Fa sesso con i cani e tenta di uccidere i coinquilini: una folle storia di zoofilia e vendetta

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Shari Walters, una donna di 53 anni del New Messico è stata arrestata e sottoposta a una perizia psichiatrica in seguito al tentativo di avvelenare il convivente e la cognata. Dietro a tale gesto sembra nascondersi un’incredibile storia di zoofilia. Qualche tempo fa, la cognata di Shari l’aveva sorpresa durante un rapporto sessuale col cane, un pastore tedesco di nome Spike. In seguito a ciò, la cognata aveva chiesto spiegazioni alla donna la quale aveva confessato di aver compiuto atti sessuali anche con l’altro cane.

Shari Walters ha infatti ammesso d’intrattenere regolarmente rapporti sessuali con animali dall’età di 14 anni. Sbalordita dal racconto, la cognata ha deciso di parlare col fratello, il quale ha subito interrotto la relazione con la donna, pur consentendole di continuare a vivere sotto lo stesso tetto. A quel punto Shari Walters ha iniziato ad avvelenare l’ex compagno e l’ex cognata con una miscela di alcool e detergente per WC. Quando le due vittime si sono accorte di quanto stava accadendo, Shari Walters ha ammesso tutto e ha anche detto loro che avrebbe continuato a cercare di avvelenarli finché l’ex compagno non fosse tornato insieme a lei.

 

Cos’è la zoofilia?

La parola zoofilia deriva dal greco “zoon” animale e “philia” attrazione (Monei, 1986). Si tratta dunque di un termine, coniato da Kraft-Ebing (Traub-Werner, 1986), per indicare l’attrazione sessuale nei confronti degli animali (American Psychiatric Association, 2000). I comportamenti zoofilici includono infatti fellatio, cunnilingus, coito e masturbazione compiuta sull’animale. Solitamente si tratta di animali con i quali la persona è stata a contatto durante l’infanzia.

La zoofilia sembra avere origine molto antiche. Esistono infatti numerosi dipinti preistorici e racconti mitologici legati a tale pratica (American Psychiatric Association, 1980).

Si tratta comunque di una parafilia rara che interessa circa l’8% degli uomini, l’1,5% delle donne in età preadolescenziale e il 3.6% delle donne in età postadolescenziale (Kinsey, Pomeroy, Martin, & Gebhard, 1953). La zoofilia sembra essere più frequente all’interno dei contesti rurali, tra gli individui con un basso livello di scolarizzazione e presenta un’età media d’insorgenza intorno ai 17 anni (Abel & Osborn, 1992). Anche se molte persone compiono solo pochi atti sessuali con gli animali, la zoofilia è considerata una patologia con andamento cronico.

 

Come si diagnostica?

Le recenti indicazioni incluse all’interno del DSM-5 distinguono tra parafilia e disturbo parafilico. La parafilia fa riferimento a qualsiasi intenso e persistente interesse sessuale diverso dall’interesse sessuale per la stimolazione genitale o i preliminari sessuali con partner umani fenotipicamente normali, fisicamente maturi e consensienti (American Psychiatric Association, 2014).

Poiché le fantasie sessuali insolite tendono a essere piuttosto frequenti, le parafilie non vengono considerate ipso facto patologiche. Se però l’individuo agisce nel tentativo di soddisfare tali desideri e da ciò consegue un disagio o la compromissione nell’individuo, oppure il rischio di arrecare danno a se stesso o agli altri, si parla di disturbo parafilico.

Di conseguenza, finché la Signora Walters si fosse limitata a desiderare di avere rapporti sessuali con partner non umani non sarebbe stata oggetto di attenzione clinica. Ma poiché ella ha confessato di avere avuto rapporti sessuali con gli animali che si sono perpetuati nel corso degli anni, e poiché tali rapporti, oltre alle possibili conseguenze etologiche, hanno arrecato danno alla sua vita privata, l’ipotesi che sia presente un disturbo parafilico sembra essere molto plausibile.  

La diagnosi di disturbo parafilico andrebbe utilizzata per le parafilie elencate nel DSM-5, mentre l'etichetta più adatta a indicare un disturbo parafilico connesso alla zoofilia è quella di disturbo parafilico con altra specificazione (zoofilia). Tale diagnosi infatti andrebbe posta qualora la persona abbia compiuto atti sessuali con gli animali e tali atti abbiano causato, nel momento presente, disagio o compromissione nella sua vita.

 

Quali sono le possibili cause della zoofilia?

Le ipotesi eziologiche per questa parafilia sono piuttosto varie e possono risultare in disaccordo tra loro. Secondo Peretti e Rowan (1983) la zoofilia dipende dalla facilità con la quale si possono avere rapporti sessuali con gli animali, saltando la fase della negoziazione. Secondo un altro studio, gli individui affetti da zoofili presentano una variazione dell’orientamento sessuale in tal senso (Miletski, 2000).

