto, fatto: ecco solo un esempio fra tanti, riportato in questi giorni dalla nostra gemellata, La Stampa, su un'altro studio effettuato sui ratti che non avrebbe potuto essere effettuato sugli umani:

http://www3.lastampa.it/benessere/sezioni/gravidanza-parto-pediatria/articolo/lstp/433679/

Riferimento allo studio originale:

http://www.jneurosci.org/content/31/49/17835.abstract

Cara Pileci, nessuno contesta il diritto all'opinione personale su ciò che scrivono gli altri, ma se mi permetti il dibattito scientifico dovrebbe prescindere dalle opinioni personali e dovrebbe essere condotto in modo meno approssimativo.



#15
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Ex utente

Complimenti Dottor Santonocito,ha dimostrato con umiltà la sua superiorità intellettuale.

#16
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Dr. Giuseppe Santonocito

Gentile utente, la ringrazio per il suo apprezzamento, l'umiltà, così come l'apertura alle novità e alla possibilità di acquisire nuovi dati e punti di vista, sono sempre buone cose. Rispetto tuttavia il punto di vista della D.ssa Pileci, alla quale non mi sento di dover essere superiore intellettualmente.

Cordiali saluti


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