The Google University, parte II - Le autodiagnosi online producono risultati irrilevanti

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta

Molti si rivolgono a Google quando hanno problemi di salute o per evitare la temibile visita dal dottore o in ospedale. Sfortunatamente, pero, questi tentativi di autodiagnosi finiscono spesso per creare disinformazione, lasciandoci più confusi e impauriti di prima.

Durante uno studio che indagava su come i motori di ricerca possano essere ottimizzati per le ricerche in tema di salute, dei ricercatori australiani hanno scoperto che circa il 50% delle 10 ricerche più gettonate sui sintomi erano irrilevanti.

La pratica di chiedere ai motori di ricerca consigli e saggezza medica e psicologica è ormai molto diffusa. La stessa Google stima che circa una ricerca su 20 del totale è correlata alla salute.

Ma più spesso che no, gli utenti non trovano ciò che vorrebbero.

Mediante un’analisi dettagliata che ha utilizzato dati provenienti da Google e Bing, questi ricercatori hanno trovato che la maggior parte delle informazioni fornite era irrilevante. Ciò può diventare un problema nel caso in cui gli utenti decidano di autodiagnosticarsi o, peggio, di iniziare autonomamente una cura basandosi su tali dati.

“Il nostro studio mostra che solo i primi tre sui 10 primi risultati è utile e solo i primi cinque rilevanti” ai fini di una eventuale autodiagnosi, dice Guido Zuccon, leader della squadra di ricercatori.

Oltre a confusione e frustrazione per la mancanza di informazioni appropriate, è stato osservato un maggior rischio di cybercondria, ossia l’escalation ansiosa a cui si va incontro facilmente, se si è predisposti all’ansia, quando si riscontrano o si credono di riscontrare in se stessi sintomi simili a quelli che si stanno cercando, cominciando a credere di soffrire delle più terribili malattie.

Ed ecco perché una delle prime prescrizioni dello psicologo in questi casi è: spegnere il computer.

Zuccon spiega chiaramente il funzionamento di quello che in psicologia è noto come stimolazione ambigua: non riuscendo a ottenere una diagnosi chiara, la tentazione sull'onda dell'ansia è di continuare a cercare ancora. E ancora e ancora, e ancora.

E come dice quel proverbio... chi cerca, alla fine trova.

Come abbiamo visto nell'articolo di pochi giorni fa, The Google University, cercando a sufficienza è possibile trovare conferme a tutto ciò che si vuole.

Dubbio e ossessione camminano volentieri insieme.

Uno magari si mette a cercare perché ha un brutto raffreddore, e finisce per credere di avere un tumore al cervello.

“Ciò è dovuto in parte alla persona che cerca e in parte al modo in cui sono attualmente costruiti i motori di ricerca. Le pagine sul cancro, ad esempio, sono più popolari (si fa per dire, n.d.t.) di quelle sull’influenza. Per questo l’utente è condotto ad esse.”

I motori di ricerca sono strumenti incredibilmente utili, ma nel caso delle ricerche sul tema salute funzionano meglio quando il nome della condizione è già noto. Ad esempio, cercando “psoriasi” si possono ottenere risultati migliori e più rilevanti che non cercando “prurito fastidioso alla pelle” o “eruzione cutanea rossa”.

E in ogni caso i risultati dello studio, se mai ci fosse ancora bisogno di conferme, mostrano che è meglio non basarsi su internet per qualsivoglia diagnosi.

 

Fonte:
Gough, Myles. 2015. Self-diagnosing online yields mostly irrelevant results, researchers say. Science Alert online.

 

Data pubblicazione: 11 maggio 2015 Ultimo aggiornamento: 15 maggio 2015

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