Teorie più recenti indicano che fattori individuali, familiari e sociali che contribuiscono alla manifestazione del disturbo (Cerrone, 1991). Secondo lo stesso autore, inoltre, la zoofilia consentirebbe di sfogare la rabbia repressa sugli animali, di dominarli e di affermare su di essi il proprio predominio, favorendo la comparsa del senso di controllo che potrebbe risultare debole o carente in questi individui (Cerrone, 1991).

 

Quando e come intervenire?

Solitamente la zoofilia viene consumata in contesti solitari, in prevalenza durante i periodi in cui gli individui lasciano l’abitazione e si recano lontano da casa col bestiame. Sono rari i casi in cui tali comportamenti vengano riferiti ad altre persone in maniera spontanea. Di conseguenza, le percentuali persone affette da zoofilia che ricevono interventi adeguati possono essere davvero esigue.

La vergogna, la paura del giudizio e altri fattori di ordine personale e sociale possono infatti limitare la ricerca attiva di sostegno psicologico. Inoltre, molte persone affette da parafilia non sono consapevoli di avere un disturbo. Tuttavia, nel momento in cui la persona inizia a praticare atti sessuali con gli animali e ciò ha delle ripercussioni sulla sua vita, la consulenza psicologica diviene necessaria. Molti individui affetti da zoofilia presentano infatti un tasso elevato di comorbilità con altre parafilie (alcuni possono presentare fino a 5 parafilie contemporaneamente) (Abel, Becker, Cunningam-Rathner, Mittleman, & Rouleau, 1988), le quali possono avere conseguenze più gravi della zoofilia.

Trattandosi di una patologia rara, non si dispone attualmente di trattamenti specifici a essa dedicati. Solitamente, le tecniche adottate – soprattutto in presenza di comorbilità con parafilie più gravi – possono includere il contenimento, la prevenzione delle ricadute, gli interventi basati sul trauma e la terapia farmacologica. In ogni caso, la scelta del trattamento deve necessariamente essere basata sul caso specifico e andrebbe formulata dopo una valutazione accurata dell’eziologia del disturbo e della storia personale del soggetto.

 

Fonti 

  • Abel, G. C., Becker, J. V., Cunningam-Rathner, J., Mittleman, J., & Rouleau, J. L. (1988). Multiple parphilic diagnoses among sex offenders. Bulletin of the American Academy of Psychiatry and the Law(16), 153-168.
  • Abel, G. G., & Osborn, C. (1992). The paraphilias: The extent and nature of sexually deviant and criminal behavior. Psychiatric Clinics of North America(15), 675-687.
  • American Psychiatric Association. (1980). Diagnostic and statistica manual of metal disorders (3rd ed.). Washington DC: American Psychiatric Association.
  • American Psychiatric Association. (2000). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (4th ed., text rev.). Washington DC: American Psychiatric Association.
  • American Psychiatric Association. (2014). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (5a ed.). Milano: Raffaello Cortina Editore.
  • Cerrone, G. H. (1991). Zoophilia in a rural population: Two case studies. Journal of Rural Community Psychology(12), 29-39.
  • Kinsey, A. C., Pomeroy, W. B., Martin, C. E., & Gebhard, P. H. (1953). Sexual behavior in the human female. Philadeplhia: Saunders.
  • Miletski, H. (2000). Bestiality/zoophilia: An exploratory study. Scandinavian Journal of Sexology(3), 149-150.
  • Monei, J. (1986). Lovemaps: Clinical concepts of sexual/erotic health and pathology, paraphilia, and gender transposition in childhood, adolescence, and maturity. New York: Irvington.
  • Peretti, P. O., & Rowan, M. (1983). Zoophilia: Factors related to its sustained practice. Panminerva Medica(25), 127-131.
  • Traub-Werner, D. (1986). The place and value of bestophilia in perversions. Journal of the American Psychoanalytic Association(34), 975-992.

 

Data pubblicazione: 18 agosto 2014

14 commenti

#5

Bisogna precisare che il termine zoofilia definisce una perversione sessuale come la necrofilia, la coprofilia ecc. e non va tradotta in senso letterale, cioè amore per gli animali.
Sicuramente non va considerato un rapporto diretto, lineare, conseguenziale tra chi pratica il sesso con gli animali e l'istinto omicida.
Nel caso specifico presentato dal dr.Sposato, quella donna avrebbe tentato di uccidere non perchè zoofila, ma piuttosto perchè quei parenti avevano scoperto il suo "vizietto".

La zoofilia, come altre aberrazioni sessuali, sono patologiche e gli individui che ne sono affetti, verosimilmente sono più a rischio di sviluppare altri comportamenti psicopatologici rimasti latenti.
In sintesi non si può affermare che chi pratica la zoofilia ha un rischio maggiore di diventare un omicida.

#6
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La ringrazio Dr. Migliaccio. Quoto pienamente quanto da lei precisato.

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